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Il suono dell'ukulele magico
James sorseggiava il cocktail disteso sotto la sua palma preferita, immerso nella noia e nella solitudine di giorni sempre uguali. Tamburellava le dita sulla rilegatura di un libro, immerso leggermente nella sabbia. Il mare cristallino, sotto il sole cocente e luminoso di agosto, gli ricordava una di quelle fotografie nei depliant sparsi sui tavolini delle agenzie turistiche. Luoghi lontani, desiderati da chiunque, fosse anche solo per pochi giorni. Luoghi che lui stesso ha selezionato con accurata attenzione nel corso degli anni, fino a mollare tutto della sua vita precedente e a scegliere come nuova casa questo piccolo isolotto immerso nel blu. Una scelta coraggiosa di cui ne è sempre andato fiero.
La vita scorse tranquilla come una barca abbandonata fra le onde, lasciando che il vento lo trasportasse da attimi di assoluto relax ad altri più movimentati e curiosi. Da un palpito di nostalgia per il passato a una passione sfrenata per il presente. Vagabondò per il villaggio ascoltando i racconti dei saggi del luogo, si divertì a costruire imbarcazioni con l'aiuto dell'amico Joe, assaggiò ogni qual genere di mollusco riuscisse a trovare lungo la riva. Nonostante questo però gli mancava sempre qualcosa.
Di certo non le donne. Il baldo giovane faceva più conquiste di un esperto Casanova. Nessuna di loro era mai quella giusta però e dopo che il suo desiderio si era placato tornava alla vita di sempre, con la sola differenza di avere le guance ormai raggrinzite a forza di sonori schiaffi.
Non gli restava altro che mantenere la mente occupata con piccoli lavoretti giornalieri, veloci letture disteso sull'amaca e vani tentativi di imparare la cucina locale.
Se per lui tutto questo sembrava solo una veloce discesa nel baratro dell'infelicità, in realtà erano solo i motori della provvidenza che cominciavano a scaldarsi e a rombare lentamente. La ruota avrebbe presto girato e lo avrebbe fatto il giorno in cui James si sarebbe diretto a Yashalvà, un mercatino che si svolgeva ai margini del villaggio, ogni terzo lunedì del mese. Un insieme di piccole bancarelle variopinte che proponevano ai clienti un immensa vastità di oggetti astratti, curiosi e provenienti dalle terre più lontane. Tutti diversi fra loro ma con una caratteristica che li accomunava: erano dotati di poteri magici.
Ma prima di raccontarvi come James entrò in possesso del suo oggetto magico, sarà bene presentarvi anche Lenè. Di carnagione scura e dai lunghi capelli neri, era solita fare spese al mercatino del Yashalvà ogni qual volta le sue faccende glielo permettevano. I suoi occhi erano terre brune dove riposare e abbandonare i sensi. A piedi scalzi danzava da una bancarella all'altra come invasa da un vento musicale. Un pentagramma di note e chiavi di violino che la rigiravano e le davano slancio per un ballo gioioso, solare e caldo. Facendo dondolare la borsa della spesa, si avvicinò alla bancarella di Hiumi, vecchio amico di suo padre e grande venditore di frutta, non solo su quest'isola ma addirittura in tutto l'arcipelago. Quando vide arrivare Lenè sorrise festante e le fece cenno di avvicinarsi.
<<Sei sempre gioiosa come i colori del sole vero Lenè?>>, chiese il vecchio fruttivendolo porgendole un cestello di manghi dall'aspetto magnifico. La madre della ragazza era infatti solita prepararvi una salsa molto simile alla marmellata che chiamava chutney, molto speziata e adatta per essere servita con il pollo al curry. Un piatto che Lenè amava più di ogni altra cosa.
<<Non si lasci ingannare dall'aspetto che emano. Anche uno di questi frutti, come me, potrebbe essere bello alla vista per poi nascondere un sapore sgradevole, seppure sono certa non sia il tuo caso>> rispose con ironia la ragazza.
<<E tu vorresti farmi credere che il sole che emani non è realmente così caldo?>>
<<Lo è, ma avvicinarsi troppo farebbe solo scottare l'imprudente. Oppure lo farebbe avvicinare e poi, resosi conto del pericolo a cui andrebbe incontro, fuggire in pochi attimi.>>
Hiumi, compreso che la ragazza era chiusa come una cassaforte a doppia mandata, evitò di insistere e salutò la giovane per tornare al suo lavoro. Lenè, avvicinandosi a una bancarella di soli vestiti orientali, assaporò uno di quei gustosi manghi con la stessa avidità di un mercante d'oro mentre soppesa i guadagni della giornata.
Fra le tante bancarelle che occupavano lo spazio alle porte del villaggio, una su tutte attirò l'attenzione di James più di ogni altra. Una grande tenda rosso sgargiante, rifinita con merlature oro, svolazzava all'aria di mezzogiorno sopra la bancarella di soli strumenti musicali. Contrabbassi, tamburi, chitarre e altri manufatti in grado di produrre suoni, magnificamente attrassero lo sguardo di James, scintillando sotto la luce del sole come pietre preziose in uno scrigno del tesoro. Il ragazzo lasciò scorrere lo sguardo su di essi e si fermò solo quando dietro una grancassa comparve il venditore ambulante nonché proprietario di quella mirabile collezione. Un omuncolo basso e tozzo con i capelli neri come la notte e piccoli occhi nascosti dietro spessi occhiali quadrati, poggiati sulla punta del naso. Leggeva da un libricino simile a un messale, che richiuse non appena lo sguardo di James si incrociò con il suo.
<<Un giovane ragazzo ammaliato da questa bancarella può solo significare che qualcosa ti turba e hai bisogno di aiuto>> disse lentamente e con gentilezza il piccolo venditore. La sua voce tendeva a scandire le parole come per soppesare la loro importanza e cominciare il discorso con un tono onorevole.
<<E per quale ragione dovrei chiedere aiuto proprio a lei?>> rispose James con tono di diffidenza.
Il venditore si scostò leggermente sulla destra e mostrò un cartello in lamina oro sulla quale erano incise le seguenti parole:
ANDREAS MARTìN ECHOES
STRUMENTI MUSICALI CHE AIUTANO IL CUORE
PREZZI ONESTI!
<<Non per modestia, ma quando qualcuno ha un peso sul cuore, o semplicemente cerca risposta alle proprie inquietudini, non c'è strumento migliore della musica per alleviare e trovare conforto in se stessi>> disse Martìn mentre si levava gli occhiali dal naso per pulirli in un fazzolettino di seta bianco.
James, che sembrava più sconcertato di prima, volle indagare e per questo si mostrò incuriosito da quelle parole. Osservò i tanti strumenti musicali che la vista inquadrava, fino a soffermarsi sull'unico che pareva attrarlo maggiormente: un ukulele.
<<Quale potere ha quell'ukulele>> chiese indicandolo.
<<Interessante scelta. Il suo potere misterioso è racchiuso così bene che solo in pochi sono riusciti a trarne beneficio. Sono sicuro che potrai farcela, se davvero desideri sentirti meglio>> rispose Martìn porgendolo fra le mani del ragazzo.
James lo soppesò leggermente, ne accarezzò i bordi e lo osservò attentamente prima di assicurarsi se valesse davvero l'offerta. Poi alzò lo sguardo verso il venditore.
<<E lei crede che questo oggetto mi aiuterà?>>
<<Certo che si, se imparerai a suonarlo nel modo giusto. Ma il suo segreto è in realtà l'amore! Non puoi sentirlo con le orecchie, quindi sarà bene che ti ascolti dentro.>>
Il ragazzo, ormai totalmente privo di idee su come trovare la parte mancante della sua felicità, decise che forse fare un tentativo non avrebbe guastato. Scelse così di affidarsi allo strumento e al suo potere magico di cui Martìn ne vantava le qualità. Ricevette con esso una piccola custodia nera in pelle, pagò e salutò il venditore, con la promessa che sarebbe tornato a restituire l'oggetto nel caso il suo potere si fosse rivelato vano. In quel momento James non sapeva che la scena era stata osservata attentamente da due occhi bruni, bellissimi e attenti.
Lenè raggiunse la piccola capanna proprio mentre sua madre stendeva il bucato. Le diede un bacio veloce, lasciò sul piccolo tavolino all'entrata il cestello di manghi e corse in camera sua. Oltre la soglia della porta a padroneggiare era un letto a baldacchino in legno wengè, caratterizzato da disegni geometrici asiatici tipici della Thailandia. Un dono che ricevette dal padre, marinaio e commerciante, quando compì dodici anni. Lenè si distese sul letto, afferrò da sotto il cuscino un piccolo bauletto in bambù, lo aprì e ne estrasse una collanina di pietre lisce e rotonde, raffinata e di grande portamento, appartenuta a una regina del passato. Le pietre erano tutte blu. Soltanto una, quella centrale, aveva una sfumatura celeste che la differenziava dalle altre. Lenè, alla vista del piccolo alone, sospirò sorridendo. Comprò il piccolo cimelio a Yashalvà alcuni mesi prima da una anziana signora, venditrice di anelli, bracciali e collane stesi su alcuni panni lungo la strada. L'oggetto che scelse, magico come tutto il resto di quell'antico mercatino, aveva la facoltà di rivelare il tempo che mancava all'arrivo di una persona di buon cuore che avrebbe portato amore e serenità nella sua esistenza. Ogni pietra, inizialmente celeste, si sarebbe colorata nel corso del tempo di blu, fino ad averle interamente di quel colore. La ragazza premette al cuore quel suo sogno, immaginandosi l'arrivo di un baldo giovane la sera della festa di Santa Teresa, sullo stallone nero più indomito e maestoso di tutta l'isola, vestito di tutto punto e con un sorriso abbagliante. L'avrebbe fatta danzare sotto le luci colorate disperse sulle fronde degli alberi e si sarebbero amati per sempre. Lenè si rifugiò cosi in quelle immagini giovanili e fresche. La fantasia era per lei una coperta, calda e accogliente, che la proteggeva dal freddo dell'insicurezza, delle paure e delle illusioni. E avrebbe continuato a sognare così tutto il resto del pomeriggio, senza sapere che l'incontro con la persona attesa si sarebbe svolto in un modo totalmente diverso e inatteso.
I giorni passarono scanditi dai tentativi di James di suonare il magico ukulele. Fin dal primo tocco delle corde il suono era stato lontano, distante, leggero. All'inizio credette di essere diventato sordo, eppure le sue orecchie captavano alla perfezione le onde infrangersi sulla battigia, l'accetta che spaccava la legna, il cocktail che sul fondo del bicchiere saliva nella cannuccia mischiandosi all'aria. Cercò allora di comprendere le parole del venditore che ne indicavano il vero segreto, ma per quanto si sforzasse di ascoltare meglio che poteva la sua memoria e le idee che essa scaturiva, nemmeno un piccolo ragno riuscì a cavare dal buco.
"Se il suo segreto è l'amore forse ricordarlo potrebbe essere la scelta più saggia" sussurrò lentamente, come parlando a un altro se stesso. Provò a intonare alcune note rievocando gli amori del passato. Quelli più passionali. Quelli più dolorosi. Nulla. Il suono dell'ukulele era sempre lontano e quasi pareva diventarlo sempre più. La pazienza di James era ormai giunta al limite e mentre il villaggio si mobilitava preparando banchetti e luci per celebrare la notte di Santa Teresa, si promise che il giorno seguente, senza aspettare lo Yashalvà, avrebbe restituito l'oggetto al venditore Andreas Martìn, cercandolo fino a quando le sue gambe lo avessero tenuto in piedi.
Proprio mentre alcuni uomini innalzavano la grande statua della Santa sul punto più alto della collina, la giovane Lelè sfrecciò davanti alla chiesa sulla sua bicicletta preferita. Seppure rovinata nel tempo era il ricordo più caro che aveva di nonna Veleh e un ottimo mezzo di trasporto per spostarsi velocemente nel villaggio. La veste bianca, decorata con piccoli fiori, trasportata dal vento lasciava intravedere il corpo giovane, incollandosi sulle rotondità e la pelle madida di sudore. All'incrocio con la taverna dove avrebbe cenato con la madre e le sorelle, pensò che avrebbe fatto volentieri in tempo a vedere il mare e a rilassarsi qualche attimo distesa sulla sabbia. Puntò la ruota verso sud e si lasciò trasportare dall'entusiasmo lungo la via che portava alla spiaggia. Il suono del mare si faceva sempre più nitido nelle orecchie, curiosamente mischiato a una musica che sembrava provenire dallo stesso posto. Lasciò la bicicletta appoggiata a una palizzata a bordo della strada e seguì quell'insieme di magici suoni con i piedi che scivolavano nella sabbia, mentre il corpo ondeggiava leggero, rilassato. Arrivò fino alla battigia, lasciò che la punta di un piede disegnasse leggeri cerchi sul terreno bagnato e si voltò verso la riva, mentre le onde del mare la bagnavano fino alle caviglie, cancellando dalla sabbia le sue impronte. Quello che le parve un uomo si impegnava con tutto se stesso per suonare un piccolo ukulele. Dalle sue espressioni sembrava faticare molto, quasi non sentisse il suono che lui stesso produceva. O forse le corde erano così spesse e cosi tese da renderne impossibile l'utilizzo. Ma fu solo quando lo avvicinò di alcuni passi che lei lo riconobbe. Era il ragazzo che qualche giorno prima aveva comprato a Yashalvà il piccolo ukulele magico di cui tante volte aveva sentivo narrare dalle labbra di nonna Veleh. Castano e dagli occhi chiari, si accorse di lei soltanto quando le fu a un passo dal naso. Lui alzò gli occhi, scostò leggermente dalla fronte il cappello di paglia e restò ammaliato dalla bellezza di Lenè. La giovane ragazza si inginocchiò e sorrise.
<<Perchè hai smesso di suonare?>> chiese amichevolmente, mentre le ginocchio sprofondavano leggermente nella sabbia fine.
James non riusciva a smettere di guardare i suoi occhi. Sentì che le vene cominciarono a vibrare come le corde di una chitarra e provò la netta sensazione di sciogliersi, come un ghiacciolo lasciato al sole. Poi fu lo sconcerto a prendere il sopravvento in lui.
<<Riesci a sentirne il suono?>> chiese lui confuso.
<<Certo! Ed è una musica davvero bella! Continua dai!>>
Il ragazzo non riusciva a comprendere come fosse possibile e si pose mille domande, una più incerta dell'altra. Ma a volte la voce di una donna è la risposta a qualsiasi domanda di un uomo. Così James, seppure titubante, si accinse a riprovare. Prese fra le mani l'ukulele e pizzicò le corde, prima lentamente poi con più ritmo. Lenè si lasciò trasportare ancora una volta e mosse i primi passi sulla riva del mare mentre la luna ne plasmava i contorni del corpo. Fu in quel momento che James alzò lo sguardo e nell'osservare quella meravigliosa creatura danzare come una fata, sentì il suono dell'ukulele crescere sempre più. Ogni nota era un tratto di matita che disegnava il viso, il collo, la schiena, i seni e le gambe di quella ragazza bellissima. Più la musica era chiara e limpida, più lui comprendeva il significato di quello strumento. Le note, come piccole lucciole svolazzarono, luminose come stelle lontane che creavano costellazioni attorno ai loro corpi.
E mentre la collana di Lenè d'improvviso si tinse di blu, una schiera di persone sulla strada osservavano incuriosite il ragazzo che suonava un ukulele muto e la ragazza che ballava sul silenzio.
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