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Serpico
Serpico si era trasferito in città da tre anni.
A quel tempo vedeva le difficoltà che si trovava ad affrontare come semplici incidenti di percorso, era ancora viva in lui la convinzione che la vita potesse, anzi dovesse, essere migliore di quella che aveva conosciuto: quando si è giovani non ci si rassegna alla sofferenza.
Ma il lavoro al mercato era tremendo e il capo non dissimile dai molti che aveva conosciuto al suo paese, le stesse urla, la stessa arroganza, quella meschina volontà di ricordarti ad ogni momento la tua condizione, la tua inferiorità.
Solo la sera, una volta svestita la tunica che indossava lavorando, si riappropriava di se stesso, quasi che il cambiarsi d'abito gli restituisse la sua indipendenza, la sua libertà, più semplicemente la sua anima... almeno per qualche ora.
Fu così che una notte, mentre stava seduto in riva al grande fiume, ascoltando lo scorrere lento dell'acqua, conobbe Sharib: una storia per certi versi simile alla sua, e a molte altre, egli viveva in città ormai da due anni e meglio di lui conosceva la realtà delle cose, gli raccontò del suo arrivo e dei molti lavori cambiati, e delle botte prese per la sua insolenza, due nostalgie così prossime finirono per incontrarsi.
Da allora camminarono spesso insieme pensando a come ribaltare quella situazione, a come uscire da quella prigione che volevano spacciargli come la vita,
Condivisero quei pochi bicchieri di birra che potevano permettersi, e le troppe risse che almeno quelle erano gratuite, e intanto il fiume continuava a scorrere portando con se un altro giorno di lavoro, e poi un altro e un altro ancora...
Una sera qualsiasi Serpico stava seduto in una taverna ad aspettare l'amico, e rimase sorpreso vedendolo entrare in compagnia di un uomo che non aveva mai visto prima
"Questo è Laslo" gli disse Sharib sedendosi "Ascolta quello che ti propone, potrebbe essere l'occasione che aspettavamo"
Il giorno successivo i due si licenziarono dal lavoro, non senza essersi presi qualche soddisfazione con quelli che li avevano trattati come feccia... ora lavoravano entrambi per Aurelio, e i ragazzi di aurelio non dovevano rispetto ad altri che a lui.
Egli gestiva tutti gli affari della città bassa e nessuno ne metteva in discussione l'autorità, essere alle sue dipendenze significava soldi, ma soprattutto quel rispetto che Serpico desiderava sino al ribollire del sangue.
Camminavano per le vie della città a testa alte, gustavano il terrore negli occhi di chi li aveva calpestati: recuperare un credito, punire chi si era ribellato, controllare che gli affari procedessero al meglio;
ogni cosa proseguiva per il verso giusto.
E nessuno meglio di Serpico sapeva fare quel lavoro, nessuno recuperava soldi con la sua precisione, né puniva con altrettanta violenza un accenno di ribellione, le prostitute e i protettori temevano le sue visite più di ogni altra cosa e così, in breve tempo aveva scalato la gerarchia, Aurelio l'aveva voluto accanto a se, guardia e braccio.
Sempre più spesso si trovava ad osservare il suo capo, ormai anziano, e a guardare con cupidigia tanto le ricchezze quanto la donna che gli stava a fianco, si sentiva forte e nulla avrebbe potuto fermarlo, allora.
Una sera che Aurelio l'aveva lasciato libero si ritrovò con Sharib alla taverna: ora avevano a disposizione un tavolo privato: Serpico allontanò con un gesto le ragazze che avevano attorno e ordinò che li lasciassero soli
"Perché le hai mandate via?" chiese Sharib
Egli lo fisso per qualche secondo, come per soppesarlo, poi parlò:
"Ho deciso di uccidere il vecchio" fece una pausa per controllare la reazione "I suoi anni sono passati ed è debole, credo che in fondo se lo aspetti anche lui"
L'amico lo fissò dritto negli occhi, poteva leggervi un'infinita determinazione, non si sarebbe fermato "Se hai deciso avrai il mio aiuto"
Serpico sorrise passando una mano nella sua barba ispida, Sharib aveva influenza su molti uomini, il suo appoggio era un tassello fondamentale.
Studiò il piano con precisione maniacale: avevano dalla loro due uomini della scorta, Serpico si sarebbe presentato durante la notte per parlare con urgenza al capo, una volta dentro sarebbe stato facile: con l'aiuto dei due uomini che erano con lui avrebbe messo fuori combattimento gli altri cinque, col vantaggio della sorpresa non era impresa troppo ardua.
Uno dei suoi avrebbe poi dato il segnale a Sharib e ai suoi, entrare in camera del vecchio sarebbe stato quasi più facile che ucciderlo...
La notte stabilità andò tutto per il meglio, Serpico tramortì due guardie alle spalle e disarmare gli altri fu semplice, nei tempi stabiliti il segnale giunse a Sharib e alle tre della notte una decina di uomini ambiziosi e terribili come pochi altri stavano ritti di fronte alla porta di Aurelio, e il loro nuovo capo già assaporava il sangue e la gloria.
"Vecchio" disse dopo aver spalancato la porta "Il tuo tempo è finito, vengo a prendermi ciò che è tuo"
Aurelio parve sbigottito, poi riacquistò l'abituale calma:
"Bravo ragazzo, sei riuscito ad entrare in camera mia, e ora sembra che io sia indifeso, ti faccio i miei complimenti"
"Non voglio complimenti stupido vecchio, voglio vedere la paura nei tuoi occhi"
Fece un passo in avanti estraendo il coltellaccio che portava al fianco, poi sentì come una puntura alla schiena, un sapore metallico in bocca: la mano sporca di sangue, cadde in ginocchio.
Aurelio si alzò con calma dalla sua poltrona "Sei stato sciocco ragazzo mio, avresti potuto semplicemente aspettare..."
Sharib pulì il coltello con uno straccio che teneva alla cintura, e a un cenno di Aurelio lasciò la stanza.
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