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Il lusso di amarti
Ho sognato ch'eri morto e che il tuo corpo giovane, avvolto chissà perché in una bandiera americana di lustrini giaceva in una bara bianca di pasta di mandorle.
Avevo attraversato vent'anni di separazione per varcare la soglia di quella camera ardente, ma avevo messo tacchi troppo alti e i miei piedi lanciavano fitte lancinanti alla bocca dello stomaco.
Un popolo rock sfilava silenzioso per l'ultimo saluto e per tua volontà, ognuna di quelle persone folli e variopinte staccava un pezzo della tua bara morbida e se lo infilava in bocca come un'ostia, in un silenzio religioso, carico di musica sacra.
Io partecipavo docile al rito, scioglievo sul palato una dolcezza mai provata e sorridevo di quell'ultima tua genialata: Renato-dio, "Prendete e mangiatene e godetene tutti", di nuovo sul palcoscenico a guadagnare, anche da morto, gli applausi del pubblico e un trafiletto sui quotidiani. Già immagino il titolo: "Ultima tragica opera di un noto artista".
Tornavo ad amarti nel sogno. E ti amo adesso, seduta in quel bar di Piazza di Spagna con gli ombrelloni rossi, davanti ad un cappuccino e una brioche traboccante di nutella.
C'è sciopero a scuola, sì faccio ancora l'insegnante. Enrico è al lavoro. Ho tutto il tempo per stare con te su questo quaderno a quadretti, che riempio di parole.
Nostro figlio ha compiuto trent'anni l'altro ieri ed è partito per l'Afghanistan con Emergency. Ha un neo sotto il capezzolo sinistro, come te. E da quando te ne sei andato sbattendo la porta non ti ha più nominato. Sì, solo una volta... ed ecco la fitta, ma frantumata ormai in mille molecole tiepide, levigata, assopita da anni di terapia.
"È passato tanto tempo mamma, non te l'ho detto prima per non farti soffrire.
Era ubriaco fradicio, non sapeva quel che faceva. Dentro il lettone, lui immaginava di avere una donna... Sono riuscito a scivolare via, volevo telefonarti perché venissi a prendermi, ma mi tremavano le gambe e avevo paura che si svegliasse. Sono rimasto per ore appiattito contro la parete". Aveva sette anni. Non l'hai mai saputo.
Cristo non volevo parlarti di questo. Ma è difficile, sai, tappare la bocca a certe ferite. Continuano ad urlarti dentro, anche dopo la cura. Aspetta, strappo il foglio e ricomincio. Ecco.
Sì, mi concedo il lusso di amarti di nuovo. Guarda come danzano pulite le parole sul foglio bianco. Posso aggiungerne quante ne voglio: amore mio grande e tenero e caro e insostituibile? Non le ho più dette a nessuno queste parole e scriverle adesso mi fa tremare la mano di un indicibile imbarazzo. Ma questo spazio lo sopporta e può anche arrossire senza che nessuno lo veda. Ci ho messo vent'anni a spostare il centro da me, per penetrare il tuo inferno. Creatura senza pelle, adesso ti vedo.
"Perché non sono un altro? Perché ho le stesse paure di quand'ero bambino? - il camino era acceso, nella nostra casa di campagna e tu sedevi singhiozzando con la testa fra le mani - mi faccio schifo, semino intorno solo angoscia e terrore, non so amare, non so amarti. Tu sei qualcosa anche senza di me, io sto male solo al pensiero di un giorno senza te..."
Vieni qui, siediti, dobbiamo festeggiare quest'amore rinato con la tua morte.
Senti che profumo? Sono quegli alberi laggiù, magnolie credo, vestali di questa primavera dirompente.
Un campari soda a quest'ora del mattino? Non sei cambiato, ma non ho più paura.
Però giurami che non ne chiederai un altro e un altro e un altro ancora...
È l'alcool che ci ha separati? Ma perché uno beve? Perché non me lo sono mai chiesto quando stavamo insieme? Ero troppo occupata a difendermi dalla tua gelosia senza senso, a uscire dalla gabbia del tuo amore ossessivo, che non sapeva esprimersi se non con una violenza cieca e disperata. "Sono caduta", dicevo in ufficio per giustificare i miei occhi neri e non ci credeva nessuno. E come nessuno mi amavi il giorno dopo, piangendo carezze cocenti sui nostri corpi avvinghiati.
Ne approfittavo per chiederti il cuore con un'ostinazione feroce. Un cuore traboccante di parole semplici e trite, come quelle dei romanzi di Carolina Invernizio. Quante volte hai cercato di accontentarmi senza riuscirvi? Quante volte ho bruciato i tuoi tentativi nel fuoco della mia insaziabilità paranoica? È per questo che alla penna hai sostituito la bottiglia?
"Perché tu possa vivere posso solo fare una cosa - dicesti - morire". E hai cercato di schiantarti con l'auto, senza riuscire a compiere la tua missione. È abominevole, ma ti ho odiato per questo.
'Continui ad incantarmi, bocca di sorgiva - scrivevi nelle tue notti insonni, citando uno dei tuoi poeti - Un pescatore di spugne avrà questa perla rara. E sarà magico l'averti trovata, dolce sapere chi sei e chi non sei, sarà grande l'averti. Un pescatore di spugne ti avrà. E sarà un baratro ad accogliere il momento in cui dirò: potevo essere io.'
Guardami. Ho lasciato il bar, sono seduta sull'erba tenera del parco e continuo a scrivere una parola dopo l'altra, anche se vorrei che tra noi, ora, ci fosse solo fisicità. Annuso la tua pelle di filigrana, percorro con una lunga carezza il tuo corpo esausto. Prendo il tuo viso tra le mani, non piangere amore. Passo la mia lingua sul tuo mento, sulle guance bagnate, sugli occhi. Cerco le tue labbra. Ci dev'essere un luogo dove possiamo fare l'amore per sempre. Senza più parlare. In quel luogo l'azzurro si nutrirà di noi, fino a consumarci.
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0 recensioni:
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Anonimo il 23/11/2011 17:49
L'ho letto due volte per il solo piacere di farlo, come quando si riascolta una una musica che arriva in fondo all'anima e non sai perché. La vita va avanti e le domande riaffiorano con i ricordi belli e brutti ma quel pezzetto di cuore è stato preso per sempre. Mi piace moltissimo come scrivi.
- Mi é molto piaciuto, ha una forza emotiva enorme. Affiorano i contrasti coinvolgendo nella lettura.
- Verdiana, sono rimasto senza parole. Il testo, trascinante, ti coinvolge fino al midollo e ti fa pensare a mille cose. Ad esempio di come è debole l'animo umano, alla sua fragilità corruttibile con ricordi che ti riaffiorano e ti fanno spaziare tra il reale e l'irreale, tra la realtà e la fantasia. Il racconto è stupendo e te lo avranno detto tutti, anzi, stando a chi ti ha risposto: Michele, Giacomo, Elisa, le "eccellenze anziane" dei racconti... che dirti? Mi hai veramente stupito. Bravissima
Anonimo il 16/02/2011 21:14
Molto bello Verdiana, complimenti
Suz
- Molti spunti psicologici interessanti mi hanno trascinato nella lettura emozionandomi. Complimenti!
- Molto toccante, questo racconto sa scaldare col tepore del magma di un sentimento ardente tenuto a debita, dolorosa distanza da una consapevolezza dolce ma ineluttabile.
- Scusa Verdiana, un piccolo appunto. Se tu avessi detto che il racconto era autobiografico non l'avrei affatto commentato perchè, come ho già detto una volta, mi farebbe sentire un ficcanaso.
Però nel racconto il personaggio femminile narrante ha citato oltre a un figlio, un Renato ed un Enrico, altre figure che avranno una certa influenza nel racconto, ed è a questo che mi riferivo.
Ciao
- Giacomo, sei un commentatore-fiume! Stelle? Non me ne sono mai curata...
Però devo fare una precisazione: non scrivo mai racconti TOTALMENTE autobiografici.
Questo per lasciare libero il lettore di avere un dubbio e non obbligarlo a commiserazioni o altro... Purtroppo qui esistono delle categorie da indicare e l'autobiografia mi sembrava la più vicina.
Il racconto è autobiografico nella sostanza, non nei riferimenti esterni. Non ho mai insegnato, mio figlio non è mai partito per l'Afganistan e non esiste nessun Enrico.
È un tornare ad amare/perdonare nel ricordo, dopo una "morte" sognata o immaginata. Quando l'ho scritto stavo leggendo "Che tu sia per me il coltello" di Grossman e certamente lo stile ne è stato influenzato. Buon Natale a tutti e grazie.
Anonimo il 21/12/2010 07:51
Errata corrige... potrebbe anche essere che non funziona bene l'attribuzione dei voti... magari erano due voti da cinque stelle e ne sono state attribuite di meno... è già successo molte volte... vabbè, portiamo pazienza. ciaociao
Anonimo il 21/12/2010 07:39
Disturba vedere che qualcuno ha votato una stella rovinando il mio voto che chiaramente era di 5 stelle... va bene che alla nostra età questi apprezzamenti da parte dei lettori non sono di vitale importyanza... ma mi chiedo. chi è che può votare una stella un brano tanto bello e scritto con tale maestria? mistero... mi vien quasi voglia di scioperare...
Fossi in te cancellerei tutto... giuro davanti ad una bottiglia del vostro favoloso Gutturnio... prima ho sbagliato a scriverlo.
Potresti cancellare l'opera e ripostarla... io mi copio il mio commento per potertelo incollare... ciaociao
Anonimo il 21/12/2010 07:31
Eh bè... non è un pezzo che si possa paragonare alle mie "monatelle" autobiografiche.
Questa che hai scritto è una sintesi di un amore che può anche finire nella vita fisica ma mai in quella spirituale. L'ho letto quasi fosse una raccolta di pensieri, anzi proprio quello è.
bello ed originale il sogno che è anche molto metaforico. Che dire ancora... che è scritto molto molto bene? Lo dico certamente ma tu questo lo sai... e lo diranno o lo penseranno tutti quelli che lo leggono.
per restare in tema voglio dirti che pure io da giovane ero un bevitore di Campari( ricordi che li vendevano anche in cassette di legno?) ma oggi brinderei alla tua bravura con un bel Gotturnio dei colli piacentini. ciaociao
P. S. cosa insegni?
- È un racconto che alla fine lascia un certo amaro in bocca, sai perchè? Mi sono chiesto chi fosse Enrico. Se ho inteso bene è il nuovo compagno, ma compagno di cosa, essenzialmente?
Inoltre Renato sapeva già di avere un figlio?
Tecnicamente è scritto benissimo, mi lasciano perpèlesso solo quegli interrogativi.
Ciao
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