"Prego si accomodi. - disse l' infermiera ad Anna - Il dottore sarà qui tra poco". Anna si sedette su una poltroncina della sala d' aspetto dell'ospedale, il cuore gonfio d' ansia per il risultato di un esame clinico importante che aveva fatto qualche giorno prima. Il medico, che aveva letto la paura negli occhi di Anna, le aveva consigliato di non ritirare lei stessa il risultato. Glielo avrebbe comunicato lui stesso, così ne avrebbero discusso insieme.
...
Lorenzo baciò Barbara a lungo, dolcemente. " Buonanotte, Barbara. Dormi in fretta! E domani non mi fare aspettare troppo in chiesa. Finalmente vedrò il tuo abito da sposa. Sarai bellissima".
Barbara non dormì affatto e la notte precedente il suo matrimonio le sembrò la più lunga che avesse mai passato.
...
Due attese brevi, una angosciante, l' altra gioiosa, ambedue percepite come lunghissime. Che cosa avrà detto il medico ad Anna? E il matrimonio di Barbara e Lorenzo sarà stato felice?
L' attesa è aperta a mille possibilità. È una porta sul futuro che non si può prevedere. Cercando un esito futuro buono facciamo delle scelte, ma navighiamo al buio. L' attesa è ambigua.
L'ottimista spera, l' incerto si affida alla sorte, il pessimista ha paura. A volte la paura ci travolge e per superarla speriamo che quello che deve avvenire avvenga presto, anche se è doloroso, terribile, tragico. Mi colpì molto, quando lessi Kierkegaard, una sua riflessione. L' umanità di Gesù, dice il filosofo danese, non si rivela nel famoso: "Mio Dio, perché mi hai abbandonato?" ma nelle parole piene di angoscia che rivolge a Giuda, mentre si consuma la cena pasquale. "Quello che devi fare, affrettati a farlo".
Per questa terribile ambiguità dell' attesa la vita dell' uomo è perennemente pervasa dall' angoscia. La possibilità che per Kierkegaard è la categoria fondamentale dell'esistenza non ha niente di positivo. È la possibilità del fallimento, dello scacco. E così l' uomo vive nell' angoscia e nella disperazione.
Mi piace Kierkegaard perché, sulla base della sua esperienza di vita, ha saputo guardare con occhi colmi di umanità il dolore umano ed ha analizzato le possibili alternative ad una vita di dolore.
Un' alternativa può essere il piacere, rappresentato dalla figura di don Giovanni, il seduttore che passa da una donna all' altra, da un piacere all' altro. Ma un piacere che si moltiplica e non trova mai stabilità, divora se stesso. Don Giovanni è travolto dalla sua spasmodica ricerca del piacere.
Un ' altra alternativa è il dovere rappresentato dalla figura del marito. Ma il dovere è l' ordine non la felicità. Il dovere così inteso può spegnere l'uomo, certamente non placa la sua angoscia.
Ciò che può salvare l' uomo è un salto nel buio, un salto nella fede, una fede non facile, non consolatoria, non banale. Una fede tragica ed eroica, un abbandonarsi al volere di Dio sicuri che sia un volere di padre e non di padrone. Abramo rappresenta questo tipo di fede. È disposto a sacrificare il proprio figlio. La sua fede vince. Dio non è un padrone.
Il figlio di Abramo vive.
Da quando nasciamo cominciano le attese. Tante. E ci vuole tanta pazienza per reggerle tutte. Soprattutto inizia l' attesa della morte. Ma comincia anche l' attesa della sconfitta della morte.
In questi tempi di vittoria della morte credo sia importante ricordare l'eredità di speranza che ci ha lasciato Kierkegaard. Davide Maria Turoldo ha scritto un oratorio intitolato "La morte ha paura".
Lasciamola morire di paura.