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Tela
La vita del pittore, come quella di chi scrive, è maledetta. Si è costretti ad imprimere zone buie e nascoste di se stessi sulla tela o sulla carta fino a quando non si è totalmente soddisfatti del proprio lavoro; e questo non succede quasi mai. La voglia di superarsi è grande e i risultati, soddisfacenti o no, a meno di fortunati eventi, resteranno liberi di passare di mano in mano, di generazione in generazione, raccontando ognuno a modo suo la storia di chi li ha vissuti. E naturalmente non si ottengono nemmeno grossi guadagni, come era prevedibile.
Io faccio parte di questa categoria maledetta. Dipingo le mie paure, le mie ombre, i miei desideri più ardenti sulla tela, con forza e precisione spontanea ma al tempo stesso studiata, meditata. La mia mano muove il pennello con tocchi sicuri, come se la testa sapesse fin dall'inizio cosa fare e desse lei stessa ordini ben precisi al mio arto destro senza mai lasciarle libero arbitrio. Eppure, in questo momento, il terrore di sbagliare batte nelle tempie come rulli di tamburo a ritmo del mio cuore.
Ho sempre vissuto di quest'arte povera, apprezzata solo da qualche contadino alla ricerca di un regalo improvvisato per le mogli tradite con qualche prostituta. La mia baracca a Ovest è ora sola, senza più osservare nel suo particolare silenzio un giovane ragazzo privo di famiglia e amici che passa le giornate a dipingere. I colori e gli utensili rubati alle botteghe vicine sparsi in ogni angolo. Quando però la goccia fece traboccare il vaso, le guardie vennero a prendermi durante la notte e mi portarono di peso di fronte al Re di questa stupida città. Nessuna pena, nessuna condanna. Qualcuno nonostante il disprezzo della corte aveva agito in mio nome per risparmiarmi, purchè fossi riuscito a realizzare qualcosa di terribilmente difficile. Un compito di assoluto interesse per un pittore, ma colmo di tentazioni e ardore, quasi un girone infernale da imprimere sulla tela.
Così eccomi qui, in una stanza semibuia, illuminata solo dalle candele che girano intorno alla figura femminile come se le calde fiammelle danzassero in un tremolio circolare. La tela inizia a mostrare le immagini piano piano, prendendo forma come un sogno che si materializza piano nel sonno. Ho paura. Non ne ho mai avuta, ma questa volta mi è impossibile non averne. Lei se ne accorge e ogni tanto sorride, con una tale dolcezza da ribollirmi il sangue solo al pensiero. Nuda, distesa sul fianco destro, regge la testa fra i capelli biondi con la mano destra, mentre la sinistra copre il pube e un leggero drappo color avorio scivola da dietro il collo fin sotto un seno, disegnandone i contorni tondi e morbidi. I suoi occhi sono azzurri come il mare, la sua pelle chiara come la luna. Il tremolio che scorre lungo la schiena è un unghia maledetta che mi segnerà per sempre.
Fino ad ora nessun pittore di questa epoca, di questa città o dei paesi vicini o lontani, è mai riuscito a terminare la propria opera di dipingere tale bellezza, a me sconosciuta, senza mai cadere nella tentazione di averla anche per una notte soltanto. I suoi contorni delicati, le sue labbra e i suoi piccoli gesti smuovevano la passione di ogni artista fin nel profondo, facendolo cadere in un gioco peccaminoso che puntualmente lo conduceva alla pazzia, se non addirittura alla morte. E ora, la bellezza sconosciuta, aveva scelto come sua nuova pedina il sottoscritto, in un gioco dove la scacchiera era fatta di quadrati peccaminosi e lussuriosi.
A poco a poco che i colori danno immagine alla figura, un respiro caldo mi invade il viso ed entra sotto la pelle penetrando fino alle ossa. Lei, immobile, si lascia dipingere senza dir nulla. Un alone rossastro ne contorna il corpo e più volte strofino gli occhi per assicurarmi che la vista, nel semibuio della stanza, non mi stia giocando strani scherzi. Il pennello dipinge ora incerto ciò che la vista coglie e in quei pochi attimi in cui riesco ad allontanare la mente dal battito sfrenato e incessante del mio cuore nelle tempie, mi rendo conto che l'opera prende forma e che in poco tempo sarà pronta.
È a quel punto però che si alza lasciando cadere a terra il drappo. Mostrandomi il corpo nudo, sorride e mi invita ad avvicinarmi. Io sono titubante, ma lei prende la mia mano e la posi sul suo fianco. La pelle è magnificamente morbida e calda. In un secondo la tavolozza di colori nella mia mano sinistra cade a terra e, come l'onda di un mare scaldato dai raggi del sole, mi lascio travolgere dalla passione più sfrenata. Non vedo e non sento nulla attorno a me. Gli occhi sono come invasi da un turbine di nube rossa, mentre il suo respiro caldo mi scivola sul collo. Il suo corpo preme contro il mio e il tremolio lungo la schiena torna a farsi sentire più doloroso, più netto, questa volta come se mi stesse squarciando dal cranio fino all'osso sacro.
Anche io, come i precedenti pittori che queste mura hanno visto, mi sono lasciato travolgere da qualcosa di incontrollabile e non sono riuscito a concludere il magnifico lavoro che, nonostante tutto, stavo realizzando. Poi tutto si placa in pochi attimi, nell'istante che segue l'esplosione della passione. Per un secondo, o forse anche meno, i miei occhi incrociano i suoi e prima di chiuderli e di cadere in un sonno profondo, riesco a scorgere un sorriso sincero e una sensazione di pace totale che mi avvolge come in un abbraccio.
Quando mi sveglio fuori è mattina. Le prime luci dell'alba sono chiare e miste rosa e arancio, segno che una bella giornata di sole sta nascendo. Sono solo e ancora seduto sullo sgabello. Alzo la testa dal cavalletto sul quale ho appoggiato i vari strumenti di lavoro e mi rendo conto che l'opera è finita. Non so come io abbia fatto, non so quanto tempo ci abbia messo, ne quanto la mia fatica abbia dovuto lottare con se stessa per portare a termine il lavoro. Di fatto la figura femminile davanti a me è impressa nella tela in maniera perfetta. Alzandomi afferro lo splendido risultato fra le mani e mentre mi dirigo verso l'uscita do un ultima occhiata verso il lettino dove la vera lei non c'è più. La stanza, che con la luce del giorno si rivela essere spoglia di qualsiasi arredamento, è vuota. Con un sospiro me ne vado, anche se rimango con l'assoluta certezza di essere osservato nei movimenti. Forse proprio dalla bella sconosciuta impressa nella tela.
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