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Goal
Dal sito www. robertodossantosverdadeninhos. com, post del 25 maggio 2010.
«Con quest'ultimo intervento annuncio il mio addio al calcio italiano ed europeo. Torno a giocare in Brasile dove ricomincerò a divertirmi e continuerò i miei studi.
Ringrazio la dirigenza, il Mister, lo staff, la squadra, i tifosi e la città per l'annata trascorsa insieme.
Non me ne vado per cercare nuovi stimoli e quei giornalisti che scrivono che ho avuto problemi col rinnovo del contratto... che scrivano pure. Torno a casa perché ho bisogno di imparare ancora molto a livello mentale, devo diventare un uomo che dovrà essere più forte del calciatore che sono perché la mia era una scommessa e l'ho fallita. Ho preteso di cambiare il mondo solo con i miei sogni, nel giro di un anno, dopo pochi altri in giro per gli stadi d'Europa. Volevo cambiare il calcio, parlarvi di me e del mio Brasile affidandomi solo a un gol e un'intervista. Presunzione e superbia.
Spero di tornare presto, più forte di prima.
Il mondo è un dono bellissimo e deve tornare a ruotare intorno ai sogni, non più al denaro. Il calcio è un dono bellissimo e deve tornare ad essere un sogno, non solo denaro. Adeus amigos, te amo e sempre amarei. »
(ANSA) - MILANO, 15 AGO 2009- La Reale Milanese ufficializza l'acquisto di Roberto Dos Santos Verdade Ninhos, detto "Ninho", nuovo fenomeno del panorama calcistico mondiale. L'accordo è stato trovato in mattinata sulla base dell'acquisto del totale del cartellino per una somma pari a 63 milioni di euro. Il talento carioca di San Araju, che firmerà un contratto della durata di quattro anni a tre milioni a stagione, sarà presentato alla stampa venerdì prossimo.
E-mail del 10 settembre 2009.
Ciao mamma, mio cuore, mia anima, come stai? Come stanno i miei fratelli e le mie sorelle? - per piacere, digli che non faccio altro che pensarli - Io sto benissimo e mi mancate davvero tanto. Sai, questa città è meravigliosa. Certo, Berlino e Madrid hanno la loro magia, ma qui ci sono luci ovunque e di notte non c'è il rischio di imbattersi nel buio delle nostre strade. Sono già stato al Duomo e alla Basilica di Sant'Ambrogio, dove ho potuto respirare Dio come già alla Catedral e al Berliner Dom; ho pregato per voi e per papà.
Se tutto va bene domani dovrei firmare per la casa. Già, la casa. Ho cercato di eliminare questa clausola bislacca dal contratto ma è praticamente impossibile e vivrò nell'ennesima villa con ettari di giardino. Non so nemmeno come riempirla. Anche qui mi hanno proposto di assumere qualcuno per tenere in ordine la casa, ma almeno in questo ho avuto la libertà di dire di no.
Settimana prossima debutto, sai mamma? La partita comincia alle tre del pomeriggio e dato che il fuso orario è lo stesso di Berlino e Madrid, da voi la trasmetteranno intorno alle 11 del mattino.
Ora vado a dormire. Mando un bacio a te e alle piccole donne di casa e un abbraccio ai maschietti. Mi mancate. A presto.
E-mail del 16 settembre 2009.
Gentilissimo Ricardo, come stai? Entro due giorni provvederò al versamento in favore della Ajuda ONLUS. Spero che il mio contributo sia sufficiente per accelerare i tempi per la costruzione della scuola elementare Santo Nazario della periferia est di San Araju.
Con affetto, Roberto.
E-mail del 30 settembre 2009.
Dolcissima mamma, come stai? State tutti bene? Spero di sì. Qua è cominciato il mio quinto autunno, una stagione che non amo, che non ho mai capito e mai capirò. L'autunno milanese è meno caldo rispetto a quello madrileno, ma è anche meno fresco, credo per colpa del traffico e dei grandi palazzi che riempiono i quartieri, senza dimenticare che qua esistono più banche che parchi. Più si allontana l'estate, più mi manca l'inverno di San Araju - lì i turisti stanno cominciando ad andarsene vero? - con le sue piogge dalla doppia faccia, l'umidità che diminuisce e il caldo non più tremendo che ti abbraccia durante il giorno e ti sfiora durante la notte, mentre le correnti delle colline ti addolciscono il sonno sotto la coperta.
Ieri i ragazzi mi hanno chiesto quando comincia il carnevale a Rio. Gli ho risposto che in Brasile la festa non finisce mai, e me ne sono tornato a casa da solo.
Possibile che il mio Paese sia diventato solo un poster per arrapati e casinisti?
Boa noite, tuo Roberto. Te amo.
(PS: le fotografie do Dia da Independência sono bellissime)
(ANSA) - MALPENSA, 10 OTT 2009 - Roberto Verdade Dos Santos Ninhos è partito in mattinata con destinazione San Paolo, Brasile. Come ogni anno il giovane asso brasiliano della Reale Milanese approfitta della pausa per la disputa delle amichevoli internazionali per andare in pellegrinaggio ad Aparecida, luogo dov'è eretta la seconda basilica per grandezza nel mondo, la Basilica de Nossa Senhora Aparecida, Santa Patrona del Brasile.
E-Mail del 23 dicembre 2009.
Tenera Madre mia e dei miei fratelli, mancano solo un giorno al mio arrivo a San Araju e passeremo le feste di Natale insieme. Ho comprato tutti i regali che mi hai chiesto, così anche quest'anno il sogno di Papai Noel non morirà - quest'anno non lo faccio io, lo faccia Zio Henry, così mi godo risate e lacrime. Qua il freddo ha preso possesso della città e probabilmente domani cascherà qualche fiocco di neve, cosa che spero perché non la vedo dai tempi di Berlino.
Sai mamma, il mito per cui in Italia si predilige la tattica al divertimento è assolutamente vero.
Sembra quasi che avere fantasia sia una colpa. Le marcature sono strettissime, ne salti uno e ne arriva un altro, salti anche quello ma eccone un altro ancora. Asfissiante.
È vero, sono un ipocrita a lamentarmi, io ho scelto di venire qui ma non mollo. La mia sfida, la mia scommessa, deve ancora cominciare. Io voglio giocare a calcio, voglio trasmettere al mondo la bellezza di un gesto e la storia che c'è dietro. La baracca in cui sono nato, gli amici con cui sono cresciuto, il provino per il Santa, la festa per il diploma al Rey, la nottata sulla spiaggia di Costa Diamante, il primo ingaggio, il nostro trasloco, l'Associazione, il gol dello scudetto.
Il mondo deve tornare a ruotare intorno ai sogni e il calcio deve tornare ad essere uno dei suoi profeti. A presto. Tuo Roberto.
E-mail del 27 dicembre 2009.
Già mi mancate. Vostro Roberto.
Dal sito www. robertoverdadedossantosninhos. com, breve articolo del 2 febbraio 2010.
«Chiedo scusa per il gesto che ho rivolto ai tifosi della Città di Milano. Ma non chiedo scusa a loro. Chiedo scusa a mia mamma, ai miei fratelli, alle mie sorelle, ai miei parenti, ai miei amici, alla mia squadra e ai miei tifosi che dovranno fare a meno di me per la prossima partita. Ma non chiedo e non chiederò mai scusa ai razzisti.
Non è colpa nostra se le vostre squadre acquistano giocatori da ogni parte del mondo invece di puntare sui "giovani italiani". Ma questa è un'altra storia.
Essere razzisti nel 2010 credevo fosse possibile solo in Brasile e nei paesi poveri, dove la stratificazione sociale è a volte corrotta dal colore della pelle. Ma esserlo in Italia - un paese dell'occidente, la culla della cultura - ed esternarlo durante una partita di calcio vuol dire essere soltanto degli imbecilli. Rimanete a casa. Per tutta la vita, se possibile. ».
E-mail del 5 febbraio 2010.
Ciao Mamma, ho deciso che mestiere non farà il nipote che voglio regalarti presto: il giornalista sportivo. Uno mi ha intervistato l'altro ieri, ma non è andata come speravo perché mi ha fatto decine di domande ma solo sul calcio, "Com'è giocare in Italia?", "Com'è giocare in Brasile?" e sciocchezze del genere. Non mi dava tempo per andare oltre le banalità, reputandole sufficienti, alimentando così lo stereotipo del brasiliano tutto calcio e magie a disagio con la mentalità europea.
Avrei voluto parlare di altro, dei problemi che ammalano il calcio moderno, del ruolo sempre più prepotente che gioca il lato economico, del mio Brasile, della mia San Araju e dei miei progetti. Avrei voluto descrivergli il nostro mercato del pesce, quello della domenica al Novo Porto, il lago Crista. A quanto pare il lato mentale dei calciatori è questione che annoia. Il calciatore deve parlare di calcio, solo di calcio, nient'altro che di calcio e la sua cultura gli serve solo per cantare bene il proprio inno nazionale. Questo succede perché di solito chi gioca a pallone ha abbandonato la scuola, per cui per deduzione è ignorante come una spilla.
Non credevo di trovare questo clima in Europa. Eppure come a Madrid e a Berlino anche qua sono solo Ninho, una figurina che fa il doppio passo. Sono un simulacro.
A me questo sistema sta cominciando a dare fastidio. E non sono l'unico che si sente così.
Tu come stai? Mi mancate. Vostro Roberto.
E-mail del 24 marzo 2010.
Gentilissimo Professore, sono Roberto Verdade Dos Santos Ninhos, matricola 837483 al secondo anno fuori corso di Sociologia. Gradirei avere un colloquio con Lei durante la pausa per la Santissima Pasqua.
Cordiali saluti e buona giornata. Roberto Ninhos.
E-mail del 16 aprile 2010
Sai mamma, è dura per un solo uomo lottare contro un sistema di regole e consuetudini che vive da più di dieci anni.
Credevo che la cultura occidentale, quella europea, quella che ha colonizzato l'intero pianeta, accogliesse a braccia aperte chiunque arrivasse con un briciolo di idea per migliorare il modo di vivere. È molto più complicato.
Ma è solo colpa mia.
Ho tutto preso la questione alla leggera, senza fermarmi, criticando con ferocia ciò che esiste senza compiere un vero atto per poterlo modificare.
Il razzismo, l'ossessione per il calcio, l'attaccamento ai soldi, la furbizia che ti violenta, la scarsa fiducia nei giovani, l'abbandono dei sogni. Ho preteso di combattere tutto questo da solo, parlando e null'altro. Non funziona così, finalmente l'ho imparato.
Sai qual è l'errore più grave che ho commesso?
Dimenticare casa, San Araju, il Brasile. L'unico sostegno che ho dato a voi e alla mia terra sono stati proprio quei soldi su cui ho sempre rovesciato tonnellate di brutte parole. Quelle reali poche volte che son riuscito a parlare del mio Paese sono perfino superiori alle volte che sono tornato a casa.
Io, che corrispondo a un sei miliardesimo della popolazione globale, mi sono armato solo di parole per combattere una cultura continentale con tutte le sue sfumature dimenticando la cultura di una sola nazione, la mia.
Devo tornare in Brasile mamma. Devo prima riappropriarmi dei nostri problemi se voglio insegnare a risolverli. I grandi del passato hanno reso immortale il loro messaggio affrontando prima i guai della propria gente. Perché qualcuno ti ascolti devi saper farti ascoltare. Perché qualcuno ti parli devi saper farlo parlare.
Il nostro pianeta è come un enorme campo di calcio. Ecco, se voglio giocare su questo campo per giocare contro una nazione o perfino un continente, non posso scendere da solo, devo essere supportato dalla squadra, composta da uomini, donne, bambini e anziani che si fidano di me e di cui mi fido. I tifosi che verranno a vedere questa partita dovranno supportarci e divertirsi. Dovremo subire gli attacchi della squadra avversaria, la loro pressione, la loro astuzia, perché loro sono per forza più forti. Ma se avrò fatto un buon lavoro, noi riusciremo a fare almeno un gol, e sarà di tacco, di rovesciata, di tuffo di testa. Una squadra che nasce dal nulla perderà molte partite all'inizio, ma a noi non dovrà importare perché alla gente rimarremo nella testa e nel cuore per il gioco che esprimeremo.
Conclusa la stagione prendo l'aereo e torno. Starò con voi, starò con i brasiliani, andrò nelle favelas, studierò, scriverò, parlerò e insegnerò a farlo. Userò il calcio come mio messaggero, divertendomi e divertendo.
E chissà, magari un giorno sarò pronto per tornare in Europa e per parlare al mondo e questi saranno pronti per ascoltarmi e dibattere con me.
Magari quel giorno non è poi così lontano.
Vostro Roberto.
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0 recensioni:
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- grazie Michele non ci avevo pensato! dedica immediata al buon Dinho
hai visto? non solo se ne sono andati tutti, ma è perfino arrivato qualcuno!
augurissimi Michele
Guido
- Con immensa gioia noto che ti è tornata la voglia di scrivere, l'aspettavo da tanto. Inoltre immagino che tu abbia dedicato questo pregevolissimo pezzo al tuo Ronaldigno,
(prendilo così che non lo so scrivere).
Magari a capo d'anno se ne vanno tutti, che ne dici?
Ciaoooooooooooo!
- ciao a tutti! e grazie a ognuno di voi!
più che un racconto questo è uno sfogo: non ce la facevo più a non pubblicare almeno qualcosina da far leggere. Per me scrivere sta diventando davvero una malattia (una meravigliosa malattia).
contentissimo che vi sia comunque piaciuto (stilisticamente parlando questo, a mio parere, è un piccolo passo indietro rispetto agli ultimi che avevo pubblicato), questo sfogo rappresenta ciò che sogno e spero esista dietro i calciatori. Però sfortunatamente il protagonista di questo racconto è ispirato a... nessuno. Caro Nunzio (che hai colto la "diversità rispetto al solito", non sai quanto mi abbia fatto piacere), anche il buon Weah (che io ho amato) si è macchiato di cosine un po' brutte durante le elezioni presidenziali in Liberia nei primi anni 2000 (niente di grave, tentativi di brogli).
vorrei solo che il calcio tornasse ad essere ciò che è: uno sport. mi piacerebbe vedere applausi scroscianti di tutte le tifoserie in tutte le partite, non vorrei più sentire cori ingiuriosi verso quello o quell'altro, vorrei giocatori che a fine partita si stringessero la mano e si scambiassero la maglietta a prescindere, vorrei arbitri lasciati in pace, vorrei giovani, tanti giovani, vorrei girassero meno soldi, vorrei che i vincitori rendessero merito agli sconfitti e viceversa, vorrei che il calcio smettesse di essere una questione di vita o di morte.
voglio farvi i più cari e calorosi auguri di natale.
grazie per aver lasciato il vostro pensiero.
Guido
Anonimo il 25/12/2010 12:38
Evidentemente non ho capito nulla, credevo che lo sport fosse una metafora. Comunque bello, come tutti i tuoi.
Anonimo il 25/12/2010 10:51
Ottimo Guido, un racconto che per un attimo distrae dagli enormi ingaggi dello sport moderno e mostra la realtà per quello che è... bravo!
Anonimo il 25/12/2010 08:46
In verità non riesco a fare collegamenti con la realtà, nel senso che non rammento calciatori che abbiano dimostrato tale sensibilità e profondità di pensiero. Non negli ultimi tempi, almeno. A pensarci bene, però, il tuo protagonista un po' ricorda George Weah, liberiano, calciatore nel Milan. Lui qualcosa ha fatto, ho cercato di fare, per i poveri del suo paese. Comunque non credo sia importante cercare agganci con la realtà, quanto piuttosto il messaggio che hai voluto lanciare. È arrivato a destinazione, di sicuro.
Diverso dal tuo solito, molto ben scritto, tratti un tema non facile, perchè non è facile parlare di sport milionari e di povertà, di lussi sfrenato e di ideali ed aspirazioni. Non è facile, ma ci sei riuscito.
Ciao, Guido.
Anonimo il 25/12/2010 07:38
Originale, bello, ben scritto... belle riflessioni del protagonista. Mi sembra di ricordare qualcosa in proposito... non è tutta invenzione, vero? Bravo Guido... importante il tuo ritorno per il sito. ciaociao
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