Cittá italiana del centro-Nord, palazzone in fintovetro grigiotopo, solo le nuvole plumbee hanno il coraggio di specchiarsi, mentre alberelli spellacchiati adornano il parcheggio sottostante.
Al primo piano, frontestrada, abita una professoressa di statistica quasi cinquantenne:magra, dinoccoluta, eterna single moltoimpegnata, molteamiche, moltipub. Flirta in modo altezzoso col professore di bioinorganica, abitante al terzo piano dello stesso stabile. È stata lei a procurargli il loft in affitto, e se lo lavora molto bene, giorno dopo giorno. Alle nove, in previsione, hanno la prima cenetta d'iniziazione al sesso, similulata da discussione accademica, con musiche new age scelte apposta.
Per ingannar l'attesa, verso le sette di sera, batte incessantemente sulla tastiera, impegnata a finire la relazione per il capo, da presentare l'indomani. Deve concludere in tempo per le otto, é in ritardo allucinante, rilegge e riscrive piú volte, copiaincolla da tabelle e vari calcoli.
Improvviso: un rumore sordo dal balcone dello studio, come di sacco di patate con dentro un gatto. La smilza scatta all'impiedi, si ferma, ascolta di nuovo, annusa l'aria come leonessa in cerca di preda. Si dirige alla portafinestra, la apre e lo vede: la giacca marrone, in effetti, a prima vista, potrebbe sembrare un sacco, ma é pura lana vergine, e dentro c'é un tizio. Un tizio con la barba, non molto alto ma pesante. "Si:proprio pesante", pensa la dottoressa, mentre l'afferra per i calzoni,"Chiunque tu sia, non sei invitato a cena, e io non ho bisogno di polizia intorno, ho lavorato mesi a quest'incontro, se ti sposto davanti alla finestra dei Malaguti-Stolfi, forse ti troverá la filippina".
E fu cosí, che quel sacco di uomo immobile, si ritrovó nel bel mezzo del balcone della cucina di un notaio altolocato, in odore di elezioni politiche, con filippina, maggiordomo d'ordinanza e moglie grassoccia ed ingioiellata.
Stava per accendersi il suo buon toscano davanti al termocamino, il notaio, ma lo sguardo infuriato della moglie lo convinse a girare i tacchi ed andare in cucina, a fumarsi con Maria Remedio la propria dose di veleno quotidiano. Aperta la vetrata, inciampó sul fagotto appena arrivato. In un attimo filippina e notaio si scambiarono una occhiata eloquente. Grazie agli sforzi dei due complici, aiutati dal fratello di lei, l'innocente maggiordomo, riuscirono a gettare l'intruso dalla ringhierina di metallo, il cui corpaccione cadde sul telone del ristorante due stelle Michelin "Gli alisei". Per poco non sfondava tutto, rotoló sulla tenda e finí a gambe all'aria su una sedia del gazebo esterno. Alle sette di sera, forse nessun avventore l'aveva notato, ma di certo non poteva starsene lí, seduto immobile, come se non avesse digerito il risotto al radicchio. Lo spostarono con delicatezza furtiva, sino alla piazzola di sosta destinata ai fornitori. Il sacco umano, dopo tutto questo spostare e rispostare, riprese conoscenza, si diresse claudicante, sangiunante e maledicente al portone dello stabile e citofonó al terzo piano. Il rumore dell'ascensore gli parve piú rassicurante della sirena di un'ambulanza.
Il palazzo tornó al silenzio della sera.
La professoressa, finito il lavoro( quello intelletuale e quello di manovalanza) si apprestava, infine, ad accogliere l'ospitato. Aspettó due, tre, venti minuti. I gamberetti si erano asciugati, l'insalata russa era in disfacimento, le pere al vino ubriache oltremodo. Squilló il campanello: era il collega tanto atteso.<<Scusa il ritardo, non potró mangiare con te, stasera:mio padre é caduto dalla terrazza ed ha perso i sensi. Ha forti contusioni ed é molto disorientato. Asserisce di essersi svegliato, dopo la caduta, dalla parte opposta al palazzo, dovró farlo controllare da un medico, da uno psicologo anche. Proviene da Parigi, dove vive con la seconda moglie, non saprebbe dove andare>>. La cena rimase sul tavolo, alla ragazza non restó altro che finire il suo bianco secco in solitudine, davanti alla tv senza sonoro, con uno strano miagolio sordo nelle orecchie.