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L'iride cobalto
C'è gente che vive, lì fuori. Gente che spera, ama, crede in un qualcosa che può essere vero.
C'è tristezza fuori, c'è tristezza dentro le mura. Chi si diverte, fa solo bene, la vita vuole vissuta almeno un po', e forse basterebbe sorridere di più del normale. Sorridere il giusto, solo per andare avanti ma, c'è sempre il momento che ti blocca, come un muro dinanzi.
Un blocco, una perdita, una calorosa ed amara tristezza, avvolge, stringe il cuore fino al suo interno. Ne senti il dolore, e pensi di poterlo vincere, non è così. Ci vorrà tempo per risanare le ferite.
Ci vorrà tempo per vivere il presente e per rinunciare al passato, credere soltanto al futuro.
E pensi che solo tu stai male, quando gli altri escono e tra un bicchiere e l'altro passano la serata. Perdi, pensi, tutto quello che un ragazzo può desiderare.
Ma non è vero, non si può perdere la forza di vivere, la voglia di sorridere. Svanisci in un istante, perso nei tuoi pensieri, nei tuoi momenti. Ma poi ritorni, più forte di prima, nonostante ciò che sia successo può essere irriparabile.
Non importa. Si andrà avanti, si continuerà a scavalcare le montagne, a sognare il cielo, a baganrsi della pioggia, e saziarsi della luce.
Ci vorrà del tempo per vivere il presente e per rinunciare al passato, e credere soltanto al futuro...
Matteo è un ragazzo come tutti gli altri. Forse lo è, forse non lo è. Ma sente di esserlo per il semplice fatto di essere umano, e tutti sul pianeta siamo uomini, e donne. Tutti dovremo essere uguali, ma nel mondo vigila attento il razzismo, e molte altre sue forme mutabili.
Matteo ha fatto la sua scelta.
È omosessuale e lo ha dichiarato, ci è voluto tempo per farlo. Ci è voluto tempo per ragionare, per formulare frasi, non servite a nulla. A sedici anni, dove si trova la forza per dire certe cose?
Nel cuore, nelle esperienze, nella vita. Nei sorrisi contati ogni giorno, e nella tristezza raddoppiata in confronto alla felicità. Così, dopo molto tempo e dopo tanti segni, c'è l'ha fatta.
È all'ospedale. Si è tagliato le vene, suo padre non è riuscito a reggere la notizia, maledicendo persino l'Altissimo del figlio non voluto. Non sono bastate le parole della madre, a illudere il figlio.
La sera stessa, Matteo ha guardato il cielo. Una notte non stellata e ricca di nuvole. Ma la Luna era spuntata attorno alla mezzanotte, e qualche stella era riuscita a sfuggire alla velocità delle nuvole. Non ci aveva pensato, ci aveva dormito.
E la mattina dopo la sera, solo senza nessun'altra forma vivente attorno, ha preso quel dannato coltello, ed ha rivisitato il bagno, per l'ultima volta. Lo specchio era ben pulito, lasciava vedere la bellezza di quel corpo e di quella faccia disgustati dalle persone ignoranti.
Matteo è bello, consapevole di esserlo, seppur triste. Gli occhi blu cobalto raffiguravano il cielo, che lui amava particolarmente. I suoi sogni si concentravano soprattutto su quella vastità che stanzia sopra noi. Lui si piaceva, così com'era, ma non piaceva alle persone esterne, a suo padre, con cui non ha avuto mai, un bel rapporto.
È stato semplice, e veloce. La lama di quel coltello era penetrata facilmente all'interno della pelle, subito facendone uscire del sangue, rosso fuoco. Non è svenuto subito, ci sono voluti qualchi minuti, ma prima di questo ci sono volute le ore per trovare il coraggio di attuare questa cosa.
Il perdono a Dio lo aveva già espresso molte volte. Chissà se Dio lo perdona, ma certo, Lui perdona sempre e comunque.
La caduta di lui rombò, sul pavimento bianco lucido. Prima aveva aperto l'acqua del rubinetto.
Rimase con gli occhi aperti Matteo, non era nemmeno svenuto, pensava.
Martina, un fiore del deserto dai capelli biondi e gli occhi marroni, che lo aveva accettato così come era. L'unica che aveva riconosciuto l'amico che aveva difronte, volendogli ancora più bene di prima. Alla voce girata nella scuola ed agli innumerevoli sguardi, paragonabili alle lunghe giornate di Maggio. E il sorriso di Martina, sempre lì, sempre presente.
C'era stata anche un altra persona, anzi due, che lo avevano sostenuto, ma ancora non credevano alle sue parole. Aveva pensato ad una vita nuova, evidentemente c'è stato qualche incidente di percorso.
Un bagliore di luce. Lo vide subito, ma non si accorse di nulla. La mamma lo aveva trovato così, dopo che la avevano chiamata dal lavoro per l'acqua che spuntava dal portone ed invadeva le scale.
'Dio gli ha voluto bene, signora. È svenuto, ma non ha perso molto sangue, rimarrà ancora per due giorni qui, in ospedale per controllarne le funzioni vitali. Ah, ultima cosa, chiami suo marito. Ha ripetuto più volte il suo nome, ed anche il nome di una certa ragazza.. Martina, si, Martina. Ora la lascio, è probabile si svegli, faccia con calma.'
Una stanza bianca dalla luce fioca e tenue che penetra dalla finestra. Il letto è comodo, il cuscino grande e morbido, come piace a me. Una figura familiare davanti, probabilmente è per visitarmi, ma dove mi trovo, ora?
Ah si, è un ospedale, lo si riconosce dalle pareti e dai camici. Dalla luce debole e fioca, dalle visite.
'Matteo, sei sveglio... come stai... parlami, sono la mamma'
Oh, la mamma, una santa cattolica ed apostolica. No perchè sto recitando qualcosa, lei è santa e cattolica, ma non la vedo bene. Schiarisco. Ora si, si vede.
'Mamma... sto bene, va tutto bene.'
Le lacrime possono portare gioia, o tristezza. Interpretatele a vostro piacimento, è sempre una manifestazione di sentimenti umani. Fiumi di lacrime, bloccati.
'Non piangere, sto bene, bisogna solo capirle certe cose.'
'Scusami... avrei dovuto solamente fermare le parole di tuo padre... io lo sapevo, perchè vedevo il tuo sguardo perso... e non ho detto mai niente scusami...'
'Hai fatto bene, bisogna capirle da solo certe cose, oppure con una persona al proprio fianco.'
'Come lo hai capito, Matteo...?'
'Estate e persone nuove, un ragazzo dolcissimo che mi ha permesso di capire tutto, di formulare di nuovo tutto e di avere, una visione nuova. Io... io speravo che tutti capissero, ma nonostante sia il ventunesimo secolo... ancora non tutti hanno compreso che bella sia la diversità.'
'Io ho compreso tesoro. Ti sono vicino, perchè sei mio figlio, non importa se omosessuale o qualcos'altro tu sei mio figlio. E ti voglio bene, perciò ora io chiamerò tuo padre, e così converserai anche con lui. Ma prima, prima ci parlerò io.'
'Va bene mamma, come vuoi tu...'
Un tramonto rossastro per pensieri rossastri. L'immagine nitida di un qualcosa che è vicino, ma ancora irraggiungibile. Il vento soffia ancora potente sopra questi alberi. Non entra da nessuna finestra. E questa maledetta flebo non mi fa muovere.
Odio essere bloccato. Ma qui potrò elaborare una nuova filosofia di vita, per cui quando uscirò di qui saprò che fare. Chissà come sarà questa notte, se non stellata o ricca di luce ed astri.
Fuori la gente si diverte, fuori la gente vive. È ora che viva anche io, devo fare anche io la mia parte.
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0 recensioni:
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- Giuseppe il tuo racconto è bello ma bastava terminarlo alla prima pagina perchè quei dialoghi successivi mi pare lo impoveriscano, comunque le brevi descrizioni" ma la luna era spuntata.. e qualche stella... alla velocità della luce"" lo specchio era pulito..."" un tramonto rossastro..."sono deliziose in questo è il tuo grande talento, bravo!
- È fantastica... Ahm... mi è piaciuto molto il fatto che tu sia passato dalla terza persona, alla prima!!!! Davvero bravo Giuseeeee...

- Ragazzi, siete davvero gentili ed io, sono profondamente amareggiato dal poco tempo che mi resta in cui concedo solo l'invio delle opere. Mi sento in colpa per non trovare tempo per leggervi, ma anche per non trovare il cuore per commentarvi.
E mi dispiace, tantissimo.
- Accidenti, ma sei proprio tu il Peppino che conosco? Scommetto che l'hai scritto senza alcuna influenza esterna

Ottimo Peppino, ma adesso non vorrai farci attendere il prossimo capodanno, vero?
Ciao, ancora auguroni.
- ma è bellissimo!!!!... complimenti... sai scrivere amico mio... e molto bene


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