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Corpo divino
La mia mente lavata dal sonno sta ancora arrancando verso la coscienza, che percepisco un filo d'aria speziata filtrare dalla finestra aperta e carezzarmi il viso. Subito dopo, il canto assordante della puja perfora l'alba e deflagra in tutti i miei sensi. I love you, India, formula la mente risvegliata, allargandosi in un sorriso interno vasto quanto l'oceano.
Sotto il lenzuolo bianco il mio corpo vibra di salute e si stira appena nella sua posizione preferita, la gamba sinistra piegata a squadra, il braccio destro allungato come una freccia sopra la testa. Leggera come una farfalla, la tua mano copre la mia e lentamente vi sprofonda. Resto in ascolto. Il tuo corpo si avvicina strusciando sulla candida tela, cerca punti d'incontro, aderisce perfettamente al mio.
Ti prego, non muoverti! Non ti muovi. Nel silenzio sospeso assaporo il contatto. I nostri respiri, dapprima discordanti, lentamente diventano uno, prolungando inspirazione ed espirazione, finché ogni nostra molecola galleggia libera nel puro piacere.
Non muoverti ancora! Lascia che i nostri corpi trovino da soli la propria onda. Non ti muovi. Ma certo: insegna shatzu da anni, conosce il tantra, sa giocare con il respiro. Sono fortunata.
L'avevo incontrato solo due giorni prima a Sravanabenagola,
nel cuore più antico del Karnataka.
Ero sola sulla Vindhyagiri Hill. Era solo.
I nostri occhi avevano subito condiviso la luce dei nostri percorsi e la magìa di quel luogo. Le nostre parole avevano cercato di indagare l'arcano che emanava dalla gigantesca statua nuda di Bahubali-Gomateshvara, figlio dell'imperatore Vrishabhadeva e primo tirthankar jainista. Le nostre fronti si erano chinate insieme a ricevere il tilak dal sacerdote del tempio. Una frase terrena a spezzare l'incanto: "Ti va di mangiare con me?"
E dopo un succulento thali che aveva sciolto sprazzi di biografie, le nostre mani si erano naturalmente intrecciate nel pomeriggio, salendo i gradini ardenti della Chandragiri Hill per incontrare le statue levigate degli altri 23 profeti jainisti.
Ecco: mio corpo si inarca piano, avvolto dal mantello odoroso del tuo.
Le spalle grandi e levigate di Gomateshvara si chinano per raggiungermi. Namasté, principe del lago bianco. Possa il mio corpo accendere il fuoco sacrificale. Le tue dita sfiorano, percorrono, indugiano con estrema sensibilità, assecondano i miei più segreti desideri. La tua lingua beve gli umori tiepidi della mia carne, mentre le Sue grandi mani di pietra ne raccolgono i sussulti. Tempo e spazio si dilatano all'infinito. Arde la mia pelle, dissolve in scintille iridescenti, galleggia sospesa, si tuffa, risplende, risponde al tua pelle sconosciuta, che non è più tua né mia.
Non dirmi di aprire gli occhi, ché lui potrebbe svanire nel suo Nirvana.
Non baciarmi, ché il sapore del mattino potrebbe riportarmi alla concretezza di questo letto.
Spingo il respiro tra le nuvole e incontro il pene divino di Bahubali.
Mi inginocchio, raccolgo il tuo pene tra le mie mani calde e lo venero con mille piccoli baci. Poi lo lo vesto con l'oro puro di un amore incondizionato senza passato né futuro e lo introduco nel tempio umido della mia bocca. Jiva-ajiva-astrava-bandha-saara-nirjara... moksa.
Ora il viluppo di viti divine avviluppa il mio corpo.
I capezzoli si rizzano verso l'eternità, la vagina si apre e gronda sorriso. Entra il tuo pene crepitando morbido.
Affondo i polpastreIli nella pietra dolce della tua schiena e il tuo corpo danza con quello del profeta, in perfetta armonia.
Una pioggia di latte, e olio di sesamo e acqua di cocco, zafferano e cinabro inonda la statua possente, accende la mia estasi muta.
Altri corpi jain s'alternano in una cavalcata celeste, pietra nera, molle d'ombra e lucida di sole. Rsabha- Sudharman-Badrabahu-Parshvadeva-Mahavira... sacri profeti del karman. Avasarpini, utsarpini! La mia mente mi abbandona del tutto, lo spazio si allarga e si tinge di luce, il respiro si appende a una cuspide acuta. Samara, Niiiirjara...
Dal mio ventre fiorisce un orgasmo di stelle, seguito immediatamente dal tuo, lungo suono di corno che si spegne nel bianco. Resta, non muoverti... Piccoli fiori d'orgasmo s'accendono ancora, respirano, sfumano nel silenzio totale. Fresca è la pace dell'anima rigenerata. La tua testa si solleva attraversando i secoli. Sento le tue mani infilarsi sotto le mie spalle e la tua bocca svegliare i miei occhi, che apro nei tuoi. "Troooppo bello", mi dici. Sorrido. E poi: "Eri con me, su quella collina?".
Navigo nel grigio-verde delle tue pupille seminando scintille, sorvolo Sravanabelagola, raggiungo l'universo, poi viro bruscamente verso il pianeta azzurro, atterro tra le tue braccia e schiudo le labbra in una domanda epocale: "Chi fa la doccia per primo?"
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