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Una storia come tante
È una storia di periferia, questa. Una storia come ce ne sono tante.
Vite rimescolate, strappate ad un futuro, se mai possa esistere un futuro. Questa storia è successa proprio a me, e solo ora mi rendo conto che sta finendo.
Ho cominciato a morire che avevo sedici anni. L'età giusta per incontrarla, la morte.
Ora che sono al capolinea riesco anche a capire che avrei potuto riconoscerlo quel dannato autobus che stavo prendendo. Voglio dire che potevo aspettarmelo che quello fosse un viaggio senza destinazione alcuna. Giri su se stesso e voli pindarici. Questo era.
Ammetto pure che l'odore di morte lo si sentiva già mentre si aprivano le portiere di quell'automezzo parcheggiato col muso in salita. Erano braccia aperte, all'apparenza; un vecchio cancello arrugginito, nella realtà. Scricchiolava ad ogni giro. Aspettava solo di essere oliato, da me o da qualcun'altra.
Il fatto è che io non l'ho sentito. L'odore, dico. La puzza di bruciato.
Forse c'era troppo fumo o magari avevo le mie cose, quel giorno, e anche un piccolo raggio di sole tra la polvere mi pareva una luce bianca.
Salivo le scalette, mi affacciavo all'interno e vedevo tutto bello. Invece c'era la morte. E che morte.
Non quella classica, onesta, spietata, con tanto di falce. Macché; si era pure camuffata, come per un ballo in maschera
Credo proprio che avesse il dubbio di riuscire a farmela, se solo avessi intuito chi era.
Ero svelta, a quel tempo, di gambe e di cervello. Non ero la solita ragazzina; di esperienze ne avevo già avute. È stato il momento e il travestimento che mi hanno preso la mano.
Una morte che si traveste da angelo, non più tanto giovane ma con la vita ancora negli occhi ed il sangue di un ragazzo. Solo il sangue, però.
Lui mi ha sorriso e quei denti bianchi erano il quadro di una felicità incorniciata. La cornice erano le sue labbra. Io cosa potevo fare d'innanzi a tale bellezza? Dopo quel sorriso s'era scoperchiato il cielo e potevo intravedere la luce della fine del mondo. Non come tempo; come spazio.
« Dove vai » mi disse.
« Non lo so », risposi, « sono salita, senza volerlo»
« Allora vieni con me», cinguettava.
Un uccellino smarrito sembrava, con gli occhi grigi, i capelli biondi come le castagne non mature ed un sorriso da incorniciare. Emetteva trilli melodiosi per celare la sua natura, che poi era quella di un antropofago che si ciba della vita altrui. Provocandone la morte, certo.
Ma lui non andava da nessuna parte. Il suo autobus sembrava piuttosto un magnifico aquilone, colorato e ribelle, in procinto di lasciare quel legame che lo teneva su questa terra ad ogni mia domanda. Ma ancorato, in tutti i modi, alla terra.
« Andremo, faremo, voleremo. Vedrai, vedrai... », ma dove, cosa, quando?
C'era sempre un filo che lo teneva e gli impediva di fare quel viaggio promesso, quel cambio di marcia, quella che lui chiamava vita nuova. Però ti faceva provare l'ebbrezza del volo, ti faceva sentire il sapore della vita, o meglio il sapore del sapore che avrebbe potuto avere una certa vita.
« Mi ami? » diceva.
« Sì », rispondevo io, con voce sempre meno sicura col passare del tempo.
« Allora vieni, e lasciati andare, e non pensare, e fidati di me, che ti faccio vivere»; ma recitava, come se fosse un copione. Seppi dopo che era pure sposato.
Allora l'autobus partiva, senza tetto né finestre, svolazzava impazzito nel cielo immenso e teneva sospesa non solo la mia anima ma tutta me, verginità nel cuore compresa.
Girava il mondo, girava la mia testa e mi sentivo come un chiodo agganciato ad una calamita.
Era la vita condensata in una promessa, vale a dire la morte. Avessi immaginato che era lei, quella dannata ipocrita falciatrice di sogni, ci si poteva divertire, ingannandola a sua volta. E, perché no, goderne, di quella commedia. Si poteva fare del teatro, senza o con pochi danni.
Non avrei pianto, non avrei sperato, non avrei chiesto.
Non mi sarei illusa, avrei gioito meno, forse, ma a quale prezzo ho goduto?
Avrei preso e dato come un mercante turco, sempre pronto a mediare, ad avere qualcosa in cambio di altre cose, magari con un piccolo guadagno.
E lui avrebbe pianto un po', e sperato, e anche lui si sarebbe fatto illusioni credendomi un angelo.
E non avrei sofferto più di tanto, né più né meno quello che avrebbe patito lui.
Saremmo morti un po' tutti e due; il giusto, come si muore sempre, un po'.
E avremmo vissuto un po' tutti e due; il giusto, come si vive sempre, un po'.
Lo scotto della commedia, della finzione, della poesia sostenuta con forza come alimento della vita.
Mi veniva in mente Pessoa, certe volte che lui mi scriveva e recitava versi imitando trilli d'usignolo.
« O poeta é um fingidor. Finge tão completamente que chega a fingir que é dor a dor que deveras sente. »
Il poeta è un fingitore. Finge così completamente che arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente.
La morte che si traveste da vita, il silenzio che si dichiara musica, il vuoto che riempie di illusioni le speranze. Un meschino celato sotto i panni d'un vero uomo.
Ero un pesciolino, nonostante tutto, avevo giocato poche partite e l'amore era per me un mito, anzi il mito.
Quando capii che la storia era finita, abbandonata come uno straccio vecchio in mezzo alle difficoltà di ricostruire un qualsiasi tetto che mi riparasse dalla burrasca, il gesto estremo, quello che illude di cancellare un brutto passato.
Mi sveglio in questa camera d'ospedale, su un lettino bianco, in una stanza bianca e con una camicia tutta linda. Niente aquiloni colorati, solo una nave ben ancorata in un porto sicuro.
Tanti tubicini e poca luce. Anche il buio è bianco. Una penombra che mi appare dolce, come può esserlo la morte o un'esistenza serena.
A tenermi in vita il solito sorriso. No, questa volta non è un angelo, e nemmeno un'autobus senza tetto.
È un dottorino che mi prende il polso e mi parla sommessamente guardando il suo orologio e arrossendo dinnanzi all'enormità della mia tragedia.
Ed ecco che in maniera del tutto naturale le mie cellule, i miei deboli muscoli, il mio corpo debilitato credono ancora nella vita e leggono in quel sorriso una possibilità. È una bella sensazione, nuova, mai provata. Mi fa sentire pulita. In un certo senso, nuova.
Poi mi prende un sonno liberatorio che mi impedisce di pensare quanto sarebbe bello davvero morire, con quella mano amica che ascolta il battito del tuo cuore interrogando le vene, senza violare il corpo. Una specie di innocente pudore, che non ricordavo più potesse esistere.
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0 recensioni:
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- Beh Amorina, una mise coi fiocchi e un gran bel vedere. Se poi dici che l'hai fatto per me la cosa è ancor più conturbante
Ora non ti resta che eseguire per me la danza dei (sette?) veli, per essere completamente nelle mie grazie
- Fernando... un bel bacino per ringraziarti... sono tornata; mi son messa quest'abitino per te, chissà se ti piace?
frivolus... grazie per quel tuo apprezzamento: sensibilità tutta femminile. Non sai che complimentone sia questo che tu mi fai... tra noi ci s'intende
- Una storia bellissima e non proprio come tante quando se ne conosce la storia, tra l'altro molto triste. Tremenda la decisione di arrivare ad un gesto tanto estremo, sia pure per amore, ma la vita non val mai la pena di essere data via. C'è sempre un modo per uscire dal dolore, ma è pur vero che quando si è giovani si vive di assoluti e si pensa che niente possa rimpiazzare quella felicità che è tutto per noi, quasi fosse l'unica ragione di vita. Meno male che la sorte è più benigna del suo gesto e le regala una seconda opportunità... Una narrazione piacevolissima dalla resa efficace e poetica, ricco di metafore bellissime e dotato di un linguaggio affascinante.
Anonimo il 26/02/2011 16:40
Hai ragione i 16 anni sono gli anni migliori per morire. Il problema poi è sempre rinascere! Ottimo racconto, con gusto e sensibilità tutta femminile... l'ho sentito molto!
- Paola, ma allora te tu vuoi proprio bacino dalla tua amica Amorina... un bel giorno cissi vede, io e tè... ah ah ah... bacino
- Amorina mi hai fatto prendere un colpo!!!!
Ma tu non hai di questi problemi, sono loro che ne hanno!!!!
Bella storia e scritta benissimo!!!!!
- Grazie Dolce Sorriso... sono contenta che ti sia piaciuto il mio primo racconto. Proverò a scriverne un altro... bacino
- un racconto che rapisce il cuore... bello!
- hai ragione scrivere racconti è diverso... e poi chi scrive.. anche senza volerlo... mette sempre qualcosa di auto biografico... sempre brava Amorina...
- Grazie Giacomo... a me piacciono le poesie in rima ma scrivere questo racconto mi ha fatto riflettere in altro modo. Non è facile inventare una storia... però c'è sempre qualcosa di autobiografico, ovvio. Ho pronto un altro racconto, piccantino... forse lo posterò. bacino e grazie.
- se è il primo che scrivi... spero che ne scriverai degli altri...è scritto bene... la tua fantasia va a braccetto col tuo cuore...
- E se tu avessi qualche anno in più jocheremmo a shopone all'ospizio.
- Michele, che bello tu sei in codesta foto... mi ricordi un rivoluzionario zapatista. Se tu avessi qualche anno meno mi garberesti assai. grazie. bacino
- Che fai Amorina ci ricaschi? Più che la morte mi sembra un'interpretazione dell'araba fenice.
Un aggettivo idoneo? Ciclica!
- Antonino, bell'omo... te tu leggi pure i miei commenti alle mie amiche, a quanto pare. E bravo... te tu c'ha ragione... par condicio... bacino
Anonimo il 24/01/2011 17:18
Ecco parliamo anche delle stronze... per par condicio
- Ed io ti abbraccio e ti do pure il bacino, cara Giovanna. Eh sì, è come tu dici. La vita è complessa... chissà che c'è sotto...
- bella.. forse in qualche passaggio autobiografica.. e forse tanta ironia nasconde ben altro..
chissà.. ogni storia è diversa..
brava piccola
ti abbraccio
- Roberta... con quel sorriso che mi fai sai che ti fò? ti do un bel bacino e ti ringrazio. È il primo racconto... a me piace la poesia in rima, per lo più ironica. Per questo racconto mi son sforzata di entrare nel mondo delle povere ragazze sfruttate dagli uomini cattivi hi hi hi... si fa per dire. Se non son cattivi stronzi di certo. bacino
Anonimo il 24/01/2011 11:45
Davvero bello!
Complimenti
- Giacomo... perché voi ometti non fate queste cose, vero? Ti perdono perchè ti voglio bene... bacino bacino.
- Grazie Patrizia... che carina. Un bel commento per il mio primo racconto. bacino
Medina, grazie anche a te... passerò a leggervi per conoscervi meglio... bacino
Anonimo il 24/01/2011 11:25
Bella, tipica storia di donne che affidano la loro vita nelle mani di falsi aquiloni che non sanno volare ma solo strisciare. Ma tu non sei così, giusto?... ciaociao.
P. S. originale proprio perchè potrebbe essere vera.
Anonimo il 24/01/2011 09:46
Mi accodo al commento di Patrizia. Complimenti.
- Altro non si può e non si deve aggiungere, Splendido, davvero!
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