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Guerra
La solita serata fra amici. Quella che, in genere, ti porta bene. All'anima.
Quattro persone, persone pensanti. Almeno a proprio modo. Non è che sia un male pensare a proprio modo, solo che quando entra il concetto della proprietà, tutti ci facciamo un po' gelosi. Ma i pensieri devono essere di tutti. Quando di pensieri si parla ovviamente. Tutti abbiamo un'opinione, si crede. Ed invece pochi ne hanno una, personale, sensata, pensata, aperta, plasmabile.
La proprietà ti acceca, ti chiude. Ti senti in diritto di respingere gli intrusi, dalla tua proprietà. Di respingere anche chi non gliene frega niente di portarti via qualche miserabile pensiero, parola, ed invece sarebbe pronto a portartartela, una di queste.
O se sei fortunato, tutte due. Ma la fortuna te la crei, aprendoti al gioco. E di questo si tratta, il bel gioco dell'umanità.
Eravamo seduti ad un tavolo tondo, cinese.
Chi è che ormai non ha visto un tavolo tondo cinese? Chi è che è mai stato in Cina? Chi è che non ha mai visto un Mec Donalds nell'angolo più sperduto del mondo? Tutti siamo dappertutto ma nessuno è mai VISTO davvero nulla.
Parlavamo. Dei cinesi, anche.
L'imbarazzo scendeva con il suo arrogante peso ogni volta che se ne avvicinava uno per servirci, o passava di fianco. Ma perché non si può parlare di qualcun altro senza passare per qualcosa?
Bella cosa la globalizzazione, ci porta la mano e non la mente, e la mano senza la mente è carne morta.
Butto là un discorso impertinente, che molti passerebbero per immorale. Lo snuff movie.
Caspita, c'è una donna (che palle, ancora donna e non una persona, maledetto me, ci casco ogni volta) al tavolo, ingentilisco un po'. Ma la discussione passa su un altro piano, la guerra.
Dapprima rifletto sull'oscuro modo in cui siamo passati da questo a quello senza un'apparente filo. Poi ci ripenso. Ambedue sono pazzie, aberrazioni dello stato umano, e non è moralismo questo. É pura oggettiva soggettività.
E poi la guerra...
Strano modo di risolvere i problemi, creandone altri più grandi. Così si pensa ai nuovi, e non più a quelli vecchi. Ha una sua logica in effetti. Ma solo teorica. La pratica è tutt'altro. La pratica è quella che fa morire persone per non si sa mai bene cosa. O forse si. Per far in modo che nulla cambi. Che noi restiamo noi e loro, loro. Anche se poi il noi dovrebbe comprendere anche il loro, ma loro non lo sanno, o lo sanno bene, ed è per questo che resteremo sempre noi... per loro.
Si accende una bella discussione sul fatto se sia meglio che un video di un soldato sgozzato passi in tv o meno. Cazzo, fa schifo quel video. Ma è istruttivo. Ti sensibilizza. Ma questa è davvero, pura soggettività.
Prima ho detto si accende, non credo che mai parola mi sia riuscita più azzeccata.
Il fuoco quando si accende parte da una piccola, inoffensiva fiammella, che può avere il dono di riscaldare, far vedere, nutrire e quindi far vivere, ma in un attimo può trasformarsi in una divampante colonna di terrore, che spegne vite, acceca occhi e spirito.
E questo è quello che successe. Divampò. Una fiamma ancora troppo piccola per essere dannosa ma già troppo grande da averne timore. La guardavo quella fiamma, ardere crescere, sperando che si spegnesse. Si spense per fortuna. Basta poca acqua per spegnere un focolaio, e fino a che la fatica è poca, tutti siamo disposti a faticare.
Tutti avevano idee diverse, ma tutte comunque convergenti verso la stessa direzione. La guerra fa schifo.
Eppure io li guardavo. Per un attimo, un istante durato più a lungo di se stesso, la guerra ebbe inizio fra persone a cui essa stessa faceva ribrezzo.
Siamo cosi stupidi, cosi piccoli, cosi incoerenti. La parola non coincide mai con il fare.
Diciamo e facciamo sempre cose diverse, spesso contrastanti.
Ecco il motivo per cui la guerra esiste, ed esisterà sempre. Perché arde, si alimenta, cresce tra di noi, in noi ed anche per noi. Per farci sentire vivi, alla ricerca di quel piccolo e significativo passo verso l'evoluzione. La natura seleziona i migliori, ed i migliori devono essere migliori dimostrandolo, a scapito di chi migliore non è. Ma sono sicuro che il peggiore, in questo caso, il più codardo, pavido esseruncolo pronto a tirar via la mano sia il migliore.
E la natura farà la sua scelta.
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