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La spia luminosa
È strano come accadono le cose quando non ti aspetti più niente dalla vita ecco che la vita ti riempie di doni. Ho compiuto da poco trentanove anni non ho un lavoro e nemmeno una ragazza, amici poi non so neanche cosa significa questo termine.
Poi all'improvviso, tac e tutto cambia, ti accorgi che ti mancano quindici giorni per prendere lo stipendio e meno di quattro mesi per sposarti.
Se guardo indietro al passato, non vedo niente solo il vuoto, invece se guardo, davanti a me c'è un futuro bello e luminoso che mi aspetta. Dovrei essere contento e invece non lo sono, c'è qualcosa in quel passato che oscura la mia felicità. Un'immagine di morte mi perseguita.
Vi giuro non ho fatto niente perché accadesse, è successo perché doveva succedere. Ogni tanto ci penso perché è inevitabile, poi arrivo alla conclusione che è stato il fato e che io non c'entro niente in tutta questa storia.
Da circa un mese sono stato assunto come meccanico in un'officina adibita alla riparazione e manutenzione dei treni. Mi sento un po' spaesato, il capannone è immenso, non riesco a orientarmi e non conosco nessuno.
È sempre così quando si lavora in un posto nuovo, ci vuole un po' di tempo perché tutto diventa familiare. Il lavoro di meccanico mi affascina, mi è sempre piaciuto riparare le macchine. Ogni treno ha una sua storia è una persona viva, ha un suo respiro, una sua andatura e soprattutto una sua usura.
Dopo due ore di lavoro decido di prendermi una pausa, poso gli attrezzi e mi dirigo al distributore del caffè. Anche altri hanno fatto lo stesso pensiero, e da perfetti estranei ci troviamo tutti uniti a parlare, fumare e a bere caffè. L'amore per questo lavoro ci ha uniti, sporchi, sudati, ma con il viso raggiante per la soddisfazione che solo un lavoro che piace dà. Tra tanti visi questo leggo.
Ritorno al mio lavoro, tra meno di un'ora finisco il turno. Sta per accadere una cosa che nel bene e nel male segnerà il resto della mia vita. Apro il vano batterie situato sotto il treno. Ci sono quattro gruppi di batterie da trenta volt collegati in serie, li stacco e da un generatore alimento il treno. Da lontano vedo avvicinarsi un addetto delle pulizie intento a spazzare le banchine.
Non lo conosco bene, anche se lo vedo tutti i giorni, sono molti in questo deposito, so solo che tra poco si deve sposare. Tutte le mattine spazza le banchine e mette a posto i cavi della tensione. Si assicura prima che la luce del generatore è spenta e poi avvolge i cavi.
I cavi sono rigidi e spessi qualche pollice. Come al solito ho dimenticato di segnalare al capo officina la rottura della spia luminosa. Lo vedo avvicinarsi sempre di più, sono passati due anni, ma il ricordo di quella mattina è sempre vivo e ricco di particolari in me. Stacco i cavi dal treno e li metto a terra.
Solo dopo la morte si conosce veramente una persona, sia per com'era e cosa significava nella vita degli altri. Ora anch'io conosco questa persona, il suo nome e quelli che gli volevano bene. Mi confronto con lui, io non ho niente lui ha tutto, meritavo io di morire.
Al funerale ho conosciuto la sua famiglia, la sua fidanzata e i suoi amici, un mondo di cui io non facevo parte. Mi sentivo terribilmente in colpa, anche se sapevo che non era stato uno sbaglio mio e la cosa più importante è che se ne era reso conto anche la sua famiglia.
In seguito li frequentai molto rendendomi utile in tutti i modi. Dopo un po' mi accettarono in casa come se fossi una persona di famiglia. Non sapevano né immaginavano che era il mio senso di colpa a farmi agire così, loro invece credevano che fossi una persona molto buona e che era stato un vero peccato che Andrea non mi avesse conosciuto, saremmo di sicuro diventati dei grandi amici.
Andrea, finalmente riesco a pronunciare il suo nome, stava riavvolgendo i cavi sotto tensione credendo che fossero staccati perché la luce di segnalazione era spenta. Io lo guardavo e con gli occhi gli dicevo di mettere giù i cavi, ma non riuscivo a parlare perché i miei pensieri erano tutti rivolti al guasto della vettura e la voce non mi usciva.
Poi succede l'inevitabile, la luce del capannone si spegne e Andrea finisce a terra senza neanche un lamento. Corro vado a soccorrerlo, ma non c'è più niente da fare, Andrea è morto. In seguito ho saputo che non è morto per la scarica elettrica che gli ha attraversato il corpo, ma perché aveva problemi cardiaci.
Sono passati due anni da quell'incidente, tra qualche mese mi sposo, io che sono sempre stato un solitario, non ci posso credere, ma la cosa più assurda è che devo tutto ad Andrea. Dopo morto come il Cristo si è spogliato per me: mi ha donato la sua famiglia, i suoi amici e la sua donna. Se solo avessi avvisato il capo tecnico che la spia luminosa non funzionava tutto questo, non sarebbe mai successo. Ci sarà un motivo perché accadono certe cose... io penso di sì e forse un giorno lo conoscerò.
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