È incredibile riassaporare la libertà.
Dopo diciassette anni passati in un carcere a pochi passi dai luoghi in cui ho trascorso la mia prima vita, ho paura di non essere in grado di riappropriarmi appieno di quel senso di libertà che uno come me non può più permettersi il lusso di dare per scontato.
Svegliarmi in piena notte e decidere di uscire a fare due passi, oppure aprire il frigorifero e farmi un panino, se ho fame, senza dovere aspettare necessariamente che un secondino mi dica che adesso posso mangiare.
Fare quello che desidero.
Andare dove voglio.
Ma l'ho pagata cara questa riconquista.
Un prezzo altissimo, ma mai come il dramma e il dolore che ha inflitto la mia follia, e che da quella notte, ogni notte, mi perseguita e mi pulsa nel cervello fino a farmi scoppiare.
Cammino per le strade del centro storico, via dei Fiori Chiari, Fiori Oscuri, piazza del Carmine e dritto verso la Scala, che adesso risplende di una nuova luce.
Anche lei vive una seconda vita.
Solo i nomi delle strade sono rimasti gli stessi, ma tutto intorno è un altro mondo. Un cartellone pubblicitario ha preso il posto della segretaria che batteva a macchina tutta la notte in piazza del Duomo. Sorrido, ripensando a quante volte mi sono soffermato a guardarla scrivere, diligente, instancabile, al servizio di un immaginario capo ufficio.
Continuo a camminare e a perdermi nei ricordi della mia vita passata, quando bastava una pizza fuori con la mia famiglia per rendere speciale una normalissima giornata trascorsa in ufficio a battere a macchina, proprio come la mia amica segretaria.
Poi, il marito e il papà, si sono fusi nel mostro che ha privato sua moglie della propria vita e i suoi due bambini della propria madre. Per sempre.
Alla fine, per un gioco del destino, quello fortunato sono comunque io. Ho ancora la mia vita, con tutto quello che si porta dietro, nel bene e soprattutto nel male.
E ho ancora i miei figli, ammesso che per loro io possa ancora essere considerato un padre. Il tradimento di una moglie non può essere punito con la vita, per quanto grave e sconvolgente possa essere stato accorgersi di avere vissuto per tanti anni accanto ad una sconosciuta.
Ma sfortunatamente ci ho messo diciassette anni per capirlo.
Devo tornare a bottega, come diceva mio padre, anche se adesso è tutto più complicato. Dovrò lavorare tanto per ricostruire qualcosa, se voglio dare un senso alla mia nuova vita, e devo darglielo, altrimenti assaporare di nuovo questa libertà non sarà servito a niente.
Mio padre diceva anche che non si torna mai indietro: anche questo devo imparare, mio malgrado, cercando di diventare un manovale del carattere e della pazienza.
Mi chiedo se un giorno tornerò ad essere l'uomo che ero nella mia prima vita. Perchè adesso, strano il destino, è questo che voglio diventare: la persona che ero.
Solo allora sarò veramente libero.
Marzo 2005