Parole che scorrono, l'alito che puzza di vodka e birra. Le due del mattino, domani mattina al lavoro e una fottuta voglia di piangere. Lacrime d'alcool.
Cazzo.
Cazzo.
Domani, dopodomani, ieri, anni passati, anni che verranno.
Want your love, can you feel it? Disorientato, perso, spaesato, in una città che è mia solo perchè ci abito.
Sbronza tranquilla, stavolta non dovrò rovesciarmi sul cesso e specchiarmi nel vomito. I minuti scorrono.
La musica è come la droga. Una canzone che piace, che strappa l'anima, dura qualche secondo. La percezione del tempo se ne va allegramente a puttane. Senza di te. Rimani solo, nel tuo letto, una mano sul mouse e l'altra sul cazzo.
Su e giù, su e giù, ancora su e giù, una corsa verso il bagno, spruzzi un po' di depressione e torni a letto con la mano che puzza e la voglia di piangere. La voglia di non essere come ieri. La voglia di non essere come domani.
Intorno tutto va avanti. Intorno. Avanti.
Camera mia è buia, illuminata solo dal monitor del mio portatile. L'alito pesante.
Le giornate sono brevi solo quando vivi al massimo. La noia allunga il tempo. L'ultimo album del tuo gruppo preferito lo scoli in un attimo e non ti sei reso conto di un cazzo che è già ora di fare altro.
E fuori un marzo freddo.
Mi rilasso, ma è solo una condizione fisica. Un po' come quando senti che stai per piangere mai i tuoi maledetti occhi non ne vogliono sapere di spremersi.
E quella maledetta domanda che continua a rovesciarsi nei vicoli del cervello. Can you feel it?
Forse è la domanda sbagliata. Forse è sbagliato cercare risposte.
Cazzo.
Mia sorella ha cominciato a lavorare, mio padre dorme, di là da solo.
Sbronza tranquilla.
E sono già le due e mezza. La camera è buia. La mano puzza ancora. Se non fosse per la stanchezza dovuta all'unica giornata vissuta davvero da un po' di tempo a questa parte non ci metterei molto a infilarmela di nuovo nelle mutande. Su e giù, su e giù, ancora su e giù. Pelle. Pelle. Carne.
Lacrime d'alcool che rimangono ben nascoste negli occhi.
Le orecchie che fischiano. Mi urlano che devo dormire, domattina devo andare al lavoro. Fuori continua a piovere.
È sbagliato che piova o è sbagliato che sia marzo?
Le giornate sono troppo corte. Per i vizi che ho servirebbero almeno 40 ore.
Che cazzo siginificano ventiquattro ore? Cristo Santo, giorni che sono valigette da lavoro. Chi l'ha deciso?
E non venitemi a dire che ho solo 27 anni. Che lì fuori c'è qualcuno che sta peggio di me.
Perchè lì fuori c'è anche qualcuno che sta meglio di me.
Qualcuno che ha ciò che io voglio. Oppure peggio. Qualcosa che mi spetterebbe di diritto. Perchè anche se nella mia vita ne ho fatte di cazzate non merito questa tristezza, questa solitudine. No. Non posso ammazzarmi di seghe mentre uno stronzo qualsiasi sta scrivendo la mia canzone più bella. Il mio racconto più incisivo. Che va in giro con la mia macchina preferita. Che ha i genitori più comprensivi. Che si scopa la mia donna.
Le tre meno un quarto.
E nessuna lacrima. E la bocca impastata di alcool e fumo.
I minuti scorrono, le treno meno un quarto, domani mattina mi devo svegliare per andare al lavoro.
Intorno alla mia stanza c'è una città che dorme tranquilla. Lampioni accesi, semafori lampeggianti, qualche anima. Qualcuno che non merita un cazzo. Qualcuno che vive una vita che vorrei vivere. Che, che, che...
Vaffanculo. Che cazzo. Can you feel it?
Mia sorella, mio padre, io. Domattina tutti svegli per andare al lavoro.