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La realtà era ben diversa
Figlio di agiati possidenti, Giovannino aveva la fortuna di poter frequentare la scuola elementare; privilegio di cui certo non godevano in molti dati i tempi e le circostanze. Tuttavia l'ingrato studente non andava affatto fiero della sua posizione, anzi, guardava con invidia quei ragazzini che sin dalla tenera età venivano avviati alla dura vita campestre. Il suo profitto scolastico era decisamente scadente, in classe il maestro non faceva che ammonirlo data la scarsa attenzione: Giovannino lasciava infatti che il suo sguardo venisse rapito dalla piacevole vista delle montagne che, aldilà della finestra, rendevano il paesaggio suggestivo e selvaggio. Quando a casa giungeva il momento di studiare, l'insoddisfatto bambino non riusciva
affatto a concentrarsi giacchè la vivace immaginazione lo trasportava ben oltre la sua stanza, lontano dai libri: fantasticava di godere il sole disteso nel bel mezzo di un campo fiorito, di dilettarsi in lunghe passeggiate tra boschi di elci e querce, di arrampicarsi su superbi massi di granito per poi contemplare dall'alto l'amena campagna.
Il periodo primaverile era alle porte...
Giovannino continuava a venir meno ai suoi doveri di studente destando la collera di genitori e insegnanti. Cominciò a marinare la scuola, approfittando delle lunghe mattinate per svagarsi nelle campagne intorno al paese, con o senza compagnia. Una
volta all'aperto i suoi trastulli erano svariati: poteva passare lungo tempo adagiato
all'ombra di una quercia, godere dell'instancabile canto degli uccelli e delle cicale, inoltrarsi in boschi ombrosi alla ricerca di grotte, o gustare qua e là i deliziosi frutti spontanei di cui la campagna è ricca. Grazie alla sua accortezza, lo svogliato birbante
riusciva a nascondere abilmente ogni marachella! Gli ignari genitori non ebbero mai
il minimo sospetto riguardo a tali gite clandestine; le assenze non erano mai troppe, venivano inoltre studiate anticipatamente in ogni dettaglio.
I leggeri raggi di un piacevole sole riscaldavano l'aria di quella limpida giornata...
Saltata la scuola, quel mattino Giovannino si era trattenuto in compagnia di qualche
scapestrato, sfidandosi in spericolate sassaiole nella periferia del paese. Trascorso non molto tempo, aveva però lasciato lo scatenato gruppetto, non potendo affatto rinunciare ai soliti trastulli campagnoli. Dopo aver camminato a lungo per una stradina tortuosa di sua conoscenza, aveva infine raggiunto una grande distesa erbosa e, com'era solito fare, si era disteso ai piedi di un vecchio alberello piegato dal vento.
Il sole era ormai alto ed il caldo iniziava a farsi sentire. Lo spensierato riposo di Giovannino fu improvvisamente interrotto dagli insistenti richiami di un pastorello che, giunto lì vicino, sorvegliava attento una dozzina di pecore.
Alla vista di quel ragazzino insolitamente pulito, con gli abiti e le scarpe nuove, il pastorello rimase alquanto colpito! Si avvicinò curioso e, dopo averlo studiato attentamente, lo salutò con un filo di timidezza:- salute, ti sei per caso perso?- Giovannino rispose con tono pacato:- salute a te, no non mi sono perso, facevo un giretto da queste parti poiché amo la quiete della campagna. Comunque molto lieto, il mio nome è Giovannino.- Elia, così si chiamava il pastorello, stupito continuava a non capire la ragione per cui un bambino ben vestito e curato si trovasse lì, solo e in aperta campagna. Si sedette per terra dinanzi a Giovannino, ormai non badava più alle bestie; gli rivolse altre domande del tipo:- da dove vieni? Come mai sei qui tutto solo?- Giovannino non tardò a comprendere che quello che aveva dinanzi a sè non era altro che un povero pastorello, sottratto alla vita sociale e costretto a crescere nel più completo isolamento. Era smunto, malaticcio, indossava un paio di pantaloni troppo larghi e sfilacciati, sudicio, scalzo. Lo studente cominciò a provare una sincera compassione nei confronti di quell'essere tutto pelle e ossa, così, tolta dallo zainetto la focaccia che avrebbe dovuto consumare alla ricreazione, gliela porse gentilmente: Elia la divorò avidamente come se non si nutrisse da giorni! Dopo le prime titubanze i due si misero a conversare, Giovannino spiegò il motivo della sua insolita gita in campagna, chiarendo così ogni dubbio del pastorello. Quel misero ragazzino non sapeva neppure apporre la firma, dalla tenera età non aveva fatto altro che occuparsi delle greggi del padre e, il paese lo vedeva una volta al mese se fortunato. Nel suo modo di parlare rozzo e campagnolo, Elia esortò vivamente Giovannino a non gettare al vento la sua fortuna:- Giuà, e guardami! cosa vedi? Io te lo dico,
povertà, sofferenza, ignoranza e, fatica maledetta! E i libri che leggi tu? Chi gli ha mai visti... Solo le pecore e le capre di babbo ho conosciuto in questa vita da cani, solo gelo, fame, percosse. Mettiti a studiare e lascia stare il resto! O vuoi diventare come me? Come noi gente povera?-
La profonda sincerità di quelle toccanti parole, l'aspetto tristemente rassegnato
di Elia, fecero intendere a Giovannino che lo Studio lo avrebbe portato a condurre una vita agiata, ben lontana dalla solitudine e dalla fatica estenuante della campagna!
Dopo aver salutato affettuosamente il povero pastorello, Giovannino prese pensieroso la via del ritorno, quell'incontro lo aveva fatto riflettere particolarmente! La realtà era ben diversa da come l'aveva immaginata lui, mai più avrebbe trascurato gli studi, mai più avrebbe voltato le spalle alla sua fortuna.
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- ci sono cose per le quali il tempo è vita come la scuola e non va perso.
mi piace, molto scorrevole anche semplice se vogliamo, ma lascia dei
bei significati.
- grazie, è proprio questo il messaggio che volevo trasmettere...
- e vero... non si aprezza mai quello che si ha... ci si accorge di questo solo quando si tocca con mani propie... bravo

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