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Una bevuta con mio fratello
Soffiai il fumo della sigaretta verso la barista bionda, nella speranza che lo seguisse con lo sguardo ed incrociasse i suoi occhi con i miei. Non lo fece, era troppo indaffarata con i drink.
«Lo vedi? Non mi dà corda. »
«Sei tu che ci provi nel modo sbagliato... » rispose mio fratello, «Guarda. »
Chiamò la bionda con un elegante cenno della mano.
«Sì, signore. »
«La prego, non mi chiami così... Sono solo il Fratello di Luca. »
Lei sorrise. Dannazione.
«Cosa desideri, Fratello-di-Luca? »
«Altre due Guinness spinate con lo stesso amore. »
Poi allungò la mano e le passò una mancia. La donna sorrise ancora, stavolta mostrando una fila di denti bianchissimi e perfetti. Poi trottò via tutta contenta a preparare le birre.
«Hai visto? »
«Ho visto cosa? » chiesi, «Praticamente l'hai pagata per sorridere... »
«Tu ti soffermi troppo sul processo di causa-effetto... Mi ha guardato negli occhi o no? »
«Sì, lo ha fatto. » ammisi.
«A resto pensiamoci dopo, allora. Tanto basta, per ora. »
Mio fratello ha sempre avuto una marcia in più con le donne, e non solo con quelle: lavoro migliore in campo artistico, qualche bel piazzamento qua e là alle scommesse, e in generale birre più buone, case più belle e via discorrendo.
Il bar era un posto qualunque, una mezza baracca appena fuori città con il bancone sporco e qualche balordo seduto a leggere la Gazzetta dello Sport. Era quasi mezzanotte ma gli irriducibili fanatici del calcio non conoscono orari. Io non ero per nulla un fanatico, trovavo difficile appassionarmi ad ogni cosa. Forse mi mancava la volontà...
«Credo che ti manchi la forza di volontà. » disse mio fratello.
«Cosa fai? Mi leggi nella mente? »
«Perché, lo stavi giusto pensando? »
«Esatto. »
«Andiamo, non credo che tu sia del tutto da buttare via... » sentenziò ridendo.
Arrivò la cameriera con le Guinness e guardava solo lui: fascino della camicia in raso? Chi lo sa. Appoggiò davanti alle sue mani le birre fresche e gli mostrò la fossetta sulla guancia sinistra in un sensuale accenno di tentazione. Lui le sorrise di ritorno e appoggiò una mano sulla sua.
«Come ti chiami, cara? »
«Emma. »
«Bene, Emma. Continua a spinare birra fino a quando non ce ne andremo, ogni bicchiere vuoto dev'essere riempito... come il cuore. »
«D'accordo... ma, noi ci siamo già visti da qualche parte? » chiese lei.
Mio fratello sapeva sempre cosa dire. Le rispose:
«Credimi, vorrei proprio che fosse così. »
Ancora una volta, la barista bionda trottò via con un sorriso in volto. Sarà per la sua voce suadente, sarà per l'anima che butta in mezzo fra una parola e l'altra... fatto sta che mio fratello è un vero dritto.
«Continuerai molto con questo teatrino? » gli chiesi.
«Quanto basta. Ti infastidisce? »
«Solo un po'. »
«Non è che sei geloso? »
«Probabile, solo che non capisco come fai a sopportarlo. »
«A sopportare che cosa? »
«Eddai! Tutte quelle menate... Ciao cara, begli occhi, vorrei averti già conosciuta... e il resto delle cazzate! La cosa più sensata che ti ho sentito dire è stata: Continua a portare la birra. »
«Il tuo problema è che non hai sentimento, fratello. »
«Oh, questa è bella! Io non avrei sentimento? »
«Esatto. »
«E da cosa trai questa tua abile deduzione, Sherlock? »
Lui sorseggiò la Guinness, poi poggiò il bicchiere sul bancone e mi fissò.
«Da quando è morto papà tu sei cambiato. Non sei più lo stesso. »
Scoppiai a ridere di gusto, attirando l'attenzione momentanea di qualche avventore.
«AHAHAHA! Questo è il più grande cliché che potevi tirar fuori dalla saccoccia! Ma andiamo! Con tutte le parole che conosci... non riesci a fare niente di meglio? »
«Lo sto facendo, fratello. Dico sul serio, tu non riesci più ad emozionarti su nulla. »
«Oh! Oh, cristo! Questo è il colmo! Mi stai psicanalizzando, per caso? »
«È una vita che cerco di farlo... »
Afferrai saldamente il bicchiere di birra e ingollai un lungo sorso di nero.
«Beh, ragazzo mio, ne dovrai fare di strada, allora. Sono più incasinato di quello che pensi. »
«Credi che per me sia stato diverso? »
«Che cosa? »
«Voglio dire... Credi che l'abbia vissuta in modo diverso, io? »
«Dio mio, no! Sei mio fratello! L'avrai vissuta più o meno come me! »
«E la mamma che piangeva? E le visite dei parenti nella camera ardente? Chi pensi che abbia tenuto testa a tutto questo? »
«Ehi, testa di cazzo! Non farmi la predica! Guarda che c'ero anch'io! Hai pianto sulla mia spalla, ricordi? »
«Esatto. Tu invece non lo hai mai fatto. »
«Era meglio così, per tutti. »
Non mi andava di parlare in quel modo di mio padre, né in quel momento, specialmente con mio fratello. Voglio dire, lo so benissimo che anche lui non se la passava bene in quel periodo... neanche mia madre se è per questo. Perciò ditemi che cosa potevo fare? Bisogna tirare dritto, no?
Entrò nel bar una bella ragazza sui vent'anni che sprizzava sesso appena fatto da tutti i pori. Appena dietro di lei un tracagnotto si faceva avanti a passi larghi, con la patta dei jeans ancora calata. Stupido esibizionista. Cercava con lo sguardo qualche amico con cui potersi vantare della misera prestazione, lasciando la sua donna ad andare al cesso da sola per ripulirsi. Stupida razza umana.
«A cosa pensi? »
«Mah, niente di importante. »
«E il lavoro, come va? »
«Bene. » risposi, «Faccio qualche testo qua e là per delle aziende che non ho mai visto. »
«Ma davvero? »
«Già, solo che adesso la mia qualifica non è più quello-dei-testi bensì copywriter. »
«Sembra un inglesismo del cazzo... »
«Lo è, infatti. Però il fatto che ci sia la parola copy di mezzo mi dà la possibilità di fare copia&incolla da una parte all'altra. »
«E lo puoi fare? »
«Beh, fratello, tecnicamente noi non potremmo nemmeno guidare la macchina dopo tutte queste birre... »
«Andiamo, lo sai cosa voglio dire. »
«Oh, cristo! Certo che lo posso fare! Mica abbiamo tutti la tua fantasia! Eh, che cazzo! »
«Non scaldarti, era solo per chiedere. »
«Non fare domande di cui non vuoi conoscere la risposta, no? »
«Hai ragione. »
«È bello sentirtelo dire, ogni tanto... »
Facemmo un rapido brindisi e seccammo entrambi le Guinness. Prontamente si avvicinò Emma a portare via i bicchieri e li riempì con nuovo nettare irlandese. Mio fratello guardò tutto il procedimento e qualcosa sembrava turbarlo.
«Che hai? » gli chiesi.
«Non ha cambiato i bicchieri. »
«Beh, siamo sempre noi due a bere. »
«Ok, ma avrebbe dovuto cambiare i bicchieri. »
«Andiamo! Non fare tanto il sofisticato! Da quand'è che sei così snob? Non ti ricordi che fino a due anni fa bevevamo nella plastica? »
«Mmhhh... »
«E il vino in cartone? Te lo sei dimenticato, quello? »
«Speravo di non doverlo più ricordare. »
«Non fare tanto il signorino, guarda che sono tuo fratello... Lo so da dove vieni. »
«Ok, d'accordo. Solo che non so più se mi va di conquistarla. » spiegò.
«Davi per scontato che fosse perfetta? »
«Ci speravo, lo faccio sempre. »
«Non è saggio avere aspettative sulle persone, è quello che fa nascere i casini nel mondo. »
Lui mi guardò di sbieco.
«Ha parlato Mister Analisi in persona... »
«Che intendi dire? »
«Sei tu quello che analizza il carattere della gente per sapere sempre cosa aspettarsi! »
«Sì, ma se lo faccio io va bene! »
«Ah, e perché? Sentiamo! »
«Perché... cristo! Perché io odio le sorprese e voglio sapere quello che sta per succedere! »
«Però non vuoi che gli altri lo facciamo con te... »
«Esatto, odio questa cosa del dovermi dimostrare come mi vogliono. E non ci riuscirebbero ad analizzarmi, comunque. »
Mio fratello rise in un'esplosione di denti e rughe sulle guance. Gli stessi avventori che prima si erano voltati con me non lo fecero con lui. Dannazione a lui e alla sua risata suadente.
«Oh, cazzo! Ma ti senti? Credi di essere migliore di noi? »
«No, di te no. »
«Ah... beh. Questo ha già un senso, allora. »
«Di sicuro mi sento migliore di loro. » risposi, indicando la poca gente sparuta nel bar.
Tutti esseri appannati, chini su un giornale o fagocitati da una macchinetta del video-poker. L'umanità più stupida si dà appuntamento nei bar ogni sera da millenni e cerca di sfangare la vita sedentaria con i discorsi più gretti e banali. Forse hanno ragione loro, a non pensare alle conseguenze di un'esistenza buttata nel cesso. Con ogni probabilità il peggiore di loro si sentirà l'uomo più felice del mondo, come il tracagnotto di poco prima, e lascerà andare la propria donna al cesso da sola, invece di seguirla e darle un'ultima goccia. Lei lo avrebbe adorato, gli avrebbe rivolto un ultimo sorriso e non l'avrebbe mai più dimenticato. Ma così... cristo! Così come stavano andando le cose era tutto una perdita di tempo!
«Stai sprizzando ansia... » commentò mio fratello, richiamando l'attenzione di Emma per un altro giro.
«Un po' me la sento addosso, infatti. »
«Come mai? Che ti succede? »
«Non saprei, non ho ancora messo a fuoco del tutto il problema. Penso che la maggior parte di essa derivi dal fatto che conosco troppa gente che si aspetta qualcosa da me: un comportamento, una sbronza, una risata... ma tu mi conosci, sai che non sono il tipo da sprecare risate. »
«A dire il vero io ti conosco come un maledetto trasformista. »
Decisi di buttare il discorso più sul leggero, con una battuta. Gonfiai le gote e socchiusi gli occhi, come Gary Coleman, poi mi voltai di scatto verso di lui.
«Che cavolo stai dicendo, Willis? »
Mio fratello sputò la birra per terra e innaffiò il bancone, in un istante ricordò le risate che facevamo da piccoli guardando Il mio amico Arnold, prima di sapere che Gary era un nano. Poi cominciò a farci impressione. Asciugò il bancone con un tovagliolo, poi si soffiò il naso.
«AHAHA! Ti è sempre riuscita perfetta, quella battuta! »
Emma si avvicinò con uno straccio. Con ogni probabilità mio fratello aveva perso tutto il fascino nei suoi confronti con quello sputazzo di birra. Ma che cavolo... non si può avere tutto nella vita!
«Oddio! Sei unico, fratello! Grazie per avermi fatto ricordare di Arnold! »
«Non c'è di che. A proposito... hai più visto, alla fine, quel film di Dana Plato... »
«Certo! Certo che l'ho visto! » disse soddisfatto.
«E... »
«Non c'è molto sesso, a dir la verità... è più un porno-soft. »
«Ma lei è... »
«Bellissima! Lei è bellissima! Ti ricordi quante masturbate, da bambini? »
«Già... pensare che poi è finita così... »
«Eh, che ci vuoi fare... i migliori se ne vanno sempre troppo presto. »
«Ma cos'è? La serata dei cliché, questa? » sorrisi.
In tutta risposta lui mi diede una pacca sulla spalla e finì la Guinness, aspettandosi il ritorno di Emma. Lei però tardava ad arrivare, così ritornò sul discorso di poco prima.
«Ma ti chiedevo... l'ansia da cosa ti viene? »
«Dalle aspettative, credo. So esattamente che cosa la gente si aspetta da me e non ho voglia di soddisfarla. »
«Quindi, se un amico ti chiede di uscire... »
«Io so già che vuole vedermi bere e ubriacarsi con me, il che mi porterà a dormire a lungo la mattina dopo per recuperare le forze e mi costringerà a cominciare a lavorare di pomeriggio. In pratica una sbronza mi costa intorno alle quattro ore di lavoro... se consideri che in un'ora svolgo almeno tre commissioni, direi che la sbronza mi è costata un bel po'. »
«Da quand'è che sei diventato così venale? »
«No, fratello. Non fraintendermi. Lo dico così ma non è una questione di soldi... Solo non mi va di trasformarmi in uno dei tuoi cliché. Perché devo bere per forza? Questa è la domanda! »
«Anche stasera stai bevendo, se ci hai fatto caso. »
«Sto bevendo per scelta, e comunque faccio discorsi mille volte migliori con te che con i miei amici. »
«Mi fa piacere. »
«Cerchiamo di farti capire meglio: a me piace stare in compagnia, ho i miei ritmi per farlo come tutti... solo che non mi va di cambiare per... Oh! Cristo, mi sto incasinando! »
«Aspetta, aspetta... vediamo se ci sono arrivato. »
«Spara. »
«Allora, tu vuoi stare con gli amici ma con i tuoi tempi. Non vuoi che ti rompano le balle con le aspettative inutili ed essere, allo stesso tempo, in sintonia con loro. »
«Direi che ci siamo... »
«Non ho finito! Vuoi che si facciano solo discorsi interessanti e che non interferiscano con la tua vita privata. Praticamente vuoi l'uovo, la gallina e il culo caldo... »
«Ma la pianti con questi proverbi del cazzo? »
Ci alzammo e mio fratello si offrì di pagare il conto. Io rifiutai ma lui minacciò di riempirmi di pugni se solo avessi provato a cavare fuori di tasca un soldo, così lo lasciai fare. Era il suo modo per essere gentile, non voleva dimostrarmi niente. È inutile cercare congetture su di lui o sul suo comportamento: non voleva farmi vedere quante banconote teneva nel portafogli, né quanto potesse arrivare a spendere per le nostre bevute. Era semplicemente mio fratello, la persona che ho più cara al mondo. Assieme a mia madre.
Lasciammo la bionda Emma in pasto alla bettola ed ai suoi pescecani in blue-jeans che si vantavano del sesso, ci spostammo senza pensarci sullo splendido litorale di notte. Una palma qua e un'altra là in fondo erano cullate dal vento fresco e frusciavano una bella melodia. Ero felice della serata, anche se non lo dimostravo coi gesti o le facce. Sono fatto così, mi devo arrendere all'idea: non ho una grande mimica, sono scarso con i rapporti umani e il concetto stesso di razza umana mi disturba. Prendetemi o lasciatemi.
«Ti va di giocare a carte, quando arriviamo a casa? » chiese mio fratello.
«Andiamo, lo sappiamo bene entrambi che non mi piacciono i solitari. »
Così dicendo, l'ombra del mio parente più caro, assieme a mia madre, scomparve come un alito freddo nella notte e mi avviai da solo verso casa.
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Anonimo il 14/03/2011 13:28
davvero un bel dialogo... così realtico che mi sembrava di esere nel bar con voi!
Anonimo il 13/03/2011 20:21
Luca Adami... quelle palme sul litorale non sono di Verona... ahahah... racconto autobiografico... sarà mica Porto Azzurro. No, perchè il cognome Adami... non so quanti amici ho lì... vabbè, diciamo Verona, okkei.
Un grande esordio, il tuo. Fidato di uno che è qui da un po'... se non esageravi era perfetto... davvero. In che senso hai esagerato?... con i dialoghi; bellissimi, schietti e diretti ma dovevi fermarti un niente prima, ridurre la gradazione dialogica... per il resto molto molto buono. mi hai ricordato il rapporto con mio fratello, anche se l'età è quella di tuo padre. ciaociao... benvenuto.
Anonimo il 13/03/2011 19:11
Non ho fratelli/sorelle... Leggendo il tuo racconto, avrei tanto voluto averne uno/a... :') Complimenti, 100 e 1000 applausi
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