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Ad M., perché infondo non ho mai avuto la forza di darti un meritevole addio
E così vai via? Prendi tutti i tuoi bagagli, tutti i tuoi ricordi, ogni tocco dato alla mia anima e prendi il volo?
Così ti volti. Per l'ultima volta. Che forse tu abbia cambiato idea? No.
Ti volti. Guardi nei miei occhi. Ti rendi conto che non ci vedi più nulla dentro. Pensi sia io. "Non sei più quella che eri".
Così vai via? Prendi tutti quei tuoi bagagli, cogli tutti i tuoi bei ricordi, pulisci via l'impronta di ogni tocco dato alla mia anima. Prendi il volo?
Così il tuo sguardo si blocca per un attimo perso nel vuoto, ti volti. Tante volte hai scostato il capo da un'immagine meravigliosa e, volendo condividerla, ti sei voltata sorridendo verso di me. Ma questa è l'ultima volta. Mi si ferma il battito del cuore, e un dubbio gioioso scala l'impervia parete della mia anima: "Che forse tu abbia cambiato idea?". I tuoi occhi però non mentono: No.
In un istante esteso oltre i confini del tempo, che istante non è più, ti volti con circospetta tristezza. La traiettoria del tuo sguardo, quasi fosse tangibile come un raggio solare su un oggetto, si posa dentro i miei occhi eliminandone l'ombra. Ci guardi dentro quasi stessi scavandoli via con le unghie. Tutto l'universo intorno a noi così si ferma bruscamente, ho quasi le vertigini, ogni elemento universale risente di questo piccolo estratto di attimo impercettibile che ha scosso l'equilibrio terreno: tu non ci vedi più nulla lì dentro. Il tuo sguardo si corruccia, schiudi le labbra, rimani esterrefatta da questa constatazione: non vuoi, non puoi, non riesci a credere al nulla che hai visto lì dentro. Una certezza, che desidereresti con tutta te stessa fosse macchiata dall'ombra del dubbio, comincia dall'apnea del profondo a nuotare con forza verso la superficie della tua mente. Hai ancora qualche istante per lasciare che converta la sua natura inequivocabile, ma non lo fai, non ci stai, non ne hai le forze. E in un chiasso infinito di urla tra mente e cuore, la tua anima rivela un'orribile sentenza: "Non sei più quella che eri".
E così, dopo anni, hai deciso: vai via? Raccogli ogni coccio di bellezza distrutta, uno per uno lo riponi nella tua valigia. Prendi tutti questi tuoi bagagli di beltà andate. Misericordiosa cogli come mele sugli alberi tutti i ricordi appesi alle pareti infinite di ciò che era l'invisibile dimora delle nostre menti. Con panni di ruvido realismo, ti affanni a cancellare quasi fossero corpi di reato tutte le impronte leggere, forti, circondate da lividi, macchiate di baci, che quel tuo tocco aveva lasciato nella mia anima. Decisa ormai un'altra meta, tracciati tutti gli infiniti percorsi da compiere, lontano, presso altri lidi, ormai ebbra di una chissà quale voglia di fuggir via, tu dunque prendi il volo?
Ma come quando i vecchi giradischi inceppano la puntina su una piccola crepa e l'Lp d'improvviso salta, così il tuo sguardo si blocca per un attimo perso nel vuoto. Ti volti.
Al cospetto di un'inenarrabile gioia dei sensi, per anni, tante volte, i nostri sguardi hanno sentito l'infinita necessità di incrociarsi e, in un'indescrivibile danza gioiosa di pupille ed iridi, hanno condiviso ciò che vedevano. Ma questa è l'ultima volta che incrocerò quegli occhi d'argento con la speranza che si apprestino a sussurrare confessioni di madreperla a questa povera mente di corruschi idealismi. Mi si ferma il battito del cuore nell'infinito sollievo ingenuo: un dubbio gioioso, scalando l'impervia parete della mia anima, appare come faro scintillante nell'oscurità di una bieca notte dei sensi.
"Che forse tu abbia cambiato idea?"
In un volo sordo, terribile come il veloce precipitare giù dai grattacieli newyorchesi di disperati suicida d'ultima generazione, ogni bella utopia di cambiamento di rotta, si infrange rovinosamente ai piedi del mio stomaco.
I tuoi occhi non mentono: No che hai cambiato idea.
In un istante esteso oltre i confini del tempo, che istante non è più, ti volti con circospetta tristezza constatando l'ineluttabile fine.
La traiettoria del tuo sguardo, che un tempo era leggera come dolce carezza d'amante, ora tangibile, come violento raggio solare che si scaglia su un oggetto inanimato eliminandone i contorni, si posa dentro i miei occhi eliminandone l'ombra. Ci guardi dentro quasi stessi scavandoli via con le unghie. Con la bocca ricolma di rancore sputi via l'ultimo pezzetto d'umanità che ti avevi relegato infondo alla gola. Tutto l'universo intorno a noi così si ferma bruscamente, ho quasi le vertigini, ogni elemento universale risente di questo piccolo estratto di attimo impercettibile che ha scosso l'equilibrio terreno: tu non ci vedi più nulla lì dentro; dentro quelle pupille talvolta capocchie di spillo, talvolta tavola di pittore; dentro quei portali di mondi estesi, rimpingui di fantasiose bellezze; dentro queste dimore di anni ed anni di lacrime o risate, di rabbia o accondiscendenza, di pietà o freddo realismo distaccato e crudele.
Non ci vedi più nulla ora.
Qui dentro.
Dentro questi occhi che son forse pieni più di prima.
Sono ancor più ricolmi di lacrime che non sanno più dove andare a mettere; son pieni di risate che i tuoi occhi non hanno condiviso; di ira non sfogata per i tuoi occhi non trovati quando i miei occhi li cercavano; pieni di pazienza, infinita accondiscendenza, per quella sazietà di vederti felice anche senza il piacere di esserti accanto, così da lontano, come si guarda un bel panorama; dentro questi silenziosi protettori di pietà per il mondo, ma freni sempre tesi del freddo realismo crudele che con distacco si agguanta alle pochezze della vita proiettandomele così come sono, senza pindarici voli di fantasia per mettere ghirlande e stelle di carta a vecchie porte scardinate che beltà non ne hanno più.
Il tuo sguardo si corruccia.
"Non può essere"
Schiudi le labbra.
Rimani esterrefatta da questa constatazione: non vuoi credere, ma non puoi non farlo.
Non riesci ad ammettere quella constatazione del nulla che hai visto lì dentro.
Una certezza, che desidereresti con tutta te stessa fosse macchiata dall'ombra del dubbio, comincia dall'apnea di quell'enorme cuore a nuotare con forza verso la superficie della tua mente: solita eterna battaglia alla frontiera della pazienza.
Hai ancora qualche istante per lasciare che converta la sua natura inequivocabile, ma non lo fai ché ormai è tutto inutile; non ci stai, ché ormai hai le valige fatte sul pianerottolo della mia vita; non ne hai le forze, ché devi averle sprecate tutte a convincerti di star facendo la cosa giusta.
E in un chiasso infinito di urla tra mente e cuore, la tua anima rivela un'orribile sentenza:
"Non sei più quella che eri".
7 Luglio 2010
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