TUTTI AL MARE!
Troppo romantico, quel tempo!
E noi ci difendevamo col cinismo
Emeraldo Diaz
Alle nove di mattina la gente cominciava ad affluire ai bagni Cornucopia di Borghetto Santo Spirito. Ad essere sinceri alcuni bagnanti mattinieri si erano già visti alle sette, sette e un quarto, ma l’orario favorito dalla moltitudine dei villeggianti era quello: non troppo presto ché siamo in ferie, oh basta là, e neanche troppo tardi ché sennò poi il sole comincia a picchiare e lo sai che fa male… La mattina era limpida, fresca e tiepida al tempo stesso, come sanno essere le giornate di inizio estate sulla riviera ligure.
Alfonso Carpentieri scese in strada alle nove precise, dopo essersi svegliato alle otto e mezza (tempo doccia-cafferino, e via in spiaggia), quindi dopo dieci ore abbondanti di sonno.
- Mi fossi trasformato in una merda molle quando ho deciso di passare le vacanze in questo posto di pensionati con nipoti a seguito! - Ogni mattina Alfonso scendeva in strada maledicendosi in modo pittoresco, dopo avere sputato il grumo che gli saliva in gola alla fine della prima lucky-senza della giornata. E come dargli torto? Si era fatto allettare dall’annuncio letto su LA STAMPA alla fine di aprile: affittasi mese di giugno monolocale riviera ligure vista mare £. 550. 000, una miseria se paragonata a quello che aveva trovato vagando, afflitto, per le agenzie di viaggio della sua città, nel tentativo di dare un significato alle tre settimane di ferie che poteva, doveva, prendersi in quella sciagurata estate 1996. In primavera, infatti, Alfonso era rimasto desolatamente single: Dora, la sua Doretta, se ne era volata via, rondine al contrario, con un tipo evidentemente di non troppe pretese: già, diciamocelo… Dora non era proprio un’aspirante al titolo di Miss Italia, neanche a quello di Miss Piemonte… né Miss Torino o addirittura Miss Barriera di Casale, e nemmeno Miss Piazza Coriolano… beh, ad essere impietosamente sinceri Dora era proprio una cozza, nera e abbondante di pelo, con le spalle spioventi e due tettine insignificanti ma potente di fianchi e di coscia, e con caviglie e polpacci da centromediano. Sul viso sorvoleremmo, non avendo molto a che vedere con i tratti somatici tipici delle femmine della razza umana. E poi aveva un carattere davvero odioso, ombrosa e imbronciata a scaricare costantemente un nervosismo spesso ingiustificato proprio sulle persone che dividevano la vita con lei (nella fattispecie Alfonso, quindi). È chiaro che la migrazione di Doretta non aveva, di per sé, gettato il ragazzo nello sconforto, se non fosse che ormai si era piacevolmente abituato ad accompagnarsi ad una fidanzata. Ora avrebbe dovuto cercare un’altra morosa, cosa che implicava il fatto di essere, naturalmente, piacevole (almeno per la prima occhiata sembra che questa sia una caratteristica di non trascurabile importanza). Purtroppo Alfonso non era neanche da lontano esteticamente passabile, con un bel paio di orecchie elefantiache e un naso che gli dava un profilo da apriscatole, spalle e torace più stretti della media e con un ventre esagerato sia per i suoi ventisette anni che per il suo metro e settantaquattro per settantadue chili. I ciuffetti biondastri sulla zucca davano un’impressione triste di solitudine e di fatalistica rassegnazione al loro destino di razza in via d’estinzione. Di carattere mite e sottomesso per natura, ultimamente era stato influenzato dall’asprezza della sua ex-compagna, e il suo umore peggiorava di giorno in giorno nell’inedia della sua estate ligure. Si sentiva disperatamente solo, e forse rimpiangeva persino la compagnia di Dora. Di fatto, Alfonso si era trovato a passare le sue povere vacanze nel periodo e nel posto sbagliati, senza amici, ché a giugno non potevano andare in ferie, e senza la possibilità di rimorchiare le fatalone teutoniche, di cui si favoleggiava al bar, per la totale assenza delle medesime… e dire che a lui sarebbe piaciuto anche provare ad abbordare una femmina locale… anche bruttina… magari non giovanissima…
Purtroppo le possibilità di svago in quel posto e in quel preciso contesto storico si limitavano alle passeggiate nel budello dopo la pizza in un locale non molto frequentato e ad una balera che programmava rigorosamente folk romagnolo, insomma musica per danzatori over ’60.
Passeggia lungo il viale, con le mani rintanate nelle tasche dei Docker’s blu avio, il Grande Parsifal. È infastidito dalle prime sferzate gelide di quell’autunno del 1995, un autunno che lo costringe ad essere triste, con i suoi colori degni di un topo morto da due giorni.
Gli faceva tenerezza la bella Ildikò quando gli raccontava dei colori caldi e avvolgenti dell’autunno sul lago Balaton. Tenerezza e molta invidia, soprattutto in questo momento che lo vede costretto a vivere l’autunno nella pianura Padana, che invece è tinto solo da fredde e prosaiche sfumature di grigio: grigio-cielo-nuvoloso-tendente-pioggia, oppure grigio-asfalto-bagnato-che-si-asciugherà-in-primavera, oppure grigio-polvere-da-sparo…
A dire il vero questa ulteriore nuance è entrata piuttosto recentemente nella personalissima, malinconica, collezione cromatica del Grande Parsifal, che si è accorto dell’assoluta somiglianza del colore della cordite con quello del suo uggioso autunno solo da pochi mesi. Da quando ha smesso di studiare ed ha dovuto imparare a sparare, insomma. E ad avere paura. Prima o poi sarebbe toccato anche a lui di dovere piantare una palla nello sguardo di qualcuno, e questa paura ha un colore assolutamente grigio, come tutto il resto…
- Cioè… perché c’è il mare bisogna assolutamente ballare il liscio, cazzo! - inveiva silenziosamente Alfonso ogni volta che passava davanti al Nettuno, la sola sala da ballo presente in paese e quindi l’unico luogo adatto per abbordare femmine, almeno secondo il ragazzo, che non aveva una grande esperienza in quel campo. Ma non gli sembrava molto probabile incontrare bellezze disposte all’avventura in un dancing così fuori moda.
- Quelle vanno dove d’è musica unz-unz”, mica dove balli zum-pa-pa! ?" pensò Alfonso, con indisposizione crescente verso quel posto di mare.
In compenso quello stesso posto gli stava regalando intere giornate di ozio al sole, offrendogli quel bel colorito bruno tipico di 12-ore-di-spiaggia-12 su ventiquattro, che certo avrebbe impressionato gli amici al suo ritorno, specie quelli che si vantavano costantemente dell’abbronzatura da terrazzino.
Uhm… veramente sarebbero stati impressionati nel caso non avessero considerato che il colore era impresso sulla pelle di Alfonso grazie ad una vacanza a giugno, a Borghetto Santo Spirito. E questo, ammetteva tra se il ragazzo in un’impareggiabile altalena di umore, era piuttosto improbabile.
Mancano pochi giorni a Natale, e anche nella piccola, freddissima ed egoista città dove si muove il Grande Parsifal sembra che la noia massacrante dei mesi gelidi stia lasciando spazio ad un’euforia nuova. Una volta ancora le strade saranno illuminate con infiniti colori e i negozi invasi dalle orde fameliche dei forzati del regalo. O è meglio dire dell’acquisto costoso?
A questo pensa il Grande, mentre esamina con cura la vetrina dell’orefice, in cerca di qualcosa che possa far sorridere la sua bella Ildikò e che, possibilmente, la impressioni molto. Così magari riuscirà a giustificare anche a se stesso quello che, tra meno di ventiquattro ore, sarà chiamato a compiere. Infatti se la sua missione dovesse servire almeno a procurargli i soldi per fare un regalo fantastico alla sua piccola fata, allora forse riuscirebbe a giustificare sia la laurea che ha smesso di inseguire che i mesi passati ad addestrarsi. E probabilmente riuscirebbe anche a scordare che, in fondo, il “cattivo” non è il suo obiettivo ma davvero un pessimo elemento è l’individuo per cui lavora… che però lo paga bene per quel lavoretto che in fondo implicherà al Grande solo una temporanea ipoacusia, accidenti! Non si ricorderà mai, il grande, di mettersi i tappi nelle orecchie prima di esplodere il colpo!
Comunque entro domani il corpo del “Professore”, la sua vittima, galleggerà da qualche parte con il cranio sfondato dal proiettile sparato dal revolver che gli ha procurato il suo datore di lavoro. E lui potrà tornare, con il denaro sufficiente a finire gli acquisti, nella piccola, innocua, città egoista.
Alfonso, sceso sul lido con il suo splendido costume olimpionico aderente in fibra (che avrebbe fatto una bella figura se indossato su un fisico atletico), si fermò a pochi passi dall’acqua. Una scena strana aveva catturato la sua attenzione: una ragazza - molto giovane… e piuttosto carina, valutò Alfonso?" se ne stava sdraiata sulla pancia vicino all’acqua.
- Devo assolutamente tampinarla, e quando mi capita più un’occasione del genere? ?" Con questo pensiero reagì la parte audace di Alfonso, mentre quella timida e schiva, che avrebbe preso il sopravvento, cercava giustificazioni per un’onorevole ritirata.
A pochi passi stava leggendo la pagina dei necrologi Gelindo Dego, che improvvisamente gettò la copia del Secolo XIX ai suoi piedi, come se scottasse, sentendo la sabbia scricchiolare tra le pagine piegate in fretta. Il nipotino lo chiamava a gran voce, piangendo poco distante:
- Nonno, nonno! Mi ha punto, mi fa male… nonno! - Il vecchio, per quello che gli consentivano i suoi 79 anni, raggiunse di corsa il bimbo, che se ne stava in acqua fino alle caviglie con la sua ciambella salvagente comunque assicurata alla vita. Il labbro inferiore e il muco del naso del piccolo Alessandro Dego scivolavano impietosi verso il suo avambraccio destro, che il bambino osservava afflitto sostenendolo con la mano sinistra. Una goccia di sangue stava stillando in un rivolo rosso scuro verso l’incavo del gomito.
- Cos’è stato, Ale, un insetto?
Al nonno, maresciallo dei carabinieri in pensione, non sfuggì la natura dello strano insetto che aveva fatto piangere il nipotino: sul pietrisco della spiaggia che lentamente diventava mare, galleggiava un lungo, ellittico, elastico arancione a cui era legata la parte metallica di una molletta da bucato. Gelindo Dego raccolse il reperto, prese in braccio il nipote e risalì la spiaggia, apprestandosi ad attraversare l’Aurelia in cerca di un posto per medicare il bambino.
È proprio un poveraccio, la nuova vittima del Grande Parsifal, un insulso bottegaio di mezza età che sta vivendo gli ultimi istanti che gli restano gettando coriandoli dietro ai carri mascherati, invece che passarli a letto con sua moglie, o ad ubriacarsi piuttosto! Chissà perché il suo referente gli ha affidato un obiettivo del genere? Sicuramente ci saranno dei buoni motivi, e poi al Grande non devono interessare le ragioni per cui uccide: meno sa, meglio è, lezione numero uno.
Perciò, mentre il “poveraccio” si gratta la fronte proprio dove c’è il punto rosso del mirino laser, il Grande si limita a premere il grilletto, levando con quel gesto dalla sua mente il pensiero fastidioso.
E spazzando via anche dalla testa del suo bersaglio tutti i pensieri che avrebbero potuto affollarla.
Per sempre.
Al pronto soccorso Gelindo Dego spiegò alla guardia medica dell’incidente occorso al nipote:
- Vede, dottore, ho raccolto questo in acqua?" disse?" e credo che qualche bamboccio deficiente si stia divertendo a far del male ai bagnanti. Sono convinto che il taglio sul braccio di Ale sia proprio dovuto a questo gancio arrugginito… la facciamo l’antitetanica, vero? -
- Certo, certo… mi lasci finire di disinfettare suo nipote, prima… e vada a denunciare il fatto al posto di polizia qui in ospedale… guardi, è proprio la porta di fianco… sporgerà denuncia, no? -
- Può giurarci, dottore!
- Guardi, agente, è successo adesso, ai bagni Cornucopia … sarà passata mezz’ora… - seduto di fronte al poliziotto di guardia al pronto soccorso, Gelindo Dego cercava di spiegare il suo pensiero combattendo la necessità che sentiva impellente di tornare a vedere il nipote.
- Adesso chiamo via radio i colleghi che stanno di pattuglia sulla spiaggia, signore, e facciamo dare una controllata… pronto, Cardelli? Mandate qualcuno a vedere se ai bagni Cornucopia gira un balordo che sta sparando elastici ai bagnanti, va… E non fare lo spiritoso, c’è un bambino in ospedale!
Se non fosse per l’umidità costante, che senti nelle ossa anche a maggio inoltrato, la primavera non sarebbe una stagione da eliminare dai ricordi nemmeno se vissuta in una città insignificante come quella in cui si è costretto a vivere il Grande Parsifal. Ma proprio perché è insignificante, quel posto è anche estremamente comodo come rifugio, dopo che si è portata a termine una missione.
Sono quasi sei mesi che lui fa la spola tra i luoghi dove deve espletare il suo lavoro e quella piccola città, che oramai ravvisa come un riparo più che una prigione… come “casa”. Chissà se fra altri sei mesi?" non di più si è concesso il Grande, che capisce benissimo che la sua professione non può concedergli una carriera molto lunga?" la bellissima Ildikò vorrà accettarla come dimora per il loro futuro insieme?
- Non sarebbe una pessima idea - pensa il Grande.
No, non sarebbe per nulla una cattiva idea ritirarsi e fare famiglia nella città più banale del mondo, magari comprarsi una bella edicola e crescere due o tre marmocchi, biondi come Ildikò, e coccolarli fino a sfinirsi, dimenticando così tutto il sangue che ha dovuto spargere in giro… del resto è quel sangue che gli pagherà l’edicola, e quindi un presumibilmente quieto futuro per se, Ildi e per quei bambini biondi.
Ne parlerà alla sua futura sposa, appena portata a termine la prossima missione.
- Ma cosa sta facendo quella lì? - Il pensiero rasoiò improvviso scuotendo l’abulia di Alfonso. Per dirla tutta il ragazzo, dandosi dell’idiota perché non riusciva ad immaginare nessuna scusa accettabile per avvicinare la fanciulla, si era perso nella contemplazione dei di lei superbi glutei, fasciati dalla tela rossa dei jeans tagliati all’inguine, prima di accorgersi che quella giovane donna, fornita delle curve sufficienti per fare ululare al cielo qualsiasi maschio eterosessuale, non si stava abbronzando la schiena ma si era messa a pancia in giù sul pietrisco della spiaggia con tutt’altro proposito. Effettivamente se ne stava lì, su quel simulacro di battigia, nascosta tra un’impalcatura dello stabilimento balneare e il relitto di una barchetta rovesciata, impugnando un bastone come se fosse un fucile. Alfonso era riuscito ad inquadrarla perché stava facendo un giro diverso da quello effettuato dagli altri clienti dello stabilimento balneare mentre si avvicinava alla riva, un tortuoso zigzagare dietro le impalcature dei bagni per non farsi vedere dal gestore, considerando che non aveva nessuna voglia di sborsare alcunché per la solita, noiosa, giornata di mare.
Il bastone impugnato dalla ragazza possedeva un meccanismo fatto di mollette da bucato ed elastici tirati, e serviva per sparare, non c’era dubbio! Alfonso riconobbe in un attimo l’arma, avendone costruite decine nella sua infanzia di prode cacciatore di lucertole, quando, poco meno che adolescente, si divertiva un mondo a fabbricare, con gli altri ragazzetti del quartiere, quelle armi povere, messe insieme con ritagli di camere d’aria della sua bicicletta da cross, pinzette da bucato abilmente trafugate dai cestoni delle mamme e un bastone di legno che teneva insieme il tutto. Quelle specie di balestre in miniatura dovevano servire alla caccia dei milioni di piccoli sauri che infestavano l’infanzia di Alfonso, anche se nella realtà si limitavano semplicemente a disturbarne il sonnacchioso oziare al sole.
Ora una ragazza stava infastidendo i clienti della spiaggia con la stessa arma? Evidentemente sì! Ad Alfonso venne immediatamente la tentazione di andare a complimentarsi con quella giovane bellezza per l’originalissimo metodo che aveva trovato per ingannare la noia, e venne trattenuto solo dal timore di fare la meschina figura del “tacchinatore” di bassa lega, quello che le prova proprio tutte pur di attaccare discorso con una femmina, persino andarle a parlare mentre lei spara elastici sui bagnanti! Suvvia!
Però le si avvicinò scordando immediatamente i suoi pudori quando si accorse dei due poliziotti che stavano scendendo la scalinate che dava sulla spiaggia.
- Merda! S’è fatta beccare! Deve aver sparato su qualcuno che l’ha denunciata! - Il pensiero balenò in un attimo nella testa di Alfonso, che si andò a buttare di fianco a quel superbo prodotto dell’adolescenza femminile, dimenticando la sua riservatezza codarda, e sussurrandole con aria da cospiratore:
- Ehi, tipa, devi averla fatta grossa… mi sa che quelli cercano te. -
La ragazza sussultò per l’improvvisa apparizione, ma si accorse anche dei due agenti che stavano scendendo, piuttosto lentamente, sulla spiaggia. Allora scaraventò la sua arma sotto la barca in secca che aveva di fianco e si gettò sopra Alfonso, abbracciandolo stretto ed incollandogli le labbra alla bocca. I due poliziotti si accorsero della coppia che si scambiava effusioni, e passando loro accanto uno intimò, piuttosto severamente:
- Giovani! Siamo in un luogo pubblico, andate a casa vostra a sbaciucchiarvi! ?"
La bellissima si tirò subito in piedi, strattonò verso di se Alfonso prendendogli una mano, e rispose all’uomo:
- Certo signore, ci scusi, andiamo via subito… vieni, Mario…
Essere chiamato “Mario” non stupì molto Alfonso, che rimase invece interdetto per la risolutezza mostrata da quella che gli appariva sempre meno una giovinetta, anche se la voce che era uscita da quella bocca meravigliosa aveva proprio un suono dolce e piuttosto acuto, una voce da bambina.
Il Grande Parsifal ha appena ricevuto gli ordini dal referente, che gli comunica il nome della sua prossima vittima e il luogo dove dovrà compiere la missione. Perciò sta andando, in macchina, verso il borgo sulla costa ligure dove si trova il bersaglio. Deve portare a termine il suo compito prima che finisca il mese di giugno, così gli è stato richiesto.
L’autostrada che scende verso il mare è quasi deserta nei giorni infrasettimanali, prima che cominci l’esodo estivo; quindi, non essendo costretto a porre troppa attenzione alla guida, il Grande Parsifal può permettersi di cercare la cassetta musicale che deve fargli compagnia durante il viaggio, visto che la radio lo annoia. Ha scelto un nastro di rock magiaro, che attacca con un brano dei Crystal: “Két utazò”. Ricorda bene quando ascoltava sempre con Ildikò quel nastro, che lei si era portata da casa, appena conosciuti, a Dublino. Ildi all’epoca era una delle prime studentesse dell’Est europeo che avessero avuto il privilegio andare a specializzarsi presso un’università che non fosse quella di in Paese socialista, e Pars già abbondantemente fuori corso, era lì cercando una direzione precisa per i suoi studi. Non la trovò… ma incontrò Ildi! Uno a uno!
- Andiamo da me, tipa. Qui, se gli sbirri trovano la tua balestra, sono cazzi per te! ?" Scoprendosi inaspettatamente un animo decisionista, Alfonso tenne saldamente la mano della ragazza, che appena al di fuori dalla vista dei due poliziotti aveva timidamente cercato di svoltare un angolo, sganciandosi da quello che era stato il suo fidanzato per un breve momento. Lasciandosi trascinare senza opporre una grande resistenza, la “bellezza balneare” (come Alfonso pregustava già di definirla agli amici, raccontando le sue prodezze) puntualizzò, vagamente indispettita:
- Non mi chiamo “tipa”, carino! Io sono Carolina… non chiamarmi più tipa, ok?
- Va bene, Carolina… io invece sono Alfonso, ma se vuoi continuare a chiamarmi “carino” fa’ pure… mica mi offendo io!
- Maresciallo Dego, le avevamo raccomandato di non esporsi, cazzarola, almeno fino al processo…
- Ha ragione, commissario ma mi ero solo recato alla spiaggia con il mio nipotino per una mezz’ora… e poi sono convinto che l’incidente non c’entri con la mia deposizione. Secondo me è stato qualche imbecille troppo spiritoso, e si è trattato di una stupida coincidenza se hanno sparato su di me, anzi, sul mio povero Ale.
- Mi dispiace contraddirla, maresciallo. Rispetto il suo intuito che l’ha portata a servire l’Arma fino a vent’anni fa in modo eccellente, ma non possiamo rischiare pericolose distrazioni, ora che siamo quasi al traguardo. La farò sorvegliare costantemente dai miei uomini.
Gelindo Dego aveva percepito immediatamente l’ironia a buon mercato del funzionario di polizia che aveva davanti ma voleva mantenere la conversazione cordiale, così si sforzò per non alterarsi.
- D’accordo, commissario, non mi farò più vedere in giro, se lo ritiene utile, ma la prego di non farmi scortare dai suoi agenti. Sono sicuro che Ale si spaventerebbe vedendosi sempre circondato da uomini armati e in divisa… e, se devo dirla tutta, anche a me metterebbe un certo imbarazzo.
- Beh, avevamo pensato che una sceneggiata da guerriglia urbana potesse impressionare eventuali malintenzionati, e farli desistere dall’agire delittuosamente nei confronti della sua persona o del suoi familiari… giusto per arrivare tranquilli al processo.
Gelindo Dego, sentendo quel cumulo di parole da poliziotto “modello radiodramma”, perse definitivamente la pazienza, e rivolgendosi al funzionario con la voce resa stridula dalla rabbia gli gridò:
- Commissario, voglio continuare a vivere! Le ripeto che starò più attento, ma ordini ai suoi uomini di non essere troppo zelanti, la prego! Quella bravata dell’elastico è stato lo scherzo infantile di qualche idiota annoiato, si fidi, per dio!
- Noi siamo sempre convinti che la bravata dell’elastico, come lei si ostina a chiamare quello che io invece definirei “attentato”, fosse un avvertimento per lei. Comunque non si preoccupi, saremo discreti. Lo prometto, cazzarola!
Il piccolo borgo dove deve portare a termine il suo compito ricorda al Grande un altro piccolo paese di mare… molto più a sud, però. È stato il luogo in cui ha portato a termine l’ultimo incarico, dieci giorni prima.
- Una vittima illustre, questa qui?" aveva, allora, pensato il Grande Parsifal dopo che il referente gli comunicò il nome del suo obiettivo. Non poté, né volle, sapere altro. Solo il nome del bersaglio, i tempi e il luogo dove portare a termine l’incarico. Ma quel nome non era sconosciuto al Grande; una volta aveva anche scritto su una rivista ticinese un articolo nel quale tesseva le lodi della sindacalista siciliana che avrebbe dovuto sopprimere. Erano tempi di passioni diverse quelli in cui faceva il giornalista militante, e si era persino invaghito della bella signora mora che urlava parole di fuoco. Soprattutto si era invaghito di quegli occhi neri che lanciavano fiamme.
Nella borgata siciliana pensò a quelle sue emozioni giovanili con un sorriso: - Che scemo! Per fortuna che l’anno dopo ho conosciuto Ildi!
Sì, dopo aveva conosciuto Ildi, il referente, e una dozzina di cadaveri, ma al momento, nel paesello ligure, non pensava a nulla del genere con malinconia.
- Vedi, Carolina, il paese è pieno di poliziotti che girano… devono avere proprio scoperto qualcosa. Non è meglio se saliamo da me e proviamo a riflettere su cosa fare?
Alfonso non aveva avuto un eccesso di audacia nell’invitare ancora la bellissima nella sua stanza. Semplicemente era molto impressionato dal viavai di agenti in tenuta anti-sommossa che avevano invaso gli stretti vicoli di quello che una volta sembrava un borgo sonnacchioso.
- Madonna, ma io volevo solo fare qualcosa che mi evitasse di passare l’estate annoiandomi, mica volevo dare il via a una specie di insurrezione! Del resto ho solo fatto cose piuttosto innocue, come sparare elastici o… nascondere le trappole per topi sotto la sabbia!
- Cosa hai fatto, tu?
- Dai, andiamo su che ti racconto: mi vengono i brividi a vedere tutti questi poliziotti per strada. E se mi sparano?
- Vaccatroia?" mormora fra se il Grande Parsifal?" ma che ci fanno tutti questi sbirri in giro in un paesello innocuo? È la prima volta che mi capita una cosa del genere… Non mi sembra di avere fatto qualcosa per insospettirli, cazzaccio. Adesso dovrò starmene buono almeno finché non si calmano un po’ le acque… Eh no, non posso… ho meno di una settimana per completare la missione, e poi martedì prossimo ho l’aereo per Budapest! Devo portare a termine il compito, incassare il compenso e restituire anche la macchina… ma faccio in tempo, oh se faccio in tempo! Sono o non sono il Grande Parsifal?
Alfonso, insieme a Carolina, salì i tre scalini che portavano dall’atrio del condominio, dove aveva passato finora fin troppo tranquillamente le sue vacanze, all’ascensore. La piccola Carolina si appoggiò al corrimano per fare i gradini. Alfonso si accorse così che zoppicava leggermente, cosa di cui non si era assolutamente avveduto mentre camminavano per strada, forse perché, per rendere realistica la finzione dei due fidanzatini, la ragazza gli era stata allacciata con un braccio ai fianchi per tutto il tempo. E pensò come un piccolo handicap fisico la rendesse, se possibile, ancora più affascinante. E come era attraente mentre alzava, con uno sbuffo, la frangia dei capelli, lisci, scuri e lunghissimi! Dentro l’ascensore Alfonso combatté una durissima battaglia. Alla fine ebbe la meglio la sua paura di fare una figura meschina sull’impulso costante che lo spingeva almeno ad accarezzare quelle spalle giovani e abbronzate, se non addirittura a spalmare le sue labbra contro quelle della ragazza, nel ricordo dell’emozionante momento in cui - beninteso solo per confondere gli sbirri, ammetteva a se stesso - Carolina lo aveva baciato. Entrati in casa i due ragazzi si sedettero, l‘una di fronte all’altro, nella zona che fungeva da soggiorno in quel minuscolo monolocale.
- Vedi, Alfonso, sono qui in vacanza a Borghetto con i miei nonni, e mi sto massacrando di sbadigli, questo posto lo trovo di una noia mortale. Cercavo solo di movimentare un po’ la situazione… tutto qui…
- Tesoro, guarda che anch’io mi sto facendo due palle così, ma non mi è venuto in mente di mettermi a sparare sulla gente o… cos’era quella storia delle trappole per topi?
- Ma niente… una sciocchezza che ho combinato la settimana scorsa sulla spiaggia…
- Un’ALTRA sciocchezza?" puntualizzò Alfonso, con quel tono di voce cinicamente ironico che odiava lui stesso ma che non riusciva proprio ad evitare.
- Hai uno spirito che fa proprio cagare, lo sai? Comunque, hai presente quella striscia di sabbia fine proprio vicino al molo dei bagni? Bene, avevo nascosto lì sotto una mezza dozzina di quelle piccole tagliole, che mio nonno usa in campagna per i topi, e speravo che qualcuno ci finisse con i piedi sopra. Sai che ridere?
- Proprio da pisciarsi addosso?" la faccia di Alfonso era terribilmente seria. Poi si alzò per stapparsi una birra, e prese un bicchiere anche per Carolina. Quindi la ragazza continuò:
- Comunque il bagnino deve avermi sgamata, o si è accorto del pietrisco smosso, perché poi non è successo niente… hanno ripulito la spiaggia ma non ho visto poliziotti in giro, o tutto il casino che è successo ora.
- Probabilmente adesso si sono rotti le palle di questi scherzi, no? Ora tengono d’occhio tutto il paese… quanto tempo stai ancora qui tu, prima di tornare a casa?
- Dopodomani torno a Milano per iscrivermi all’Uni?" e, con un tono che tornò leggero, quasi spensierato, dopo la gravità che aveva contraddistinto le ultime frasi, la ragazza continuò:
- Sai, quest’anno ho dato la matura, 60/60 al Classico, non sono una bomba?
“Sì, una bomba in tutti i sensi, e tra due giorni mi lasci solo, cazzo”. Questo fu il pensiero che guizzò nel cervello di Alfonso, mentre dalla sua bocca uscivano altre parole:
- Senti, non lo so, dobbiamo pensare a qualcosa, qualcosa di furbo da fare prima che tu vada via, altrimenti si potrebbe pensare “ma guarda, quella ragazza torna a casa proprio adesso che la pula setaccia il paese. Non sarà lei il vandalo che cerchiamo?”
- Dobbiamo? Vuoi dire che mi aiuteresti a risolvere questo guaio? Perché?
Alfonso cercò di dare una risposta affascinante, poi non trovò niente di meglio che spiattellare la sua verità alla ragazza:
- Ma perché sei bellissima!
- Sa cosa facciamo, maresciallo? Possiamo fingere di credere alla pista del balordo “spiritoso”, così lasciamo i miei uomini in paese ma se c’è qualcuno che vuole attentare alla sua vita magari si sente più sicuro, commette un errore e noi lo becchiamo, cazzarola. Che ne dice?
Gelindo Dego, che aveva alzato il telefono con fastidio quando la figlia gli aveva detto che il commissario voleva parlare con lui, aveva un’espressione decisamente più sollevata quando appese il ricevitore.
- Non credo che sia più il caso che torni in città con Ale, Marina?" disse rivolto alla figlia?" forse la polizia ha trovato il modo per farci continuare a stare al mare in pace.
Alzatosi per prendere un’altra birra dal frigorifero, Alfonso accese distrattamente la piccola radio che teneva in bilico sul lavello della sua cucina lillipuziana. La frequenza era sintonizzata su un’emittente locale, che stava trasmettendo un notiziario:
- “Ancora senza esito le ricerche dello squilibrato che a Borghetto Santo Spirito sta terrorizzando i turisti con scherzi piuttosto macabri. Pare che, dopo avere nascosto sotto la sabbia della spiaggia di uno stabilimento balneare delle tagliole, ora si diverta a sparare elastici appesantiti da ferri arrugginiti contro i bagnanti. A questo punto la polizia sembra convinta del nesso tra i due fatti.”
- Hai sentito Carolina? Hanno collegato tutto. Non puoi andartene via dopodomani
se non troviamo prima qualcosa per sviare i sospetti.
- Oh, parli proprio come mio padre in tribunale… te l’avevo detto che mio padre fa l’avvocato? - L’aria di Carolina era tornata svagata, mentre sorseggiava la seconda birra, immemore della confessione che tanto era costata ad Alfonso: “ perché sei bellissima”. Indispettito, e anche un po’ frustrato, il ragazzo continuò:
- Un avvocato? Bene, potrebbe servirti se non troviamo una soluzione.
- E che soluzione proporrebbe il mio Poirot? ?" domandò lei, caustica.
La stazione ferroviaria di Loano era molto vicina all’appartamento preso in affitto da Alfonso, e i due ragazzi ci arrivarono relativamente tranquilli. Infatti non trovarono più per le strade tutti i poliziotti che le affollavano fino a poco prima.
- Tu aspettami qui fuori. È meglio se ricordano un uomo da solo, quando avviseranno che si è fatto vivo “lo squilibrato”.
- Ma sai che sei adorabile, Alfonso? Ti preoccupi sempre prima di me che di te?" e così dicendo Carolina avvicinò il suo viso a quello del ragazzo, offrendogli le labbra. Offerta che fu colta al volo da Alfonso, che ne approfittò anche per fare guizzare la sua lingua tra i denti della sua giovanissima amica, che sorrise per l’audacia.
C’era molta gente in coda alla biglietteria, e il nostro eroico Carpentieri ebbe tutto il tempo per avere un terrore sacro delle divise che, comunque, si aggiravano in stazione. Quando fu il suo turno acquistò un tagliando di viaggio per La Spezia e si premunì di lasciare cadere, vicino alla biglietteria, una delle trappole per topi avanzate a Carolina dopo la sua prima bravata, e che la ragazza aveva custodito in un anfratto tra due scogli non lontano dalla spiaggia dei bagni Cornucopia. Quindi uscì dalla stazione, tremando di paura, ma sul momento non seppe spiegarsi se fosse per il panico che gli procurava la vista delle divise, o se fossero brividi provocati dall’ansia che gli stava chiudendo la gola, visto che non vedeva più Carolina, lì fuori. Fino a quando non la scorse che lo attendeva dietro un angolo, con la schiena appoggiata ad un cartello stradale. E allora, sentendosi sollevato, optò con sicurezza per la seconda opzione.
- Cazzo, Carolina, non ti vedevo più. Credevo che te ne fossi andata lasciandomi qui da solo come un pidocchio!
- Sono una ragazza annoiata, non una bastarda! Com’è andata?
- Tutto bene, mi sembra, Ora dobbiamo solo aspettare e sperare che il mio piano funzioni. Dai, torniamo da me.
Le previsioni di Alfonso si rivelarono corrette oltre ogni aspettativa: pochi minuti dopo venne rinvenuta la piccola tagliola dallo stesso impiegato che aveva fatto il biglietto al ragazzo, che ci mise poco a riconoscerla come uno degli aggeggi lasciati dal vandalo di cui tanto si parlava in paese. Denunciò il fatto all'istante ad uno degli agenti che sorvegliavano la stazione ferroviaria, che senza indugio fece rapporto all’ispettore Bassini, che subito dopo lo comunicò al suo diretto superiore:
- Commissario, il “vandalo” deve essersi spostato verso la Riviera di Levante, mi sa che il vecchio Dego aveva ragione…
- Sì, lo credo anch’io, Bassini. Ora do l’ordine a tutti di spostarsi verso est, così anche Dego si gode un po’ di vacanza, prima di venire a Genova in tribunale per la testimonianza. Ma ripetimi un po’: cosa ti ha detto l’agente che comanda i ragazzi che hai mandato in stazione?
Il Grande Parsifal non riesce a spiegarsi come mai tutta la polizia che affollava il paese fino a poco prima sia sparita. Lui non ascolta la radio locale, altrimenti ne conoscerebbe la ragione. Comunque il motivo di tutto ciò ha poca importanza. Quello che conta è che ora può fare il suo lavoro, che deve essere portato a termine nel modo più discreto possibile. Sì, questa volta la missione del Grande deve sembrare un incidente, una triste fatalità, questi sono gli ordini. Mentre finora nessuno, e tanto meno il referente, si era mai preoccupato che gli incarichi di Parsifal venissero classificati come omicidi dalle forze dell’ordine, e giudicati brutali delitti dalla stampa e dall’opinione pubblica.
Che poi sono certamente delitti, ma tutto fuorché brutali, anzi, la maggior parte delle volte il Grande Parsifal li porta a termine con un certo buon gusto, ed esteticamente sono operazioni piuttosto accettabili.
No, non si considera un artista, ma nemmeno un essere brutale, accidenti
- Sai cosa penso, Carolina? Che forse hai fatto l’amore con me solo per gratitudine, e che in realtà non ci credi a tutte le parole dolci che mi hai detto. Magari pensi che io sia un cesso…
Carolina sorrise per la frase sciocca pronunciata dal ragazzo che, si capiva benissimo, voleva essere adulato.
- Oh, Alfo, non penso che tu sia un “cesso”… magari un coglione sì, ma non un cesso… e secondo me sei anche un coglione piuttosto carino.
- Piccola, ma come fai a vedermi “carino”? Nessuna ragazza mi vede carino, hai dei gusti originali, tu?" disse quindi Alfonso, con le labbra inarcate verso l’alto che non ne volevano sapere di tornare in posizione neutra e orizzontale.
- Non lo so, Alfonso… cosa vuoi che ti dica? Per esempio alle mie amiche fanno schifo i ragni e io li adoro, loro odiano i film dell’orrore e a me piacciono un casino… - rispose Carolina con un tono piuttosto pungente.
- Vaffanculo! ?" obbiettò Alfonso sorridendo, avendo ben compreso di essere stato inevitabilmente preso di mira dal sarcasmo della ragazza.
- È che non riesco ancora a realizzare come una ragazza stupenda come te abbia scopato con me. Però adesso voglio fare anch’io qualcosa di indimenticabile pour vous, madame… che ne dici di fermarti a dormire qui, questa notte, e domattina ne riparliamo, eh?
- Non dire sciocchezze, Alfo. Te l’ho già spiegato: posso tornare all’ora che voglio, ma i nonni si aspettano almeno che dorma nel mio letto!
Poi, dopo qualche secondo di silenzio, Carolina riprese:
- Anzi, pensandoci bene forse una cosa ancora per me la puoi fare: potresti aiutarmi a recuperare la mia balestra, mi piacerebbe tanto portarla a Milano, sarà il mio particolare souvenir di questa estate stravagante.
Il Grande Parsifal non può perdere tempo. Non può permettersi che l’obiettivo veda il sole il mattino seguente. Ha deciso di mettersi alle costole del suo bersaglio, dopo la frugale cena che ha consumato?" pane e bologna… manca lo squaquerone, cazzo! - e vede il vecchio che passeggia sulla scogliera vicino al molo. Quindi, se la sua morte deve apparire un incidente, quale occasione migliore potrebbe presentarsi al suo killer, al Grande, di spingere il vecchio giù nel dirupo: un bel volo nel vuoto a spiaccicarsi sugli scogli? Le rocce non formano uno strapiombo molto alto, solo una dozzina di metri, ma è un baratro comunque sufficiente a portare a termine la missione, finalmente.
La P38 non servirà questa volta, per cui la lascia nella stanza d’albergo che sta occupando. Anzi, toglie i proiettili dal tamburo, per non avere tentazioni strane, e se la assicura attorno all’ascella, che fa tanto b-movie, pensa con un sorriso.
Da lontano Il Grande si accorge della nota stonata nella sua sinfonia omicida: il suo bersaglio sta tenendo per mano un bambino, e i due stanno ridendo, mentre passeggiano spavaldi sulle punte rocciose degli scogli.
- Accidenti - pensa il Grande Parsifal - non posso lasciarmi un testimone alle spalle, altrimenti mi salta tutto il piano.
Certo che avere anche un bimbo sulla coscienza, oltre al vegliardo, non farà piacere a Parsifal Tomasi, mentre al Grande non fa nessun effetto.
Carolina ed Alfonso si mossero verso la spiaggia che erano quasi le ventitré. Approfittarono dei trenta secondi che venivano loro concessi (tanto era il tempo che l’ascensore impiegava per discendere i cinque piani del condominio) per assaporarsi vicendevolmente le labbra, con una certa foga adolescenziale. E se quella foga era perfettamente comprensibile in Carolina, che adolescente era, in Alfonso era giustificabile solo dal fatto che la ragazza, effettivamente, era “bellissima”, come le aveva già confessato.
Arrivati sulla spiaggia, incontrarono solo pochi turisti, che passeggiavano sul lungo mare tutti regolarmente muniti del gelato d’ordinanza. Non si vedevano agenti di polizia lì vicino, e allora stringendosi forte la mano, i due ragazzi scesero dalla strada verso il lido. Appena vista la piccola scialuppa rovesciata sulla sabbia, sotto la quale aveva nascosto la sua balestra, Carolina vi si gettò sotto per recuperare l’arma. Rispuntò pochi secondi dopo con un sorriso che le tagliava la faccia in due, e soprattutto con l’arma fra le mani.
Alfonso non tentò nemmeno di abbozzare un abbraccio: era notevolmente disturbato dal pensiero di trovarsi in giro con quel bastone di cinquanta centimetri, che qualcuno avrebbe potuto facilmente collegare alle imprese dello “squilibrato”. I ragazzi decisero perciò di tornare a casa subito, facendo il giro lungo e passando dalla scogliera, ed evitare così il budello.
Ma sembrava proprio che la stagione turistica fosse definitivamente giunta anche a Borghetto: infatti i due, avvicinandosi agli scogli, scorsero alcune figure.
- Cazzo, non c’è mai nessuno qui e adesso si svegliano tutti? ?" mormorò Alfonso. ?" Mettiti qui dietro. ?" ordinò a Carolina, spingendola a nascondersi insieme a lui a ridosso di una roccia.
Sottratti alla vista degli altri frequentatori della scogliera, Carolina e Alfonso si misero a valutare la situazione, attendendo il momento giusto per dileguarsi senza essere notati.
Ma… c’era qualcosa di strano nelle persone che, temporaneamente, stavano popolando la stessa porzione di pietre insieme alla giovane coppia.
Spiando appostati come due partigiani, videro che si trattava di tre individui. Il primo, il più imponente, stava trascinando il secondo, evidentemente privo di sensi, per le braccia, reggendolo da una sola parte. La terza figura, che il primo uomo teneva saldamente con la mano libera, si rivelò essere un bambino, che singhiozzava atterrito mentre veniva trascinato via.
Il primo uomo, che evidentemente teneva le redini del singolare terzetto, portò tutti sull’orlo della scogliera, e, distintamente udito dai ragazzi, urlò al bambino:
- Smettila di far casino! Risparmia il fiato per quando sarai sotto l’acqua, che adesso non ti serve, né a te né a tuo nonno!
- Oh, finalmente ci siamo! Aspettami, Ildi, che arrivo! Spingo un attimo questi due di sotto e?" tac?" ho finito anche per stavolta!
Si accorge, il Grande Parsifal, che il modo con il quale ha formulato il pensiero lo porta inesorabilmente a vestire i panni dell’assassino “brutale”, che tanto detesta. Ma l’eccitazione che lo invade al pensiero che tra poco volerà verso la sua Ildikò, non lascia molto spazio per sentimenti di coerenza formale! Sono quasi sei mesi che non la vede, da Natale, quando le ha dato quel bellissimo anello e si sono promessi di tutto.
- Ma cosa succede? Vuole buttare giù un bambino, quello? ?" Alfonso venne scosso dal pensiero orribile, vedendo la figura che da una parte trascinava un corpo inerte e dall’altra spingeva un bimbo verso il precipizio. Non gli passò per la testa nessun altro pensiero, il tutto avvenne automaticamente: impugnò la balestra strappandola dalle mani di Carolina. Incoccò uno degli elastici recuperati assieme all’arma e puntò deciso la mira verso la mano che imprigionava il polso della piccola vittima. La “freccia”, appesantita da un ferro rugginoso come da copione, saettò sicura verso il dorso di quella mano assassina. La mira di Alfonso era rimasta quella dell’adolescenza, per sua fortuna!
Il colpo arrivò preciso, e l’uomo cattivo dovette lasciare la sua presa, mollando a terra anche la persona priva di sensi che si stava trascinando dietro per tenersi la mano dolorante.
Il bambino, improvvisamente libero, istintivamente corse verso la figura che si accasciava a terra, gridando:
?" Nonno, nonno!
L’altro uomo, sebbene dolorante, si voltò subito per riacciuffare la preda. Ma non fece in tempo, perché Alfonso, sbucato dal masso dietro al quale se ne stava nascosto, gli si parò davanti, cercando di interporsi fra lui e il bambino. Però all’uomo, ben più prestante, bastò un semplice ceffone per stenderlo a terra. Il ragazzo allora fece per rialzarsi, ma davanti agli occhi si trovò la canna di un revolver.
- Bene?" disse l’uomo?" vorrà dire che sarete in tre a saltare e a fracassarvi la testa sugli scogli.
Carolina era rimasta nascosta dietro un cespuglio, e si ritrovava proprio alle spalle di quell’uomo. Cercò affannosamente una pietra, senza uscire dal suo nascondiglio. Trovato un sasso facile da maneggiare ma di un peso sufficiente per essere utile a ciò che aveva in mente, la ragazza saltò fuori dal suo nascondiglio con uno scatto, e andò a colpire forte la nuca dell’uomo che stava minacciando Alfonso. La pietra impattò contro le vertebre cervicali dell’uomo con tutta la violenza che la disperazione era riuscita a dare alla ragazza. Del sangue schizzò ad imbrattare il bel viso di Carolina. L’uomo crollò a terra.
Alfonso si rialzò e andò ad abbracciare la sua piccola salvatrice. Ansimando le disse:
- Cazzo, Carolina, sei stata troppo tosta! Troppo tosta…
Anche la ragazza respirava affannosamente, preda dell’emozione. Ma riprese immediatamente il contegno e la freddezza che si imponeva ad una futura donna avvocato, e sbrigativamente rispose:
- E abbiamo anche liberato ‘sti due poveracci?" Evidentemente le smancerie la imbarazzavano!
?" Adesso lega questo gigante, che se si risveglia ci fa a fettine. Tieni: avevo rubato questa corda sotto la barca dove avevo nascosto la balestra… volevo decorare le pareti della mia camera con dei ricordi di viaggio ma credo che ci sarà più utile in un altro modo, no? ?" e così dicendo Carolina porse ad Alfonso una robusta cima, prendendola dallo zainetto che aveva con se.
- Certo, amore mio… intanto tu chiama la pula, dai! C’è una cabina proprio qui, sulla strada?" concluse il ragazzo, che al contrario non era per nulla disturbato dalle svenevolezze.
La giovane percorse in fretta il breve tragitto che la divideva dal marciapiede dove vide il posto telefonico. Compose in fretta il 113. Dopo poco avere avvertito la polizia tornò sugli scogli e si accostò al vecchio svenuto. Dopo avere rianimato l’anziano signore e preso per mano il bimbo che continuava a gridare “nonno”, Carolina si avvicinò ad Alfonso che, finito di legare le mani dell’uomo che poco prima aveva cercato di ucciderli tutti, stava frugando tra i suoi documenti.
- Si chiama Parsifal Tomasi, è svizzero… bestiale, è il primo svizzero pericoloso che incontro.
- Beh, pericoloso fino a un certo punto… guarda, Alfo, la rivoltella che aveva con se è scarica?" precisò Carolina, esaminando l’arma di Parsifal Tomasi
- Dai, Cheuolaina mia, molla tutto, Senti le sirene, stanno arrivando i nostri, vuoi per caso farti beccare mentre “inquini le prove”? ?" concluse Alfonso, riponendo il porta documenti nella giacca di Parsifal.
Un’autoambulanza, dove vennero caricati subito il vecchio e suo nipote, e l’auto della polizia arrivarono contemporaneamente. Da quest’ultima scesero subito due agenti in divisa ed un uomo in borghese, che disse:
- Bravissimi, ragazzi, sembra che abbiate fatto un buon lavoro. Ma cosa è successo, cazzarola?
- Questo tipo stava per buttare di sotto il bimbo e il vecchio… noi ci eravamo imboscati qui - disse Alfonso dando un’occhiata a Carolina che, sicuramente, avrebbe compreso come non fosse molto opportuno raccontare alla polizia il vero motivo per cui loro erano sulla scogliera.
- Beh, adesso lo chiediamo a lui, allora… - disse il poliziotto, volgendo gli occhi verso Parsifal che intanto si stava svegliando.
- Mi sa che è finita, amore mio! ?" è questo il pensiero, rivolto alla sua Ildi, che passa nella testa del Grande, che riaprendo gli occhi si vede circondato da uomini in uniforme. La scena è illuminata dai lampeggianti blu delle auto delle forze dell’ordine. Tre persone, due in divisa ed uno in borghese, gli si stanno avvicinando.
Con un guizzo prodigioso, da ginnasta olimpico, il Grande Parsifal balza in piedi, le mani intrecciate dietro alla schiena, ma dritto sulle gambe; i tre uomini gli corrono incontro per fermarlo. E lui salta. Salta giù nello strapiombo che secondo il suo piano, sfumato, avrebbe dovuto accogliere il suo obiettivo. Salta.
?" Addio, amore mio.
Il suo corpo si sfracella sugli scogli.
In auto, sulla tangenziale di Milano, Alfonso e Carolina ascoltavano un nastro di Neil Young.
“Hey hey my my/rock’n’roll can never die”
- Ma cosa canta questo qui? Non è che questa nenia sappia molto di rock… che palle! Hai qualcosa di un po’ più violento qui? Ti prego, Alfo…
- Cazzo, Carolina, hai la sensibilità di un serial killer… dai, che tra poco rivedi i tuoi genitori! Cerca di addolcirti un po’, altrimenti quando mi presenti cosa dici? Mamma, papà, lui è Alfonso, il mio compagno di scorribande che è venuto a riportarmi a casa, dopo un paio di giorni di full immersion in sangue, sesso e carnazza?
- Si, vabbè, prendimi sempre per il culo, carino… Oh, ma lo vedi quell’aereo come vola basso? Sarà appena partito da Linate, magari. Chissà dove va?
Il volo AZ666 Milano-Budapest aveva rinviato di qualche minuto il decollo. Secondo le riserve tutti i posti risultavano prenotati, e non era arrivata nessuna disdetta. Però un cittadino svizzero non si era presentato all’imbarco, perdendo così l’aereo che aveva aspettato gli eventuali ritardatari per i canonici cinque minuti
Il posto in prima classe riservato al signor Tomasi era rimasto vuoto.
La bella ragazza ha i capelli di un colore accecante, talmente sono chiari. Aspetta qualcuno all’uscita del gate 18, dove comincia a scorgere i primi passeggeri scesi dal volo appena arrivato da Milano.
Aspetterà invano, però, all’aeroporto di Budapest.
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