La mamma, fiorendo bellissima nella sua maturità, affrontava da sola la morte dei nonni, i miei successi scolastici, la vita movimentata ma tranquilla dell'albergo, i miei primi amori finiti e inutilmente cercava di allontanare da me quel fantasma... il fantasma dell'abbandono. Io crescevo ed aspettavo che, anche se vecchio, il mio papà smettesse di costruire e tentasse con umiltà di fermarsi con noi. La notizia della sua morte accidentale ci unì ancora di più. La base di uno dei pilastri di quei ponti da lui amati era crollato ed egli era lì, con lo sguardo rivolto al cielo, a quel cielo che aveva sempre cercato di raggiungere, sollevando da terra i suoi ponti. E fu in quella terra amata che fu sepolto con gli onori degni di un capo tribù. Lentamente la bellezza sfiorì dal volto della mamma, il sorriso scomparve dai suoi occhi, dalle sue labbra... cominciò a rifiutare le allegre compagnie di gitanti che la domenica fluivano nei viali del nostro albergo e sedeva su quel terrazzo, dove tante volte si era stretta a Guido... sedeva Chiara, in solitudine, fissando lo scorrere delle stagioni su quella immutabile campagna... ed anche lei non si sottrasse al suo destino:si sporse lentamente dalla balaustra di pietra e si lasciò cadere tra i suoi amati fiori... i suoi occhi fissarono per l'ultima volta il cielo... si era riunita a Guido...