Seduta sul mio letto, ingoia in tutta fretta il calmante che da tempo aiutava le mie notti ad essere tranquille, guardando alternativamente lo specchio ed il telefono che di lì a poco prese a suonare. Non risposi! E ad ogni squillo mi ripetevo:-Brava Gaia, devi essere forte, non cedere. Lui, come tuo padre, ti abbandonerà-la notte passò nel dormiveglia:una parte di me si complimentava, l'altra chiedeva, inutilmente, di lasciarsi amare... il telefono squillò spesso! il sole salì lentamente all'orizzonte, illuminando con i suoi raggi il Gange in cui trovavano ristoro, pienezza, pace migliaia di indù che nelle sue acque si bagnavano. Se il sole sorgeva lo faceva anche per me... la vita riprendeva a scorrere sulle acque e per le strade... lentamente grasse vacche camminavano per la strada mentre mani scheletritesi tendevano verso lo straniero che, nella sua bontà , lasciava qualche rupia... che destino era mai quello!!! Sollevai gli occhi verso le montagne e risuonò nella mia mente la musica dolorosa e soave di grande mantra... rifletteva il dolore, la gioia, la vita, l'amore di questa vita... vita dalla quale avrei voluto fuggire. Respirai lentamente e l'anima del fiume entrò in me... avete mai respirato l'aria di un fiume o di un lago? È un'aria profondamente triste che può raccontarti di boschi, di rocce, di profondità calme e senza moto... una vibrazione sottile che riporta a galla la nudità della nostra nascita e la culla. Ma lo squillo del telefono mi scosse e... risposi:-Buon giorno! Questa notte non abbiamo riposato, ti raggiungo e facciamo colazione insieme-non ebbi la forza di dirgli di no e accondiscesi. La sua voce era scesa come limpida acqua di fiume sulla mia anima, nel mio cuore ed u sottile senso di piacere pervase il mio corpo che mai, come in quel momento, mi spingeva a non rinunciare, a quell'uomo.