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Mazzacane - cap. I
Montepiano. Un giovedì di metà maggio, anno 1990, ore tredici e trenta circa.
Antonio Capuana, per tutti Nino, si appresta a chiudere la biblioteca che occupa un vasto ambiente del piano terradi un edificio che ospita ai piani superiori la scuola elementare e materna. Adiacente la biblioteca vi è la palestra ginnica con annessi spogliatoio, magazzino e vano caldaia.
Nino, in compagnia dell'anziano bidello Gibbì, ha appena chiuso la porta della biblioteca e si dirige verso l'uscita generale quando un improvviso lampo, immediatamente seguito dal fragore di un tuono li fa sobbalzare. Pochi istanti dopo scatta l'interruttore della corrente elettrica mentre la pioggia inizia a cadere scrosciante. Gibbì, con l'eterna cicca incollata ad un angolo della bocca, alzando lo sguardo al cielo impreca.
"Ecco, ci risiamo! Puntuale come un orologio svizzero. Che gli costa al Padreterno di mandarla giù mezz'ora dopo? No, deve costringerci ad aspettare che passa!
"Dai, non te la prendere tanto Gibbì, dura al massimo mezz'ora" minimizza Nino.
"Bravo! Chè a te lo Stato te lo paga lo straordinario di mezz'ora?"
"Hahaha, quando si tratta di soldi, per te..."
"Ehi Nino, ma non dobbiamo ridare la corrente prima di andarcene?"
"No, meglio di no, potrebbero esserci altre scariche. Nel pomeriggio torno qui e la ridò" afferma Nino mentre Gibbì lo scruta con finto stupore.
"Perché nel pomeriggio tu torni qui? Ecco perché non ti sei ancora sposato, hehehe!"
"Gibbì, quando la smetterai di sfottere?" risponde Nino con un'occhiataccia.
"Eh, povera Italia! Come si può andare avanti così? Con tanto ben di Dio che si perde per strada, ah mani mie, mani mie! Maledetta vecchiaia, maledetta..!"
"Dai smettila una buona volta. Sono stufo dei tuoi sfottò"
Una voce femminile, giungendo dal fondo del corridoio ai piedi della scalinata che porta ai locali superiori, interrompe i due. È Stefania, giovane maestra elementare, che chiama Nino mentre Gibbì accentua il suo ghigno ironico. Nino, impacciato, balbetta..
"Ciao Ste.. Stefania, ti.. ti.. serve qualcosa?" mentre con voce appena udibile Gibbì mormora:
"Nino, Nino, lo so io cosa cerca quella lì. E tu cosa aspetti a dargliela prima che Manfredi te la soffia da sotto il naso?" Nino finge di non udire e si concentra sulla ragazza che si avvicina mostrando un libro tra le mani.
"Nino, scusa, solo il tempo di consegnarti questo"
"No, nessun disturbo, e poi non c'è alcuna fretta"
"Si invece, mi devo assentare per alcuni giorni e non mi piace lasciare le cose in sospeso"
Gibbì, intromettendosi, in tono molto educato le chiede perché e dove.
"Sì, vado a Roma per il concorso elementare"
"E ci va solo lei? Dal paese dico.."
"No, siamo in quattro, io Desanto, Filippini e Manfredi"
"Ah, viene pure Manfredi!" esclama senza alcuna intonazione particolare Gibbì, fissando solo intensaemte Nino il quale scopre improvvisamente di avere la gola secca. Il nome di Manfredi gli ha fatto scattare un moto di gelosia. Gibbì, intuendo lo stato d'animo di Nino corre in suo aiuto e, togliendogli il libro dalle mani, dice:
"Dai a me Nino, ci penso io a metterlo a posto, tu puoi anche andartene. Ah, signorina Stefania, glie lo darebbe un passaggio a Nino, quanto a me non preoccupatevi, viene mia nipote a prendermi"
I due giovani si allontanano con l'auto di lei e durante il tragitto Nino scopre un insolito lato del carattere della donna. Stefania guida con sicurezza nevrotica che lo soggioga al punto che, scoraggiato, fa il paragone tra lui e l'aitante Manfredi. Giunti a destinazione, Stefania, quasi eccitata dice;
"Eccoci qua, se non ci fosse stato tutto quel traffico saremmo arrivati prima"
"Così comani parti?" le chiede lui.
"No, oggi pomeriggio, intendiamo arrivare a Roma prima che faccia notte"
"E quanti giorni starai via?"
"Il concorso si farà venerdi ma torniamo domenica. Sai, non capita tutti i giorni di andare a Roma e quindi sabato ne approfittiamo per folleggiare"
Soffocato dalla gelosia Nino non dice nulla e lei continua:
"Ehi, Nino, perché non ti prendi anche tu quattro giorni di ferie e vieni con noi?"
Pur lusingato Nino si defila.
"Grazie per l'invito ma non posso lasciare la mamma sola. Grazie lo stesso, comunque"
"Beh, noi lo stiamo dicendo a più d'un amico"
"Grazie lo stesso, anche per il passaggio e.. auguri"
"Grazie Nino, ci rivediamo lunedì mattina. Ciao"
Lasciata l'amica Nino entra in casa salutando la madre che lo aspettava vicino alla finestra.
"Ciao Mà, mi spiace per il ritardo, sai la pioggia..."
"Ciao, temevo che ti bagnassi, ti hanno dato un passaggio? Ero alla finestra e tiho visto arrivare in macchina, chi ti ha accompagnato?"
"Un'insegnante delle elementari. È Stefania mamma, la conosci"
"Si, la conosco, è una brava ragazza"
Durante il pranzo Nino ha modo di osservare come la madre si muove con lentezza, pesantezza e sofferenza. Pensa alle sue artrosi, inoltre lei mangia anche di malavoglia, con gli occhi bassi e lo sguardo fisso nel piatto e la mente rivolta chissà dove. Nino intuisce che qualcosa la turba. Infine, imrovvisamente lei gli dice:
"Prima, prima che tu arrivassi, ti hanno cercato per telefono"
"Sì, e chi era?"
"Da casa Rinaldi, era donna Rosaria"
"Chi?" chiede Nino con genuino stupore.
"Donna Rosaria, la sorella di don Antonio"
"La sorella di don Antonio? E che voleva?"
"Non lo so, ha detto che don Antonio ti vuole parlare. Vuole che tu vada da lui nel pomeriggio, alle tre"
Nino, è davvero sbalordito dalla notizia, tanto che ripete le parole della madre.
"Io devo andare da don Antonio alle tre di oggi!?"
"Sì, e non ha detto altro"
"Ma perché, don Antonio è qui in paese? Sapevo che lo avevano portato a Milano..."
"Dicono che l'hanno riportato a casa questa notte. Non possono fare più niente per lui. Si dice in giro che ha i giorni contati"
"E vuole parlare con me in punto di morte??" Lei non risponde, scrolla le spalle e sta per alzarsi quando ci ripensa e risiede. Poi, con molta circospezione gli chiede
"Tu è da molto che non parli con don Antonio?"
"Chi io? Si e no ci avrò parlato una paio di volte in tutto, quand'era sindaco e per motivi di lavoro"
"Chissà che vorrà da te!" quindi, in silenzio, sparecchia la tavola e prepara il caffè. Anche Nino è agitato, continuia a chiedersi cosa mai voglia da lui don Antonio Rinaldi, e in punta di morte per giunta. Dopo sparecchiato lei gli dice
"Devi metterti il vestito buono, voglio che tu faccia una buona figura"
"Mamma, non devo andare a un ricevimento. Già mi imbarazza dover andarci, figurati se incravattato poi! No, non se ne parla nemmeno"
Camminando a testa bassa e con le pulsazioni che aumentano ad ogni passo Nino non ga alcun caso alle persone che incontra per strada. Ad ogni modo la noncuranza è reciproca. Perciò ha un sobbalzo quando, contemporaneamente ad una pacca sulle spalle, sente la voce irriverente di Gibbì.
"Ehi Nino, che hai perso?" Nino, a disagio, risponde evasivamente.
"Cosa? Oh, no, nulla ero solo distratto"
"Non starai andando a ridarla, vero?"
"A ridare cosa?"
"Ma la corrente, no? Ehi Nino, sveglia!" Nino, imbarazzato al massimo, fa una piccola ammissione dicendo
"Gibbì, per favore, vacci tu.. io non posso farlo.. ecco ti do la chiave"
"Nino, la chiave ce l'ho anch'io, sono il bidello, no? Ma tu dove stai andando, in piazza a salutare Stefania?"
"Come? Ah sì, certo!"
"Uhm, e perché vai da quella parte allora?"
"Perché partono dalla piazza... l'hai detto anche tu"
"Sì, ma da quell'altra" ormai sconfitto Nino gli rivela la sua destinazione.
"Sto andando a casa Rinaldi. Questa mattina la sorella ha telefonato alla mamma dicendo che don Antonio vuole parlarmi, devo essere lì per le tre" Gibbì, di colpo serio, lo fissa intensamente.
"Mazzacane vuole parlare con te? Perché riesce ancora a parlare? Ho saputo che il cancro non lo fa nemmeno respirare. Cosa vuole da te?"
"Non lo so, è stata una sorpresa anche per me. Non sapevo nemmeno che l'avessero riportato in paese"
"Vuoi che ti accompagni" gli chiede Gibbì apprensivo.
"No grazie, comunque domani ti racconto tutto. E poi, tu devi andare a dare la corrente!"
"Ma va là, l'ho ridata stamani prima di andarmene. Ma ora va, sono quasi le tre"
Nino s'incammina e quando si ritrova in prossimità della meta si lascia quasi prendere dal panico. Dirimpetto la casa, davanti un bar, stazionano tutti di notabili del paese. L'impulso di voltare le spalle viene debellato dall'inconscio timore riverenziale nei confronti del personaggio che lo attende. Accelera i passi e, notato il portone socchiuso, vi s'infila rapidamente.
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0 recensioni:
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- Ciao. Scusa la latitanza, di te avevo letto poco ultimamente. Questo incipit mi piace moltissimo, mi intriga soprattutto Gibbi quando nomina il Mazzacane. Leggo il seguito.
Anonimo il 14/04/2011 20:45
molto cassico questo racconto, quasi rassicurante. Sei riuscito a creare mola simpatia verso i tuoi personaggi, non vedo l'ora di leggere le parti successive!
Anonimo il 11/04/2011 11:09
certo che ne succedono di cose a Montepiano eh!!!!
sono molto curiosa di leggere il seguito!!!
Anonimo il 10/04/2011 14:46
Bello... sono interessato anch'io al seguito. Mi ricorda un altro tuo racconto, come stile. Anche in quello c'era di mezzo la politica ed il potere... e anche qui penso che questi argomenti siano il cuore del racconto. interessante anche la storia della maestrina... insomma, tu pubblica che noi leggiamo. ciaociao
- Non finisce mica qui, vero? Non a caso hai specificato I capitolo, lasciando intendere che la storia continui... Mi ha incuriosito. Ben scritto! e resto in attesa.
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