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Grazie di tutto
Ciao mamma, sono qui per raccontarti quello che mi è successo.
Tu lo sai che adoro i libri vecchi. I libri che sanno ancora di polvere e soffitta, pagine che portano le impronte di chi le ha sfogliate, impaziente di arrivare alla fine, gustando parola dopo parola.
Credo che i libri conservino parte dell'anima di chi li ha letti, parte delle emozioni di chi ha passato ore insieme a loro. Forse è per questo che mi affascinano.
Sabato scorso mi trovavo a casa tua, quella che è stata anche la mia casa per quasi vent'anni. In ginocchio sul pavimento in quello spazio che una volta era il salotto, stavo sigillando l'ultimo scatolone ricolmo di libri. Sollevandolo, ho capito subito che avevo sbagliato qualcosa e nel giro di pochi secondi mi sono ritrovata tra le mani solo due pezzi di cartone, mentre tutti i libri erano caduti per terra. È strano come in certi momenti la nostra mente riesca a cogliere particolari che non ci aspettiamo, in grado di lasciarci senza parole, nel bene e nel male. Guardando tutti quei volumi che giacevano disordinatamente a terra, la mia attenzione è stata subito catalizzata da uno in particolare, abbastanza vecchio da avere le pagine ingiallite e la copertina sbiadita. Non so perchè mi ha attirato più degli altri e senza nemmeno leggerne il titolo, l'ho afferrato. Non ho resistito e l'ho sfogliato subito. Tra le dita ho sentito una pagina più spessa delle altre, e aprendo con cautela ho notato che inserita in quel punto c'era una lettera scritta a mano, in bella calligrafia, di quella che si insegnava tempo fa. Con delicatezza l'ho staccata dalla pagina cui era ormai quasi incollata e ho cominciato a leggere.
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Scusa. Non posso parlare ad alta voce. Posso solo scrivere e le mie parole saranno un sussurro, leggére quanto la carezza dell'inchiostro sulla carta.
Riuscirai mai a sentirmi? Comunque sia, devo farlo. Figlia mia, ho deciso di scriverti qualcosa di me, del mio mondo, della mia anima. E di farti le mie scuse. Perchè io e te non ci conosceremo mai. Tu non esisti. Sei solo nei miei pensieri. Ma questo non vuol dire che tu non possa essere qui da qualche parte ad ascoltare, guardare, leggere.
È così difficile ESSERE. Faccio fatica a restare in equilibrio in questo mondo che ogni giorno diventa sempre più simile all'inferno. Vedi, è come camminare su una strada sottile quanto un filo di ragnatela: basta sbagliare di poco le misure e ti ritrovi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Ho paura di me stessa. Immersa nel bianco abbacinante di questa stanza, i miei unici compagni sono pensieri neri e deformi. Faccio fatica a essere normale. A vivere una vita comune.
Sai, quando mi sto per addormentare, mi domando se domani sarò ancora io o sarò un'altra me, magari proprio quella che non riesce a resistere ai mostri e ai fantasmi che ho dentro. E allora cosa potrei fare? se mani invisibili mi trascinassero giù in un pozzo senza fondo e io non riuscissi a fermarle? Cosa potrei fare se un giorno non fossi più capace di resistere? Se mi stancassi di essere forte? Io lo so che potrebbe capitare e non voglio... Ascolta: la senti? La mia anima. La quiete di uno specchio d'acqua, immobile, piatto.
Ma non è sempre così. Ci sono momenti in cui ricordi, paure e pensieri appuntiti come aghi mi trafiggono e allora fuggo, ma non arrivo mai da nessuna parte, come in un labirinto. Ecco, mi viene in mente una storia, una storia che ho sentito molto tempo fa. Una storia accaduta forse qui, forse in un altro mondo, lontano nel tempo e nello spazio. Parlava di una città-labirinto dove uomini e donne vivevano tutta la loro vita. Non gli era proibito lasciare il labirinto, solo che uscirne non era cosa da poco. Infatti le leggi cui sottostavano gli abitanti erano paradossali quanto immutabili, tra le quali la più importante diceva: Solo chi lascia il Labirinto può essere felice, ma soltanto chi è felice può uscirne. E le persone veramente felici sono molto rare, bambina mia. È con questo paradosso che mi trovo a fare i conti ogni singolo giorno della mia vita.
Ho già scelto il tuo nome, lo sai? Un nome bellissimo, che ha il suono del cielo infinito e il profumo di un sogno. Ma perdonami, ti prego. Non posso permettermi di renderti ancora più reale di quanto già non stia facendo. Perchè tu saresti la mia fine. Io non posso. Non so se tu, in un improbabile futuro, farai parte davvero della mia vita, o se resterai solo una mia fantasia. Quello che so è che finchè potrò decidere, io non ti cercherò. Quello che so è che ti amerò, anche se rimarrai un'ombra nel buio, fiato nella nebbia, unico pensiero sano in una mente folle.
Cosa ne farò ora di questa lettera? Potrei stracciarla o forse bruciarla. O magari la dimenticherò in un cassetto o tra le pagine di un libro. E un giorno la tirerò fuori e la farò leggere proprio a te, così, se lo vorrai, potrai aggiungere alla fine quelle parole che per ora posso solo sognare:
Ti perdono, mamma. Marta R.
>>
Marta R. R come Rambaldi, il nome della nonna, di tua mamma.
Tra le mani stringevo una lettera che aveva più di settant'anni, visto che parlava di te che ancora non eri nata. I ricordi di te e di lei hanno cominciato a sciogliersi e fondersi insieme, vi rivedevo insieme davanti ai miei occhi di bambina. E in quel momento ho pensato che avrei voluto davvero saperne di più. Giusto ora, che non è più possibile. Non potevo più chiederti quale vita avesse avuto la nonna, cosa l'avesse portata a diventare madre, e se lei stessa ti avesse mai letto questa lettera.
Ecco, questo è quello che è successo, mamma.
Ho deciso di raccontarti tutto, anche se tu non ci sei più, magari mi puoi ancora sentire. Ho deciso di cercare se c'è ancora qualcuno in vita in grado di spiegarmi qualcosa. Forse l'uomo che aveva sposato la nonna e che poi l'ha abbandonata è ancora vivo, o con più probabilità lo sono i suoi figli, se ne ha avuti altri. Ho voglia di saperne di più della mia famiglia, proprio ora che sono l'unica rimasta. Sento che lo devo fare, per te, per la nonna, per me, per mia figlia.
Spero che non sia troppo tardi per dirtelo, anche se sono davanti alla tua tomba: ti voglio bene mamma, e ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me. Mi manchi. Scusa, so che non ti è mai piaciuto vedermi piangere, ma queste lacrime proprio non riesco a trattenerle. Avevo ancora bisogno di te, ma forse conoscendo la storia della nonna, la tua storia, la nostra storia, riuscirò a stare meglio. Grazie mamma. Grazie di tutto.
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