C'è tutta un'agitazione di prima mattina, si legano i cani che scodinzolano felici, si sale in macchina per raggiungere il luogo di caccia prescelto. Arrivati sul posto si incomincia a salire lungo il viottolo che porta su in cima alla montagna. I cani, legati all'accoppio, nell'ansia di essere sciolti, tirano come dannati; di tanto in tanto emettono sommessi guaiti, tentano di svincolarsi dalla catena, anelano alla libertà.
Saliamo lentamente verso la cima, guazziamo nelle rade pozzanghere, calpestiamo foglie morte, qualche ramo caduto si spezza sotto il nostro peso. Saliamo sempre più in alto, respiriamo, con voluttà, la fresca aria profumata di resina e di mille altri odori, andiamo incontro alla rosata aurora; si annuncia una splendida giornata. Man mano che si sale il terreno diventa sempre più gelato, la brina crocchia sotto i pesanti scarponi. Incomincia ad albeggiare; si distinguono le prime sagome di alberi e di cavalli allo stato semibrado. La notte trascolora e la vita comincia a risvegliarsi; si odono, dal folto del bosco, i primi richiami.
Una cornacchia, dall'alto di un ramo, lancia il suo stridulo grido, un merlo emette il suo e vola da un ramo all'altro, felice del nuovo giorno. In breve tutto il bosco è un susseguirsi di voci diverse, di fluttuar d'ali, di voli appena accennati. Intanto siamo giunti in cima, c'è un'aria gelida ma inebriante; il sole comincia a tingere di rosa il cielo. Dalla vetta si gode un panorama splendido, siamo circondati dalla natura, da cime alte coperte da faggi secolari; qui è ancora tutto intatto; l'uomo raramente arriva fin qua sù.
Ci godiamo, estasiati, questo spettacolo di natura incontaminata. È un momento, l'abbaiare di Ringo ci riporta alla realtà: Ha inizio la battuta di caccia. Si scioglie il capomuta. Il cane, dopo qualche salto di gioia, scende lungo il fianco della montagna, cerca il luogo della pastura della lepre. Improvvisamente si sente un abbaio, è il segnale dell'avvenuto ritrovamento del luogo dove la lepre si è cibata durante la notte. Sleghiamo tutta la muta, si danno da fare tutti insieme a cercare il selvativo, si dimenano, si flagellano i fianchi con la coda, si odono di tanto in tanto dei latrati ora brevi ora prolungati, voci gravi, voci acute; sono nervosi, l'usta è molto debole per la brina e per il terreno ghiacciato. Lavorano alacremente, cercano tutte le strade che può aver percorso il selvatico nel ritirarsi. Ad un certo momento Ringo lascia la comitiva e si inoltra, col naso al vento, lungo un sentiero dirupato; dopo qualche attimo dà una voce, un'altra e un'altra ancora, poi più niente. Passano dei momenti lunghi come l'eternità: Improvvisamento un urlo acuto che rimbomba tra le montagne e si ripercuote lontanissimo, amplificato dall'eco. Gli altri cani lasciano la pastura e si accodano all'inseguimento. È un coro di voci, una canizza assordante. La lepre, poverina, corre a più non posso per salvare la pelle. percorrono sentieri impervi, scalano colli, ridiscendono, ora sono laggiù nella pianura. noi abbiamo occupate le possibili poste; la seguita comincia a salire verso la cima dove siamo in attesa; ad un tratto non si sente più niente, il frastuono di qualche momento prima sembra un sogno; hanno persa la passata; ci scappa qualche imprecazione mentre, sotto di noi, vediamo i cani all'affannosa ricerca di rintracciare la lepre. Sulla mia sinistra, fra gli alberi, intravedo qualcosa che si muove, guardo attentamente, è lei, la lepre, che ha seminato i cani e cerca di farla franca. Il cuore mi balza in gola; prendo la mira, sparo. La lepre fa un balzo di fianco e rotola lungo il pendio. Corro, ho tra le mani questa timida creatura: qualche attimo prima era piena di vita. Ora è là. per terra, immobile, con lo sguardo vitreo rivolto al cielo, quasi a chiedere, perchè tanta crudeltà? Qualcosa si incrina dentro di me, forse il rimorso per una vita spezzata.