Tentazioni sfiancanti e resistenza assente. Trovi difficile credere in te Hans? Piangi, gridi, sbatti, soltanto per sanguinare un poco. Il sangue scivola denso sulla tua fronte, ti sfiora il labbro nei gusti il sapore, sei in frenesia. Ti piace non facevi che pensarci e ora non basterà un vecchio specchio rotto e un taglio in testa per fermarti. Ti guardi intorno, osservi gli oggetti che di sicuro hanno vissuto la tua vita più di te, rimani fermo, catatonico, circondato dalle cianfrusaglie accumulate negli anni, conservate per poter ricordare, scatole su scatole accatastate per non dover dimenticare: foto, fogli, scarpe, tutto ti è tornato utile. Ormai è da sette giorni che bruci fogli, che colmi buste, da sette giorni hai realizzato che non avere ricordi è quasi come morire, e tu vuoi che accada. Suicidarsi sarebbe troppo facile: no tu vuoi il lento passaggio fra la vita e la morte. Dopo aver spaccato l'ultimo specchio, quello appeso alla parete di fronte alla porta d'ingresso, con ciò che rimane della tua faccia svieni. Quel fottuto specchio comprato da lei subito dopo aver acquistato quella stramaledetta casa, ciò che più rappresenta il tuo passato, ciò che più è presente nei tuoi ricordi. Ti risvegli, le ferite erano poco profonde, hai smesso di sanguinare troppo presto, affianco a te solo vetri in frantumi e, mentre li guardi, intravedi il tatuaggio sul tuo petto. Incominci a contare per non dover pensare; ma non serve ti torna alla mente il giorno in cui l'hai fatto. Sarah era li accanto a te e sorrideva, aveva un sorriso perfetto, era quello che ti aveva fatto innamorare. Il sorriso che presto scomparve dopo che scoprii di essere malata. Sarah aveva il cancro, non un banale cancro al seno, era il suo pancreas ad essere malato, non esiste nemmeno una percentuale di guarigione per quanto sia bassa. Nonostante tutto non si lascio morire anzi incominciò a leggere libri di scrittori dannati, ascoltare musica solo di artisti suicidi e dopo qualche settimana trovai scritto sulla parete della stanza da letto: "Dolore compensa dolore". Non conosco il motivo ma il suo sorriso ritornò, passammo i momenti più belli della nostra vita: nessun futuro da programmare, nessuna ambizione da perseguire, solo io e lei soli nel nostro idilliaco presente. Non durò a lungo. Un giorno la trovai in casa nuda ed in lacrime, la mattina era andata in clinica, era rimasta tre ore ad aspettare, per sentirsi dire da un dottore qualunque, uno di quelli che indossano sempre il camice bianco e che non parlano per più di quindici secondi con il paziente, da uno di quei fottutissimi cinici che scommette sulla vita o la morte del malato, si avvicinò col sorriso bianco, di quei sorrisi appena usciti da una pulizia dentale, che lei Sarah, non aveva il cancro, era sana e avrebbe vissuto a lungo.
Chi cazzo era quel figlio di puttana per dirle che non doveva più morire, che avrebbe ricevuto un grosso risarcimento con il quale avrebbe vissuto tutto la vita? "Bastardo, sei solo un lurido fottutissimo bastardo", continuava a urlargli in faccia, "io devo morire e devo soffrire, stronzo", gli disse mentre gli rifilava un pugno in faccia. Il giorno dopo la trovai morta sul nostro letto con un pugnale conficcato nello stomaco, i succhi gastrici erano fuoriusciti e dopo un ora era tutto finito: era morta e aveva sofferto.