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La capriola
Zimlo correva a più non posso.
Correva con le lacrime che grondando dai suoi occhi andavano a bagnare un asfalto che rimaneva alle sue spalle.
Correva per fuggire. Ma non si fugge. Non si fugge mai correndo. La fuga si compie camminando lentamente, a testa alta. Fuggire di corsa con lo sguardo sui piedi non risolve i problemi, piuttosto li ingigantisce. Glielo aveva spiegato anche il Dottor Quiete, e più di una volta a dire il vero. Le cose vanno affrontate con calma e sangue freddo, nulla è impossibile e a tutto c'è una soluzione. Volta le spalle ad un problema e ti pugnalerà. Volta le spalle ad un problema e comincia a correre e finirai in un baratro senza fine. Questo e mille altre belle frasi soleva ripetergli il caro Dottor Quiete, ma l'adorato medico dopo il lavoro poteva sempre tornare a casa e fottere la sua bella mogliettina come e quanto meglio credeva, Zimlo no. Lui era quel che noi comuni mortali chiamiamo impotente. Uomo affetto da disfunzione erettile. Soggetto di sesso maschile incapace di raggiungere e/o mantenere un'erezione sufficiente a condurre un rapporto soddisfacente.
Aveva fatto tutti i test del caso, erettometria notturna, ecografia prostato vescicolare trans rettale, ecolordoppler dei testicoli, potenziali evocati sacrali, test alla papaverina e infine l'Scl test. Il risultato, per nulla tranquillizzante, era che il suo corpo e suoi vasi sanguigni non avevano nessun problema, ma che il suo blocco psicologico era così grave che nemmeno stimolazioni esterne fossero capaci di indurre l'erezione. Tadalafil, sildenafil, verdenafil, apomorfina e creme di ogni genere, nulla. Aveva provato anche quelle maledette iniezioni che dovrebbero rianimare anche il pene di una mummia. Il risultato? Nulla. Un cazzo di niente. Ma il dottor Quiete aveva sempre il suo beato sorriso stampato in faccia mentre gli spiegava di non preoccuparsi, di non vedere le cose più gravi di quelle che in realtà sono, mentre gli illustrava come qualsiasi problema psicologico possa essere risolto con il solo aiuto della vecchia e sana buona volontà.
E intanto, eccola qui la buona volontà. La buona volontà di correre e scappare dall'ennesimo fallimento. Dagli occhi di una donna che ti guardano impietositi, dalla sua bocca che ti dice che non devi preoccuparti, che capita a tutti. E dal suo cervello che ti compatisce. Dalla sua vagina ancora bagnata che si chiude in vista della tua incapacità di potenza.
Zimlo arrivò correndo fino al parco sotto casa, non voleva incontrare i vicini mentre si trovava in quelle condizioni, così si sedette a fumare una sigaretta e rimuginare sull'accaduto.
Laura era solo l'ennesima vittima delle sue disfunzioni. L'ennesima delusione cui aveva dovuto far fronte. Nient'altro che una delle tante n che si protrarranno all'infinito in questa sua vita da fallito. La sottile differenza rispetto a tutte le altre donne e ragazze incontrate lungo la strada era che questa volta, per la prima volta, lui si fidava della sua partner. Si fidava di lei e si fidava di se stesso. Pensava che ce l'avrebbe fatta, per il semplice fatto che lei era diversa dalle altre, che lei avrebbe capito, e di conseguenza il suo corpo avrebbe reagito in conformità con il suo desiderio e la sua mente. Ma alla prima difficoltà, non appena lei ebbe infilato la mano nei suoi pantaloni costatando la mollezza delle sue parti intime, ecco che sulla faccia della ragazza era apparsa la solita espressione. Quel misto di pena e delusione che potrebbe uccidere il più forte degli uomini di questo fottuto pianeta. Quella faccia rammaricata, così rammaricata che forse sfigurerebbe anche di fronte all'intero popolo del terzo mondo intento a strisciare per terra colto dai crampi della fame, figuriamoci di fronte a un semplice pene flaccido.
Un pene flaccido che Zimlo si portava dietro da una vita. Ancorato al corpo come una zavorra che ci impedisce di saltare di gioia. Un semplice budello che fuoriesce da quello splendore che è la macchina del corpo umano solo per evidenziare che la perfezione non esiste. Un pezzo di carne senza senso. Che obbligava la mente a fermarsi mentre stava volando. Che obbligava il corpo a muoversi secondo schemi innaturali. Che obbligava l'amore a urlare di rabbia e rancore.
Era così da sempre. Il problema non si era presentato per la prima volta con le donne. Non era ansia da prestazione la sua. Nessun meccanismo così finemente crudele. No, molto più semplice. Il suo pene non funzionava. Da bambino non aveva polluzioni notturne. Nella pubertà non poteva masturbarsi. Da adolescente niente bravate da ragazzini. E ora niente sesso. Niente relazioni d'amore. Niente dignità. Niente potenza.
È terribile non poter esprimere quello che sei per colpa di uno stupido cazzo moscio. La cosa più tremenda è che tu non ne hai il controllo. Non è come prendere la scelta sbagliata e poi pentirsene. Come un'azione idiota che facciamo per istinto. È qualcosa che tu non puoi comandare ma che blocca la tua persona. Blocca il linguaggio del tuo corpo e di conseguenza quello della tua mente. Come puoi abbracciare una donna con la paura che lei abbia l'ardire di infilarti una mano nei pantaloni. Come puoi baciarla sapendo che quell'atto non andrà oltre il semplice scambio di saliva. Come puoi parlarle d'amore, giustificarti, quando la sua faccia impietosita ti guarda dall'alto in basso quasi tu avessi la peggiore delle malattie. Non solo. Ti guarda come se tu fossi colpevole di quella malattia. Come se solo volendolo tu potessi superarla con un gran bel balzo da uomo virile.
Zimlo spense la sigaretta sotto la suola come ad archiviare l'ennesima delusione d'amore. Quella Laura che era certo potesse dare una svolta alla sua tragica vita sentimentale. Si diresse verso casa a testa bassa, spaventato dal poter incontrare altri sguardi accusatori.
In ascensore incontrò la figlia della Signora Kupò. Una bella ragazza, decisamente. Pensò come sarebbe stata nuda, senza tutti quegli stupidi vestiti addosso. Pensò come sarebbe stato violentarla lì nell'ascensore. Come sarebbe stato scoparsela fra un piano e l'altro del palazzo, fra le sue urla miste di dolore e piacere. Non riuscì a immaginare niente se non un corpo nudo che urla. Scopare era un verbo che non viveva nel suo immaginario. Non riusciva a immaginare il suo pene turgido tanto quanto non poteva concepire il suo braccio quadrato.
A casa si sedette sulla sponda del letto. Poi si alzò. Si versò un bicchiere di brandy e si sedette di nuovo nello stesso punto. Accese un'altra sigaretta e cominciò a porsi domande senza risposta.
Che senso aveva vivere così.
L'uomo è nato per scopare. Amare. Procreare. Creare.
Lui non poteva farlo.
Gli istinti dell'uomo sono quelli che lo portano ad elevarsi sopra le altre specie animali.
Si sviluppa l'ingegno per conquistare una donna. S'idea la teoria dei quanti per conquistare una donna. Si muove guerra contro un altro paese per conquistare una donna. Si conquista il mondo per regalarlo a una donna. Si guadagnano soldi, si compra una bella casa, si scrivono libri o canzoni, per avere qualcosa da offrire alla propria donna. L'accoppiamento è il fine ultimo di tutte le razze animali e l'uomo non fa eccezione. Se non nel fatto che il suo sviluppo dipenda dalla necessità e dalla difficoltà nel conquistare l'altro sesso della propria specie.
Siamo diventati la razza dominante solo con l'obiettivo di poter conseguire in santa pace il nostro istinto primordiale. Il sesso. L'amore. La penetrazione.
Zimlo nemmeno poteva masturbarsi. Nemmeno poteva lontanamente sapere come fosse un orgasmo.
Non aveva alcun senso vivere. Questo concluse.
Cominciò ad immaginare la morte. Il buio eterno. Il nulla. La non vita. L'inconcepibile nozione della non vita. Non poteva immaginare altro che tenebra eterna perché la nostra mente non sa spingersi oltre, ma gli sembrava ben più allettante di questa vita priva di emozioni che si stava trascinando dietro. Anche andare al bagno o allacciarsi le scarpe diventa un'azione tremenda quando non si ha un obiettivo.
Fu mentre chiudeva gli occhi assaporando il suo liquore e immaginando l'inimmaginabile che sentì qualcosa muoversi nel suo bassoventre. Il sangue fluiva lentamente verso il basso. Per la prima volta. I suoi pantaloni si gonfiarono timidamente di una squallida erezione.
Aprì gli occhi lasciando cadere a terra bicchiere e sigaretta. Si sbottonò i pantaloni sbattendo le palpebre. Si abbassò i pantaloni con la speranza con cui si apre uno scrigno.
Quel che vide gli sembrò fantastico. Quel che vide non fu un ammasso di carne gonfio di sangue e vene. Non fu un pene pulsante in attesa dell'eiaculazione. Quel che vide fu potenza. Essere uomo. Essere qualcuno. Poter dimostrare di esistere. Poter amare ed essere amato.
Afferrò quel cumulo di prestigio implorante orgasmi ed iniziò a masturbarsi.
Pensò a Laura. Alla sua bocca sul suo membro. Ai suoi occhi che lo guardavano speranzosi di potergli dare piacere. Al suo sottomettersi di fronte a un uomo.
Pensò alla ragazza che aveva avuto prima di lei. Quella che lo aveva quasi insultato quando si era ritrovata di fronte alla sua disfunzione. La pensò piegata a novanta gradi che quasi piangeva di piacere sotto i suoi capaci colpi inferti.
Pensò alla ragazza conosciuta sulla spiaggia che quasi gli aveva fatto desiderare di lanciarsi nel mare e perdersi fra le onde negli abissi con quel pezzo di carne inutile. La pensò sdraiata sulla sabbia ad attendere con gambe divaricate che si donasse a lei.
Pensò alla maestra di scuola che lo guardava come un poppante. A quella maestra così bella che si sarebbe sicuramente stupita che cotanta potenza potesse essere sprigionata da un così fragile bambino.
Infine pensò a sua madre. A quella pura creatura che così innaturale e strano era pensare immersa nei desideri sessuali. Nella bramosia di essere penetrata. Ma ci riuscì. Ed ebbe l'effetto insperato del primo orgasmo di un bambino ormai uomo. Esiste una sindrome con un apposito nome per questo. Ma qui il discorso era diverso, l'unica sindrome sussistente era la voglia di penetrare il mondo, di umiliare il genere femminile, di portare piacere a tutte le donne della Terra. Penetrare il pianeta e assoggettarlo a sé. Farsi valere. Far sentire il proprio peso e la propria potenza.
Esplose in un orgasmo dirompente. Il suo corpo vibrò di anni di umiliazioni e desideri inespressi. La forza dell'estasi lo spinse sdraiato sul letto. Fu percosso da brividi di piacere e libidine mentre il suo sperma si schiantava calmo sul suo ventre.
Finito che ebbe di tremare riaprì gli occhi e si guardò.
Il pene che lentamente ritornava flaccido fra le sue mani.
Lo sperma bianco e appiccicoso a imbrattargli la pancia.
La desolazione della realtà lo colse con la violenza di un pugno in faccia.
Per questo aveva tanto sofferto?
Era questo il senso a lui negato della vita?
Questo stupido miscuglio di violenza e sottomissione?
L'uomo è una misera creatura davvero. Misera creatura su uno sventurato pianeta.
La visione della morte gli aveva concesso l'illuminazione di un orgasmo e la stessa se la sarebbe ripresa indietro.
Si rese conto di quanto stupido fosse stato. Di quanto insulso fosse stato il suo inseguire per tutta la vita questa sciagurata sensazione.
Com'era possibile che l'amore avesse a che fare con questo?
La sua bellissima Laura. Lei lo aveva rifiutato perché non poteva avere questo? Quel miscuglio di sublimi pensieri, di soffici sguardi, di tenere volontà lo aveva rifiutato perché non era in grado di darle questo?
Questo surrogato della guerra?
Quest'abominio dell'amore?
Questo finale disgustoso dell'istinto carnale?
Si alzò dal letto con i pantaloni abbassati, un ritratto meschino dell'essere umano. Imbrattato di seme di vita. Imbrattato di bianchi pargoli mai nati e ormai morenti.
Si affacciò alla finestra e fece una capriola.
Cadendo pensò a tutta la sua vita. Alle sue corse lontano dai fallimenti. Al dottor Quiete e ai suoi sorrisi ipocriti. A sua madre. A Laura. Comprese la violenza dell'amore. La stupidità intrinseca in questa parola. Pensò a quanto l'uomo ne abbia coniato delle fantastiche definizioni e a quanto queste definizioni poco si confacciano al reale sentimento provato dall'essere umano.
Cadendo capì quale fosse la sua reale disfunzione.
La sua definizione di amore. Poco funzionale. Poco erettiva. Poco eccitante. Solamente bella e pura. Una definizione non di questo mondo che finì tra le braccia dell'oblio.
Cadde come cadono i buoni propositi.
Precipitò come un sogno sul muro della realtà.
Crollò nel nulla eterno come un'ipotesi di felicità.
Ma ebbe un'altra erezione prima di diventare un ammasso di sangue, organi e capelli sparsi sull'asfalto.
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