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Sacro e profano
Apro gli occhi e ritorna la spossatezza, la stanchezza di vivere mi assale di nuovo, è la terza o la quarta volta da questa mattina? Non so, so solo che il coma mi cattura e poi mi rigetta nella vita. Lunghi minuti di sonno e poi un altro lungo risveglio. Fortuna che non sento più il dolore, sì fortuna, che bella fortuna! In fondo mi sto preparando al trapasso definitivo, mi addormenterò un'ultima volta confidando nell'ennesimo risveglio che poi non ci sarà. Almeno non avrò paura, quella paura che mi ha trafitto la mente nei momenti precedenti il primo stato comatoso.
Avevo paura che stessi per chiudere gli occhi per sempre e ho lottato fino all'ultimo istante per mantenermi desto poi, senza accorgermene, piombavo nel coma. Li ho riaperti qualche minuto dopo, dieci o forse venti non so, nel mio stato il tempo è ininfluente.
Mi accorgo di essere ancora tra i vivi non perché apro gli occhi e vedo i volti dei miei cari in apprensione intorno al letto ma perché ricordo di aver sognato, anzi il sogno si interrompe proprio sul più bello. Quasi quasi mi dispiace che ciò avvenga e mi scopro a pensare che forse non aprendo gli occhi potrei continuare a sognare in eterno. Che bello sarebbe! Mi vien voglia di gridare al mondo "Dio sei grande!" forse sarà davvero così, forse no, perciò sono in ansia. Non per la morte che annulla tutto ma per la brama di scoprire cosa avviene dopo.
Ho già detto a mia moglie, quando tutto è iniziato e quando la malattia incalzava senza tregua e senza speranza come volevo essere sepolto. Nel modo più semplice possibile, senza pomposità, nudo avvolto in un bianco lenzuolo e nella nuda terra sconsacrata. Apriti cielo! Le rimostranze mi sono piovute addosso con più ferocia della stessa malattia e la guerra su chi l'avrebbe avuta infine vinta è durata per intere settimane, fino a tre giorni fa quando il dottore, in ospedale, ha concesso che venissi riportato a casa perché ormai era solo una questione di ore, ma non aveva fatto i conti con la mia coriacea resistenza. Sarò irrimediabilmente sconfitto ma venderò cara la pelle, la morte dovra sudarsela la mia anima.
Così tre giorni fa mia moglie mi dice che è venuto il prete per l'ultima unzione. Pur facendo la faccia storta le ho concesso di farlo entrare ma avvisandola che avrei tenuto duro sulla mia decisione. "Va bene, sarà come vuoi tu, ma parlaci" mi ha risposto stranamente arrendevole.
Don Sandro è un prete giovane, sui trent'anni o poco più, un viso da adolescente invecchiato solo da un paio di occhiali che nemmeno mio nonno avrebbe osato inforcare. Non è alto e nemmeno aitante ma tarchiatello, quasi flaccido, con pochi peli di barba sparpagliati a chiazze su un viso rubicondo e gorgiuto. È in paese da circa un anno e, tranne le visite (due) per la benedizione pasquale, si può dire che non lo conosco affatto. Lui, invece, conosce me, o almeno così può sembrare perché ogni volta che l'ho incontrato per strada, quando ancora stavo bene, mi ha sempre salutato con un sorriso radioso.
Beato lui!, dicevo a me stesso, senza pensieri gli vien facile sorridere, dovrebbero farli sposare i preti così capiscono cosa vuol dire la vera vita, mah!, lasciamo perdere, questa è un'altra questione che in questo momento non mi sfiora più di tanto. Ho altro a cui pensare.
Don Sandro, dopo aver armeggiato con una stola nera (credo si chiami così) e un rosario con un piccolo crocifisso appeso, mi chiese se volessi confessarmi. Mi veniva da rispondere che per me poteva anche andare a farsi una passeggiata ma temevo di vederlo piangere e allora gli feci cenno di sì socchiudendo gli occhi. Mi chiese che peccati avevo fatto e gli risposi che avevo solo vissuto. Mi guardò perplesso, Non capisco! Glie lo leggevo negli occhi. Oh beata gioventu!
"Come ti chiami figliuolo?" gli chiesi pur sapendo il suo nome. Mi disse il suo nome.
"Ah, Sandro, dev'essere il diminuitivo di Alessandro, come? No? È proprio Sandro il nome? Meglio così, si fatica di meno a dirlo. Come? Cosa vuol dire che ho vissuto? Semplicemente quello che ho detto, ho vissuto e questo comporta tutta una serie di vicende belle e brutte, buone e cattive, un arcobaleno di sentimenti, gioia, dolore, passione, ira, risentimento, invidia, eh caro mio, la vita è un gran calderone in cui puoi metterci tutto e di più. Non è mai colmo ed è questo che poi alla fine ti fa una gran rabbia, vorresti andartene quando è ormai tanto colmo da non poterci far entrare più nulla e invece con tristezza ti accorgi che lo lasci ancora spaventosamente quasi vuoto. Non trovi sia una grande fregatura, Sandro mio?"
"Però lasciamo questo mondo per raggiungerne un altro più appagante, nelle braccia di nostro Signore" Lo disse senza alcuna convinzione, come una normale banalità. Mi fece sorridere, pensai che doveva essere lui a darmi il conforto necessario e, andando avanti così, l'estrema unzione sarei stato io a dargliela. Pensai anche che un tiritera di quel tipo alla fine mi avrebbe stancato inutilmente perciò, immaginando che fosse perfettamente a conoscenza della mia volontà, ruppi ogni indugio e portai la... conversazione sull'argomento a me più caro.
"Don Sandro, ho già espresso le mie volontà a mia moglie e vorrei che venissero eseguite alla lettera, perciò la invoco come testimone perché siano rispettate"
"Non puoi chiedermi una cosa del genere, io sono qui anche per distoglierti da questa decisione che trovo.. trovo.. blasfema.."
"Cosa? Blasfema? Prete tu stai bestemmiando" credo che quello sia stato forse il mio ultimo scatto d'ira, l'ultimo palpito di vita. Il giovincello non fece una grinza, strinse tra le mani il suo crocefisso, piegò la testa e con l'ostinazione tipica dei muli seminaristi mi chiese perché pensassi di essere nella ragione divina. Sì, per la miseria, ha detto proprio ragione divina, roba da sbattere la testa contro un muro.
"Don Sandro, ascolta bene, segui il mio ragionamento. Cominciamo dal primo punto. Voglio essere sepolto nudo perché nudo vuol dire spoglio, perché quando la morte arriva porta via ogni materialismo, l'anima ormai non è più nel corpo e di ciò che ne sarà non importa proprio a nessuno. Perciò il corpo deve ritornare nudo da dove è venuto e nel modo come è venuto. È chiaro questo punto?
"Sì, questo è chiaro ma perché il lenzuolo e non una bara come per tutti?"
"Il lenzuolo bianco, padre, lenzuolo bianco. Per ciò che ho detto prima, il corpo a morte avvenuta è ormai spoglio dei peccati e il lenzuolo bianco simboleggia il candore, quel candore che un simile panno bianco lo ha avvolto nel momento della nascita. Il lenzuolo bianco è il simbolo della purezza, della compassione e della pietà divina"
"Benissimo, comprendo anche questo, ma non posso accettare l'ultima volontà, nella nuda terra sconsacrata. No, questo no, è una vera bestemmia"
"No, non lo è padre mio e ti dico il perché. Anche io, come te, credo in un Dio unico e immortale, un Dio che ha creato l'intero universo e, quindi tutto l'universo è sacro perché una creatura divina. È sacro l'universo, è sacra anche la terra su cui viviamo, tutto è sacro, dalla piccola zolla di terra al grattacielo più alto al mondo. Sì, anche quello perché essendo stato creato dall'uomo ha una discendenza sacra. Ma allora se tutto è sacro perché l'uomo deve offendere Dio sconsacrando pezzi di terra per poi riconsacrarli allo stesso Dio? Non è una profanazionone quella che compie l'uomo consacrando, o almeno ingnorando che lo sia già, qualcosa di già sacro e inviolabile? Perché delimitate un rettangolo di terra e avete la spudoratezza di consacrarlo a Dio così come dedicate a Dio un semplice manufatto, cose se Dio non sapesse come costruire una chiesa dopo aver creato l'intero mondo. Padre mio, la terra è già sacra di suo, Dio l'ha creata con amore e l'uomo, invece, la profana ogni momento e si eroga anche il diritto di stralciarne un pezzo, profanarlo ancor più e riconsacrarlo al suo creatore. Allora, padre mio, chi è il blasfemo? Chi è il bestemmiatore? Chi è il profanatore, sono io forse?"
Mi stupii io stesso non tanto per quello che avevo detto ma per la veemenza con cui lo dissi, eppure credevo di non avere in corpo nemmeno più la forza di respirare. Ancor più sorprendente fu la reazione di don Sandro, già prima, mentre parlavo, avevo notato i suoi occhi farsi lucidi, alla fine due rivoli di lacrime gli solcarono le rubiconde guance, con un movimento brusco e sbrigativo mi farfugliò il rituale dell'unzione e portandosi una mano sul volto si alzò dalla sedia e corse via.
Sono tre giorni che mia moglie fa avanti e indietro tra il letto e il soggiorno e quando mi risveglio mi commuove il vederla sorridente al mio capezzale. So con certezza che le mie volontà saranno rispettate perché dopo l'uscita di don Sandro ella venne da me e con estrema delicatezza mi accarezzò la guancia.
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0 recensioni:
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Anonimo il 08/07/2013 12:31
L'unico errare del Creatore fu quello di non concederci un ultimo breve tempo di forza, prendere un piccone e una pala e scegliere la nostra ultima dimora. Sono d'accordo col personaggio che non sei tu, così spero ardentemente. Eppoi, che ne pensate della mercificazione insulsa della nostra Sorella?
- Il racconto è interessante per i risvolti filosofici-religiosi. Deliziosa la caratterizzazione del povero pretino. Il protagonista, per entrare e uscire dal coma è un "peperino" che levati!
Anonimo il 09/05/2011 17:50
Anonimo il 05/05/2011 13:00
Attento Michele, se vai indietro ancora un po' bisogna prendere il microscopio per vederti.
Anonimo il 05/05/2011 12:44
Raccolgo la provocazione, Michele... prima o poi mi rimetto in gioco pure io... ahahah... ciaociao
- Massimo, hai la stessa foto dappertutto dovresti cambiarla, magari ingrandirla, che ne dici?
Grazie a te per il commento Ciao
- Nunzio, noto con piacere che sei ringiovanito anche tu. Ora ci manca Medina e Giacomo e siamo al completo. Ah, Giacomo che diventerà, un pesciolino?" hahahaha!
- Ottimo racconto, sotto ogni punto di vista. C'è bisogno di dire altro?
A (s)proposito, vedo qui sotto che sei caduto preda di un gorgo spazio temporale. Tutto d'un colpo ti sei enormemente ringiovanito!
Anonimo il 04/05/2011 14:36
Povero prete! Prima lo stordisci citando Neruda, poi assesti un bel KO attualizzando il cantico delle creature -... sora nostra madre terra...- che evidentemente non è in grado di comprendere. Un bello scrivere Michele.
Ciao.
Anonimo il 03/05/2011 19:22
Ma perché?????????????????
Anonimo il 02/05/2011 20:55
Bravo Michele, un bel pezzo... mi sono toccato con convinzione dove tu sai ma il racconto mi è piaciuto. Convincente e ben scritto, come sai fare tu... ciaociao.
- Bruno, questo pezzo è scaturito dal tuo commento du "sepoltuea", ricordi?
Mi pare di averti anche accennato qualcosa. l'idea era ancora in embrione.
Non preoccuparti, anche se prima o poi ci passero
Ciao Bruno, ti abbraccio
- A proposito ti segnalo un piccolo errore:... come se Dio non sapesse come costruire... ecc. ecc. "come" e non "cose". Ciao e scusami ancora.
- Michele... voglio ben sperare che sia frutto di fantasia... vero? Sai, mi stai a cuore anche se non ci conosciamo personalmente...
Il racconto è come quelli che piacciono a me, corti che si leggono tutto d'un fiato. Non lasci spazio, continui a leggere rapito dal racconto stesso e ti immagini al capezzale di quel pover'uomo che sta lottando affinché gli venga riconosciuto il suo libero arbitrio di scegliersi la morta che più gli aggrada. Perchè allora è avvenuto per S. Francesco... nudo per terra?
Complimenti Michele, sei fantastico davvero. Complimenti ancora. Un abbraccio e... puoi ripsondere alla mia prima domanda magari con un SMS?
Ti ringrazio vivamente... ti prego!
bruno
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