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Il Venditore
Manrico era un venditore. Quel tipo di uomo che crede che tutto abbia un prezzo e che tutto, di conseguenza, possa essere dato via.
Di solito mi tenevo alla larga da gente simile, ma ci sono momenti della vita in cui devi mettere insieme due pasti al giorno, senza parlare della wodka a buon mercato.
Iniziai a lavorare per lui in un gennaio piovoso : pezzi di ricambio per macchine agricole. Clienti che la sanno lunga e ti guardano sicuri con occhi da cinghiale , clienti con le tasche piene, con una casa appena condonata e una moglie a cui non badano più . Clienti che ti leggono dentro con la loro secolare e grassa astuzia e subito sanno che non ce l'hai fatta e che la mattina , all'alba, poggi la tua tazza di caffe' su un tavolo di plastica da due soldi.
Manrico decideva unilateralmente sul destino della nostra giornata lavorativa, se entrava tronfio e trionfante esclamando il suo " buon giorno signori " , ci sarebbero state buone possibilita' che per qualche ora avremmo schivato il suo malcelato disprezzo ed il suo paternalismo da quattro soldi.
Cosi' i discorsi sulle rate da pagare, sugli acchiacchi e sullo stipendio misero sparivano di colpo e si spandeva tutt'intorno una allegria posticcia, un cameratismo efficente e miserabile.
Ben presto imparai il da farsi ed iniziai a muovermi meno goffamente schivando gli altri commessi mentre prendevo ordini e declamavo le infinite meraviglie di frizioni sterzo, pompe ad olio e guarnizioni varie.
Imparai anche le regole essenziali per sopravvivere in quel microuniverso evitando come la peste la politica e sfoggiando invidiabili cognizioni calcistiche.
Ma era soprattutto il mio " non tocco una donna da una vita " a procurarmi le simpatie più accese ed i più larghi sorrisi di commiserazione da parte dei colleghi.
Non era viltà la mia. La vilta' e' un lusso che si puo' permettere solo chi ha qualcosa da perdere, io non avevo nulla.
Manrico aveva un lato debole. Il suo nome era Sara.
Sara era la cassiera del magazzino, una settantina di chili di trentenne infilati in costosi jeans che la contenevano a malapena, sempre molto truccata e sempre presa a sistemare le sue complicatissime acconciature.
Sara era piuttosto attraente nella sua bellezza da borgata . Abituata da sempre a tenere a bada le mani audaci di ragazzi foruncolosi, si lasciava scivolare addosso con noncuranza gli sguardi avidi e le battute dei clienti, nonchè i sogni erotici dei suoi compagni di lavoro, ai quali non prestava la minima attenzione.
Manrico entrava e poggiava la sua stazza imponente sulla cassa, alla destra della porta di ingresso, flautando ossequiosi commenti ogni giorno più insistenti.
Sara sfoggiava allora la pi improbabile delle espressioni di imbarazzo, e schernendosi con un debole " quanti complimenti, oggi! " , faceva il gesto distratto di coprirsi le grandi tette con un lembo della camicetta.
Il Venditore non si dava pace :
la sua determinata ed implacabile capacita' di blandire, accerchiare ed infine ottenere giacevano loffi e spuntati ai piedi di Sara la Cassiera.
Dava colpa al fatto di essere sposato ad una mediocre donnetta tutta cene, palestra e latino americano, se fosse stato libero, si che sarebbe stato diverso. L'aveva conosciuta ai tempi in cui girava per piazzare la sua roba, prima di aprire il magazzino, tempi che amava ricordare con grasse risate e descrizioni dettagliate delle sue scopate.
Si sa che l'uomo sfoggia cio' che ha quando non puo' mostrare cio che e' , ma per certe donne questo puo' bastare .
A Tiziana il lucido fuoristrada, la grande casa fuori citta' ed i regali costosi furono sufficenti.
Ben presto Manrico sostitui' la simpatia di chi vuole comprare a buon prezzo con la ruvidezza del padrone, sempre pronto a ricordare a tutti di chi fosse la baracca.
E cosi' Tiziana prese a frequentare quei posti dove si va per imparare i balli sudamericani, posti dove l'allegria e la sensualita' della musica fanno a pugni con le facce di chi ci incontri :
facce di mogli scoppiate e uomini mezzo impotenti , facce di gente che esce da lunghe storie finite male, facce di chi paga una retta mensile pur di poter sfiorare una femmina.
Spesso il Venditore usava noi dipendenti per riaffermare la sua superiorita' con il mezzo che odiavo di più, la pacca pesante sulle spalle ed il "tu si che hai capito tutto" subito seguito dalle risatine ubbidienti di chi l'aveva scampata.
Non guardavo mai Sara e lei per mesi non mi rivolse mai la parola.
Fu durante la rituale cena di Natale, offerta dalla ditta, che cambio' qualcosa. Una delle donne sedute di fronte a me, ignoravo chi fosse, fu prodiga di occhiate, sorrisi e goffi tentativi di attaccare discorso. Era insignificante. In altri tempi, tempi migliori , non l'avrei degnata di uno sguardo.
Mi dissero che doveva avere a che fare con il commerciale e mostrava una certa confidenza con Manrico, che spesso lasciava il suo posto a capotavola per sussurrarle qualcosa di tremendamente divertente in un orecchio.
Uscimmo insieme per fumare e dopo due battute si informo' discretamente sul mio stato sentimentale. Il resto fu una semplice conseguenza.
La presi la sera stessa, complice il vino economico , nel buio umido del parcheggio, all'impiedi. Amava come fanno le donne da troppo tempo trascurate, le sole che possono darti qualcosa, mischiando desiderio e sensi di colpa.
Fummo visti e, come doveva essere, la voce inizio' a correre. E corse fino a Sara, ferita nel suo ruolo di Femmina Dominante della Ricambi Barcacci snc. Cedette di schianto, non feci nulla per averla. Non fu nemmeno bello.
Quando i suoi occhi iniziarono ad essere lucidi ed a seguire ogni mia mossa durante il lavoro, presentai a Manrico il Venditore la mia lettera di dimissioni.
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