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Nell'oscurità
La mosca ronzava nel piccolo studio dell'avvocato Gorgi, un uomo corpulento e ormai senza capelli; con un fazzoletto si tergeva il capo sbuffando per l'afa opprimente di quell'estate. Gorgi non si distingueva per le sue vittorie nel Foro, come i suoi colleghi, ma per essere l'esecutore testamentario delle persone più abbienti della società, e quel pomeriggio lo aspettava questo lavoro.
Sentì bussare alla porta dello studio <<avanti>> disse l'avvocato con la sua voce rauca.
<<Salve, mi ha convocato per la morte di mio zio?>> chiese l'uomo attraversando la porta: aveva un aspetto alquanto eccentrico, un vestito formale di Armani e dei mocassini ben lustrati in contrasto con i capelli lunghi raccolti in una coda e una barba poco rasata.
<<Entri pure signor Deveni>> disse l'avvocato alzandosi il meno goffamente possibile per la sua mole.
<<Mi chiami pure Marco>> disse il nuovo venuto allungando la mano.
<<È un piacere>> rispose Gorgi <<se si accomoda iniziamo subito>> continuò indicando la sedia davanti alla scrivania. Questi, accomodandosi, incrociò la mani in attesa.
L'avvocato iniziò <<Come lei saprà sono l'esecutore testamentario di suo zio, il deceduto signor Enzio Deveni. Secondo le sue ultime volontà, essendo lei l'unico parente ancora in vita, sarà beneficiario di tutto il patrimonio finanziario e di tutte le proprietà.>>
L'avvocato prese una busta voluminosa dalla scrivania e la porse a Marco <<Qui ci sono gli atti di proprietà e le istruzioni riguardo il personale. Inoltre troverà tutti i dati bancari. Un ultimo desiderio di suo zio era che lei ricevesse personalmente questo>> disse mentre apriva un cassetto estraendo una busta da lettera e un piccolo disco in vinile <<disse che lei sarebbe riuscito a realizzare il suo desiderio>>
Marco prese la busta e il vinile sconcertato per poi fissare l'avvocato <<Nient'altro? Non ha dato istruzioni più chiare?>>
L'avvocato facendo spallucce rispose <<Suo zio era un tipo eccentrico e silenzioso>>
<<Già>> disse seccato Marco fissando il vinile <<Grazie mille signor Gorgi, il giorno che farò testamento mi affiderò al suo studio>>. Marco salutò alzandosi e allungando la mano verso l'avvocato con un gran sorriso nonostante fosse molto seccato.
<<Speriamo non sia troppo presto>> rispose Gorgi stringendo la mano.
Marco ritornò al suo appartamento molto stanco, era sveglio dalla mattina presto per controllare gli ultimi preparativi per il funerale e per recarsi nel pomeriggio dall'avvocato. Prima di coricarsi esaminò gli atti di proprietà per visionare niente che già non sapesse, ora era proprietario della villa, dell'ospedale, della ditta di trasporti e delle varie attività minori che suo zio aveva avviato in vita.
Successivamente prese dalla borsa il vinile e la piccola busta, il primo era inutilizzavile nell'epoca del MP3 quindi lo appoggio sul tavolo senza considerarlo. Aprì la busta ed estrasse una lettera, scritta in maniera tremante ma fortunatamente leggibile.
Caro Marco, nipote mio,
ti scrivo questa lettera allo scopo di chiederti di distruggere il disco che ora è in tuo possesso e di fare altrettanto con l'attrezzatura che si trova nel laboratorio della villa. Ciò che ho risvegliato non deve più tornare, quindi distruggi tutto.
Addio mio caro,
tuo zio
spero tu abbia una vita lunga e prosperosa.
Marco dopo aver letto lo scritto fissò il disco chiedendosi che senso avesse tale consegna dovendo distruggerlo, poichè suo zio poteva farlo da solo.
Decise che il giorno dopo si sarebbe recato alla villa e avrebbe assolto i desideri di suo zio.
Il giorno successivo si alzò tardi, fece colazione, si vestì ed uscì per dirigersi alla villa di famiglia ad adempiere al suo dovere.
La villa era in stile vittoriano, con un parco molto grande e un boschetto sul retro, alta tre piani possedeva un piano sotterraneo adibito a laboratorio.
Davanti alla porta d'entrata c'era il maggiordomo di famiglia che Marco considerava ormai come un vecchio nonno, sul volto del maggiordomo era dipinta un'espressione di grande dolore a causa della perdita del suo padrone che aveva servito per quarant'anni.
<<Salve signore>> disse il maggiordomo inchinandosi
<<Alzati Giovanni sai che non sopporto le formalità mi conosci fin da quando ero un bambino, quindi non c'è bisogno che ti inchini o che mi chiami signore>> disse Marco sorridendo.
<<Quanti dipendenti sono rimasti nella villa?>> chiese il nuovo padrone
<<Solo io, suo zio aveva licenziato tutti gli altri dipendenti già da un mese senza dare molte spiegazioni>> rispose << e io venivo alla villa solo una volta a settimana per occuparmi della spesa perché il signore non voleva nessuno nella villa>>
<<Rimaneva sempre solo?>> chiese il nipote
<<Quando venivo qui lo era>> affermò
<< Forse è meglio che mi racconti tutto dall'inizio>> dichiarò Marco accigliato
<<Come desidera>> iniziò il maggiordomo <<circa due mesi fa suo zio iniziò a trascorrere le giornate chiuso in laboratorio, usciva solo per i pasti, consegnandomi ogni tanto una lista di oggetti elettronici da comprare, alle mie domande rispondeva sempre " niente che la tua mente semplice possa capire nell'immediato presente".
<<se non l'avessi conosciuto da anni mi sarei offeso ma suo zio era veramente un genio in tutti i campi e se diceva questo era molto probabile che fosse così.
<<Comunque un mese fa uscì sconvolto dal laboratorio e riunì tutti i dipendenti nel salone e con un breve discorso di commiato li licenziò, promettendogli la paga di tutto l'anno anche senza prestare i loro servigi, a me chiese di presentarmi una volta a settimana per sistemare le cose dicendomi che potevo risiedere nella dependance vicino alla villa a patto che non entrassi mai nel laboratorio e nella villa di notte. Per poi ritornare subitamente nel laboratorio>> concluse Giovanni.
<<Hai trovato tu il cadavere vero?>> chiese Marco
<<si fu orribile, non sembrava più lui, era come svuotato, senza gli occhi e un'espressione di puro terrore che gli aveva bloccato il volto in un urlo silenzioso.
<<Non l'avrei mai trovato se non fossi passato per prendere la spesa dal garzone>> disse il maggiordomo fissando il terreno e coprendosi gli occhi dalla paura che gli provocava rivedere mentalmente la scena.
<<mi spiace per te, io l'ho visto successivamente a che le pompe funebri se ne erano occupate ma l'immagine era rimasta raccapricciante>> disse il nipote mettendo una mano sulla spalla del maggiordomo.
Pensando ai lavori che doveva fare congedò il maggiordomo per una settimana.
Marco entrò nella villa, era molto ampia e luminosa, anni fa si tenevano grandi feste e balli ma con il tempo tale consuetudine venne meno e divenne solo un'enorme costruzione in cui abitava un vecchio eccentrico che veniva considerato un genio per la sua abilità in qualsiasi campo.
Marco si diresse immediatamente nel laboratorio al piano sotterraneo, quando era piccolo amava trascorrervi le giornate con suo zio ad osservare le magie della chimica e i disegni dell'anatomia umana, forse per questo divenne medico.
Il laboratorio era attrezzato per qualsiasi tipo di ricerca e possedeva tutti i sistemi di sicurezza esistenti, suo zio non voleva correre rischi durante i suoi lavori con sostanza pericolose,
la polvere si era accumulata su tutti i mobili e le attrezzature.
Osservando l'insieme quella di suo zio non pareva una ricerca di tipo chimico o biologico, si diresse sul fondo della stanza dove era situata la scrivania su cui erano posati solitamente tutti gli appunti e i diari ma non ne vide nessuno.
Sembrava che il "professore", come lo chiamavano in famiglia, si fosse recato nel suo rifugio dove solitamente si ritirava per le sue ricerche "più particolari". Fortunatamente il nipote conosceva la sua ubicazione o il lavoro sarebbe stato arduo.
Marco si avvicino alla parete dietro la scrivania e diede due calci al battiscopa, ciò attivò un meccanismo che svelò un passaggio per il rifugio del defunto, una piccola biblioteca che al contrario di quella al piano superiore non conteneva i grandi classici della letteratura ma un tipo di conoscenza molto più interessante, gli appunti e i diari dello zio e molti libri sull'esoterismo e sul paranormale.
Enzio Deveni era un genio e il possessore di una sete di sapere comparabile a quella di un disperso nel deserto, non c'era campo scientifico, teologico o paranormale che non avesse studiato e anche se veniva considerato pazzo, era fiero di sé e di ciò che la sua mente lo portava a scoprire.
In mezzo al rifugio c'era un piccolo grammofono con strane lampadine e scatolette fissate ai suoi lati e dei grossi scatoloni sparsi per il pavimento, sulla "poltrona della scoperta", come la chiamava suo zio, poichè su di essa leggeva e rifletteva intorno alle sue teorie, c'era un piccolo diario in pelle color blu intonso. Marco sentì un brivido percorrergli la schiena, era la sua instancabile curiosità di sapere ereditata dallo zio che lo portava a chiedere e a voler conoscere le motivazione di tutto quello che vedeva e succedeva.
Si sedette sulla poltrona prendendo il diario, lo aprì per leggerlo prima di distruggerlo anche se a malincuore tutto quello che c'era nel laboratorio.
Giorno 1
Oggi inizio le ricerche sul mistero che segue l'uomo dagli albori dell'esistenza: "cosa si nasconde nell'oscurità?". Abbiamo sempre avuto paura del buio ma cosa temiamo in realtà? L'ignoto o qualcosa che vi si annida? Fin da bambini ne abbiamo paura ma con il tempo prendiamo coraggio e questa preoccupazione sparisce... perché i bambini hanno paura? Qualcosa di primordiale nel DNA li fa spaventare?
Giorno 6
Eseguo registrazioni in caverne e in stanze oscure con qualsiasi strumento all'avanguardia ma non rilevo nulla... che la vecchiaia sia arrivata a ledere i miei nervi e le mie sinapsi? Forse sono solo un vecchio pazzo
Giorno 18
Ma certo! "Le cronache di Harmery" parlano di un male antico che esisteva prima dell'uomo ma che è scomparso, non dicono che male fosse ma se lo confronto con il "Demori Rebelli Catart" di Devak potrebbe trattarsi dei Ferisha, i demoni dell'oscurità, secondo il Demori sono demoni di un'altra dimensione che nella preistoria, quando la realtà e gli universi erano ancora in assestamento, erano in grado di raggiungere il nostro mondo quando era buio
<<Era impazzito!!! Mio Dio perché nessuno se ne era accorto prima!!! Queste sono solo le elucubrazioni di un pazzo!!!>> disse ad alta voce Marco chiudendo il libro.
Si alzò dalla poltrona per andarsene pensando che suo zio fosse pazzo e che il suo desiderio di distruggere il laboratorio non fosse altro che una idea derivata dalla sua pazzia. Volle però soddisfare la sua curiosità e quindi, dopo aver riposto il diario sulla poltrona, tornò alla macchina per prendere il disco di vinile, dopodiché ritornò nel rifugio per usare lo strano grammofono. Sistemò il disco e la puntina, cercò l'interruttore e lo spinse. Il disco iniziò a girare ma nessun suono ne uscì, aspettò dieci minuti ma senza risultati. Pensando di star solo perdendo del tempo allungò la mano per spegnere il grammofono quando, all'improvviso, notò che una delle scatolette sul fianco dell'apparecchio aveva una spia rossa accesa e una spenta, si avvicinò per osservarlo meglio e vide una piccola leva vicino a queste.
Marco mosse la levetta e un forte stridio, come di unghie sulla lavagna, e un urlo di donna fusi insieme gli trafisse le orecchie e il cranio, crollò a terra con il suono che continuava ad uscire a dal grammofono. Era un rumore intenso che gli faceva sentire come se nella sua testa ci fossero dei vermi roventi che scavavano e bruciavano, vomitò dal dolore e rimase a carponi, non riuscendo ad alzarsi per poi svenire.
Quando Marco riaprì gli occhi sentì la testa dolorante e un gusto metallico in bocca. Molto lentamente riuscì ad alzarsi per poi sentire le gambe cedere e ritrovarsi nuovamente a terra, il suono era finito avendo la puntina percorso tutto il disco, quindi cercò di sedersi sulla poltrona e di riprendersi.
"Cosa diavolo ha fatto quel pazzo?" pensò.
Riprese il diario per continuare a leggere sperando in un chiarimento riguardo quel disco.
Giorno 25
Non sono i Ferisha. Quindi cosa si nasconde nel buio? Qualsiasi tipo di evocazione conosciuta non ha funzionato, forse non sto cercando nel posto giusto, forse penso troppo in piccolo
Giorno 26
Stanotte ho avuto un'illuminazione!!! Ho provato con qualsiasi evocazione, con pentacoli e formule ma la paura è originaria di un periodo precedente alla pronuncia della prima parola, non devo usare le solite formule ma qualcosa di più antico e oscuro... solo il sangue può richiamare quel tipo di potere ma non di quello normale, ne richiede uno più potente: quello umano.
Ora il mio dubbio è: posso io prendere una vita per una mia idea?
Giorno 30
Ho deciso: lo farò! Userò il sangue per evocare l'essere ma dovrò stare attento, non so se potrò gestire un'entità primordiale come questa, non ne conosco nemmeno il nome e nessun libro da me posseduto gliene conferisce uno... la definirò "La Divoratrice" fino a quando non troverò un nome più adatto. Devo mandare via i servitori o non potrò effettuare il sacrificio necessario.
Giorno 55
Tutto pronto: la vittima è una prostituta, l'ho addormentata così non urlerà, purtroppo non potrò vedere La Divoratrice venendo lei dall'oscurità ma ho costruito un piccolo grammofono speciale che ne registrerà i suoni emessi senza il rischio che la sua voce transplaneare lo distrugga, metto un foglio con sopra il rito da me ricostruito tramite varie ricerche tra libri antichi e tra le cronache delle guerre del sangue e dell'oscurità... finalmente la mia mente troverà pace al dubbio
Era l'ultimo appunto. Fra le pagine c'era un foglio con degli appunti e dei disegni per eseguire il rito. Marco prese il pezzo di carta e chiuse il libro per poi fissare il grammofono.
"Se è riuscito a mandarmi il disco e la busta l'esperimento deve essere riuscito, allora cosa lo ha ucciso?" si chiese il nipote.
Si sentiva molto meglio e si rialzò, si guardò attorno per cercare possibili macchie di sangue, non poteva aver praticato un rito di sangue senza sporcarne il pavimento ma su di esso c'era solo polvere. Aprì il biglietto sul quale era trascritta la procedura e lesse la prima frase: "nel bosco di notte" e allora capì perché non c'era sangue li: il sacrificio era stato consumato all'esterno. Appena risalito al pian terreno si accorse che era buio, doveva essersi fatta notte mentre era incosciente ma uscì ugualmente, oramai non più guidato dalla ragione ma dalla curiosità.
Il boschetto della villa si estendeva per qualche ettaro e veniva usato solo per delle brevi passeggiate ma dopo un mese senza cure la natura si era ripresa ciò che le apparteneva e i sentieri stavano sparendo occupati da rovi ed erbacce.
Marco sì addentrò nella boscaglia usando la luce del cellulare per illuminare il cammino e si diresse ad una radura, dove si recava suo zio per riflettere o per i suoi esperimenti all'aperto. Arrivato trovò un vecchio falò ormai spento e delle macchie nere sul terreno che la poca luce filtrante tra gli alberi lasciavano scorgere. Trovò anche un piccolo vaso al cui interno c'era una sostanza viscosa e densa, probabilmente il sangue oramai coagulato. Il corpo della prostituta non c'era "deve averla seppellita" pensò.
Improvvisamente si ritrovò al buio, la luce del cellulare si spense, Marco trovò la cosa insolita avendolo caricato la notte precedente e nonostante i tentativi per accenderlo non funzionò.
La luce della luna e delle stelle era scarsa e non gli permetteva di vedere. In quel momento la curiosità venne sostituita dalla paura: era solo, in un bosco dove era stato effettuato un rito di sangue e, per quanto fosse inrazionale crederci, il volto dello zio defunto deformato non aiutava la ragione nell'eliminare i dubbi sulla veridicità di queste superstizioni.
Sentì un sibilo provenire da una direzione ignota ma era troppo forte per essere quello di un serpente, successivamente dalla parte opposta della radura a Marco sembrò che il buio diventasse sempre più oscuro e che si addensasse come se la poca luce che passava venisse assorbita in esso. Il sibilo aumentò di intensità fino a diventare un fischio molto acuto per poi scomparire come era apparso.
Marco non si era mosso di un millimetro per la paura, la macchia di oscurità era sempre più impenetrabile al suo occhio e sembrava aver acquisito una forma umana. All'improvviso la macchia si mosse e si avvicinò all'uomo tremante.
Il buio si dissolse e la luce ritornò: la figura davanti a lui era quella di una donna nuda, con capelli nero intenso e la pelle pallida sulla quale i pochi raggi della luna sembravano scorrere addosso senza illuminarla veramente, gli occhi erano neri e profondi come se contenessero un abisso senza fine.
<<Tu sei il nipote?>> chiese la donna con una voce vellutata ma che al tempo stesso sembrava insinuarsi nell'ascoltatore come del ghiaccio sottopelle.
<<C-come?>> biascicò Marco, troppo spaventato per parlare normalmente.
<<Tu sei il nipote del vecchio che abitava qui?>> chiese di nuovo questa fissando interessata Marco
<<S-si, c-chi è lei?>> parlare gli richiedeva un grande sforzo perché il solo guardarla gli faceva battere forte il cuore e sentiva l'istinto di correre via il più in fretta possibile ma i suoi occhi glielo impedivano come catturati da uno strano incantesimo.
La donna sorrise <<Ti aspettavo, il vecchio lo diceva che saresti arrivato>>
<<Sono qui>> disse ad alta voce per la tensione
<<Vedo>> ribattè la donna sempre sorridendo <<la carne di questa cosa è molto bella e comoda ma voglio gustare qualcosa di nuovo>> disse guardandolo dall'alto in basso.
A quelle parole la paura prevalse l'ipnosi dell'essere e Marco inizio a correre alla cieca nel bosco oscuro senza sapere dove andare se non lontano da quella cosa.
<<È inutile che tu corra>> disse La Divoratrice con voce sommessa ma nella mente di Marco sembrava glielo avesse urlato direttamente nel cervello.
Il corpo della donna si squarciò e da esso ne uscì un'oscurità più nera del buio circostante e questa fluttuò velocemente dietro a Marco che correva a perdifiato. La salvezza del ragazzo fu cadere a causa di un ramo sul terreno poiché la creatura non riuscì a fermarsi in tempo e lo superò. Marco si rialzò e corse a destra sperando di riuscire a salvarsi ma la Cosa era già ritornata e dalla bocca che non aveva usciva una risata agghiacciante che perforava i timpani.
<<Sarai mio!!!>> gridò mentre si avvicinava allo sfortunato
In quel momento Marco riuscì ad uscire dal bosco e a trovarsi nel prato della villa immerso dalla luce lunare.
<<Maledetto!!! Non potrai fuggire per sempre all'oscurità, io sono ovunque, nelle ombre, nei tuoi sogni e ovunque la luce non arrivi>> gridò La Divoratrice con una voce così potente da far cadere Marco in preda al terrore.
Quando Marco riuscì di nuovo a parlare disse << Cosa hai fatto a mio zio?>>
<<Quello che lui voleva, se mi evochi è per morire. Io ho fame, sono millenni che non mangio carne umana e lui stupidamente mi evoca>> disse l'Oscurità per poi ridere divertita.
<<Ma lui mi ha mandato il disco e la lettera! Perché?>> domandò disperato.
<<Era un accordo: un altro al posto suo e lui ha scelto te>> disse divertita <<me ne sono nutrita comunque ma ora ho te!!!>> dichiaro La Divoratrice ridendo allungando tentacoli di oscurità verso il limite dell'oscurità.
<<No io sono qui e tu non puoi avermi bastarda!>> gridò esultante Marco allontanandosi da quell'abominio.
La Divoratrice rimase in silenzio per un attimo per poi dire solo una parola: <<Sicuro?>>. Emise un grido lacerante, lo stesso sentito da Marco con il grammofono.
Per il dolore il suo corpo si tese mentre si copriva le orecchie, il volto deformato dal dolore rivolto al cielo e alla luna che stava per essere coperta da delle nuvole temporalesche, già ladre di luce stellare.
L'urlo cessò e l'oscurità avvolse la villa, niente si salva dall'oscurità perché dove non c'è luce c'è Lei.
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