racconti » Racconti drammatici » Viola
Viola
Si avvicinò al portone con passo lento e stanco. La luce del lampione era fioca, o forse erano i suoi occhi a non vederci più bene come un tempo, fatto sta che ci mise qualche secondo di troppo prima di riuscire ad infilare la chiave nella toppa. Come al solito l'ascensore era fuori servizio, e così si avviò a malincuore verso la rampa delle scale. Al primo piano la investì il solito odore di cavolo bollito e represse a stento un conato di vomito. Quell'odore le ricordava i corridoi freddi ed inospitali del collegio, quello doveva aveva passato la sua infanzia e l'adolescenza, prima che sua madre si ricordasse di avere una figlia, e che notasse che questa figlia era bella abbastanza da poter esercitare il suo stesso mestiere, magari con migliore fortuna della sua.
Continuò a salire le scale, l'odore del cavolo ora era mischiato a quello dell'urina degli innumerevoli gatti della signora Angela, ed il suo stomaco era stretto in una morsa di acciaio che le toglieva il fiato. Ma non era solo disgusto, questa volta era qualcosa di più. Era attesa, era tensione, era odio.
Arrivò al pianerottolo, prese la chiave da dentro il vaso delle felci di plastica, ingaggiò la solita lotta con la serratura, poi, finalmente, entrò.
Era esausta, svuotata, ma con passo insolitamente energico si diresse in cucina e tirò fuori da sotto l'acquaio una vecchia scatola di latta dei biscotti Gentilini. Gliel'aveva regalata l'Osvaldo, il rappresentante di tessuti. L'andava a trovare tutte le settimane quando stava nella "casa " della signora Armida. Era gentile l'Osvaldo, delicato, con il faccione rubizzo e le mani morbide da bambino. Voleva sposarla, portarla via da lì, farle fare la vita da signora. Era stato un bel sogno quello di sposarlo, avere una vita onesta e pulita, ma come tutti i sogni era durato poco. Il povero Osvaldo era morto tentando di prendere al volo il treno diretto verso una delle tante città dove commerciava in tessuti. L'unica cosa che le era rimasta di lui erano qualche ninnolo e la scatola di biscotti, dentro la quale Viola metteva parte dei soldi che aveva guadagnato nelle lunghe notti passate sul marciapiede. I soldi restanti li metteva sul comodino di Romolo.
"Non è poi così difficile" - le aveva detto sua madre - "vedrai, presto ci farai l'abitudine, non ci farai nemmeno più caso, basta che ti concentri su qualcos'altro, su un pensiero piacevole, o su un sogno". E Viola un sogno ce l'aveva davvero! Un giorno era andata in compagnia di Osvaldo a fare una scampagnata, avevano mangiato in una trattoria semplice e pulita, con un bel pergolato di glicini ed i tavoli e le sedie di legno. Avevano gustato cibo casereccio e bevuto un vinello frizzantino e sincero. Ecco, quello era il sogno di Viola, essere proprietaria di una trattoria di campagna, con un bel pergolato di glicini, tavoli e sedie di legno ed un vinello frizzantino e sincero. Da quel giorno aveva iniziato a mettere via i soldi, ed a ogni moneta che aggiungeva al gruzzoletto pensava " ecco la gamba di una sedia, un tovagliolo, una forchetta" e sentiva la sua meta un pochino più vicina.
"La gamba di una sedia, un tovagliolo, una forchetta..." Se lo ripeteva continuamente per tenere la sua mente distratta da ciò che stava facendo il suo corpo, ma qualche volta - quando ciò che le veniva richiesto la disgustava particolarmente - questa nenia non bastava a narcotizzarle il cervello, ed allora riandava con la memoria al periodo felice con Osvaldo, al sogno di una vita onesta e pulita, e in un modo o nell'altro riusciva a guadagnarsi la sua marchetta.
Poi arrivò il febbraio del 1958, ed a settembre la casa della signora Armida, come tutte le altre del suo genere, chiuse i battenti.
Viola strinse i denti, e ripetendosi fino alla nausea la sua nenia "la gamba di una sedia, un tovagliolo, una forchetta..." continuò ad esercitare il suo mestiere nel piccolo quartierino che era riuscita a subaffittare in una zona squallida e periferica della città. Intanto il denaro dentro la scatola di latta aumentava, e con esso anche il miraggio di una vita onesta e pulita, lontana dallo squallore e dal sudiciume in cui talvolta le sembrava di affogare.
Un giorno in un bar incontrò Romolo, e per un po' si illuse che il sogno nato con Osvaldo si potesse finalmente realizzare. Per un po' Romolo fu gentile con lei, educato, le apriva lo sportello della macchina e le spostava la sedia quando andavano a mangiare in trattoria. Le fece lasciare lo squallido quartierino e le chiese di andare a vivere con lui. Ma anche questo sogno durò poco, ed anche stavolta il risveglio fu brusco e doloroso. Ben presto Romolo la obbligò a trascorrere le notti su un marciapiede, ed a consegnargli gran parte dei soldi guadagnati mentre lui ronfava beatamente.
Anche stavolta Viola si fece forza con la sua nenia nella mente ed il suo desiderio nel cuore. Fino a quella mattina. Romolo le si era parato davanti con la scatola di latta fra le mani, chiedendole cose volesse farne di tutti quei soldi. Viola con voce timida e tremante gli raccontò della trattoria, del pergolato di glicini e del vinello frizzantino e sincero, ma era stata interrotta dalla risata sgangherata di Romolo che la derideva dicendole che una puttana da marciapiede non sarebbe mai potuta diventare la rispettabile proprietaria di una trattoria. E così dicendo aveva arraffato tutti i soldi contenuti nella scatola e se li era messi nelle tasche, continuando a ridere sguaiatamente.
Viola ora guardava la scatola di latta vuota, ad un tratto si ritrovò davanti al cassetto delle posate e senza riflettere lo aprì. Il coltello per il pane, quello con la lama lunga e seghettata, luccicava nella penombra; lo prese in mano, lo soppesò sentì come una specie di scossa elettrica attraversarle il braccio. Si diresse verso la camera da letto, questa volta non avrebbe permesso a nessuno, tantomeno a Romolo, di rubarle il suo sogno. Ripetendo tra sé e sé la sua nenia si avvicinò al letto e colpì.
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0