Finito il ciclo delle scuole medie, la decisione d'iniziare un altro ciclo di studi fuori dall'istituto e quindi chiudere con i fratelli delle scuole cristiane avvenne in un modo poco chiaro e casuale, in fondo ci si affida molte volte al caso. Termino con l'istruzione cattolica religiosa e proseguo gli studi in un istituto pubblico di scuola media superiore.
Da allora chiudo con la frequentazione della messa sia quotidiana che domenicale.
La mia entrata in chiesa da quel momento in poi si limita solo alle occorrenze speciali: matrimoni, funerali, comunioni e battesimi. La mia vita per quattordici anni è stata vestita di cattolicesimo (per restare sull'aforisma). Ciò lo si può vedere nella mia condotta di vita: frequenza dei luoghi di culto e pratica del culto.
Cresciuto, si sono veramente strappati i vestiti e l'adulto non può più vestirli : ciò lo si constata con l'interruzione della frequenza dei luoghi di culto e della pratica.
Fino a qui il ragionamento sembra filare:cresciamo e ci togliamo di dosso i vestiti (la religione), ma non è così. Infatti, ciò riguarda l'esteriore identificato con la frequenza dei luoghi di culto e con la pratica.
Invece non mi sono affatto liberato dalla religione, pur non frequentando più la chiesa, ma lo spirito religioso è rimasto velato, appiccicato, si sono solamente strappati i vestiti e si sono sì lacerati ma sono rimasti addosso: è nel nostro DNA. Il linguaggio quotidiano tradisce ogni giorno il divino che è in noi.