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Angel
Sono l’altra faccia del mondo. Sono i tuoi sogni più vividi. Sono il boia della tua passività. Il carnefice del conformismo. La minaccia dei desideri. Il morbo del caso.
Credo che i clienti amino chiamarmi Angel, io preferisco Disgregatore dei piani di Dio.
Giornata di lavoro oggi, gran bel lavoro il mio, dinamico, interessante e soprattutto soddisfacente.
Mi alzo dal letto, otto ore di sonno precise, come dicono i medici. Una tazza di latte freddo e sono pronto. Un attimo...
Eccomi qui. La mia rubrica questa mattina dice: Eddie Nead, quarantadue anni, commesso di supermercato, divorziato da tre anni da Susannah Nead, padre di due figli, Joe e Mac Nead, i ragazzi sono rimasti con la madre, lui ha il diritto di vederli solo due week-end al mese. Brutta roba.
Benissimo. Più la storia del cliente non mi piace più tende a piacermi il mio compito del giorno. Eddie Nead, preparati, oggi morirai. Di una morte purificatrice. Morirai per la prima volta.
La seconda spetta a Dio.
Prendo la Colt dal cassetto e me la ficco in tasca, la canna tintinna contro il coltello producendo una sorta di... Tintinnio? Bah, diciamo campanello d’allarme. Allarme rosso per l’amico Eddie.
Il dossier dice che oggi il mio cliente terminerà il turno alle diciannove. Cazzo. Non ho altro da fare fino a quell’ora... Poco male, il supermercato dista circa quaranta chilometri da casa mia, dovrei farcela andando comodamente a piedi, quattro passi in città sono quello che mi ci vuole per sgranchirmi il cranio.
Mi piace passeggiare per le strade, amo guardare la gente affannarsi per soddisfare bisogni che crede propri, farsi in quattro per impieghi e persone che non desiderano davvero. Le persone hanno bisogno di questo per creare e alimentare i propri sogni, le sanno bene le regole del circolo vizioso tra dovere e volere, quel che non sanno è che non hanno realmente bisogno di sogni. Sognare non è bene. Sognare ci induce ad essere mediocri, a mettere in cima al Monte dell’Irrangiungibile bisogni concreti e reali. Che potremmo raggiungere con un dito. Che ci obblighiamo a guardare dal basso di un’esistenza che non vogliamo, a cui ci sentiamo obbligati.
Ma non ci sono obblighi per gli umani. Questo è il paradiso terrestre, ancora vivo e pieno di piaceri. Siamo liberi di mangiare le nostre mele, e non c’è nulla di sbagliato nel loro dolce sapore. Che Dio riservi i suoi tranelli per qualche pianeta più stupido. Dio o chi per lui.
Alle diciotto e quarantatre sono di fronte al supermercato dove Eddie si rompe il culo per metà delle sue giornate. Ci siamo obbligati a sudarci quello che ci spetta di diritto. Siamo pazzi, ma è qui che sta la maggior parte del nostro fascino. Non posso cambiare questo, non posso cambiare il fatto che ci sia bisogno di lavorare, Dio potrebbe, gli antichi potevano, io posso unicamente falciare i piani del Signore e del Caso, ma solo nel dettaglio.
Eddie Nead entra nel parcheggio del supermercato per prendere la sua auto e correre a casa a rincoglionirsi davanti alla televisione. O a farsi un bicchiere. O a spappolarsi il cervello con qualche droga. O a dormire. A fare niente che vorrebbe davvero, comunque. A fare quel che si impone di volere.
Lo seguo e riesco ad afferrarlo per il colletto un attimo prima che apra lo sportello.
“Ora seguimi figlio di puttana!” Gli sussurro ad un orecchio puntandogli il coltello alla schiena.
Un attimo per rendersi conto di quel che accade ed Eddie cambia espressione. Quel che legge nei miei occhi non gli piace affatto. Quel che leggo nei suoi è Paura.
Cinque minuti più tardi siamo in cima ad un grattacielo. Eddie Nead guarda la strada piccola come non l’aveva mai vista, da ventuno piani di distanza il cemento su cui posiamo le scarpe tutti i giorni si fa decisamente surreale. Io lo sto tenendo per le caviglie, sospeso nell’aria a rinfrescarsi le idee.
Dal primo momento che ho visto Eddie non mi è sembrato niente male, è anche discretamente piacente il ragazzo, ma quel che colpisce di lui sono gli occhi, profondi direi, intelligenti direi, chi ha detto che gli occhi sono lo specchio dell’anima non ha detto solo una stronzata romantica. I suoi non sono occhi da commesso. Sicuro. Quelli di Eddie sono quantomeno occhi da parlamentare o chessò io. Ognuno dovrebbe coprire un ruolo conforme alle proprie potenzialità in questo mondo ottuso, Dio dovrebbe scendere dal suo piedistallo o croce che sia, sedersi su una bella poltrona e guardarci in faccia uno ad uno per assegnarci il ruolo. Ma forse sto chiedendo troppo, ancora non si è assegnato il proprio ruolo lui stesso.
“Com’è la visuale da lì? Eh, testa di cazzo?!” Grido all’uomo sospeso nel vuoto.
Urla e poco altro.
“Rassegnati e stai zitto.” Dico abbassando il tono. “Oggi si muore, caro.”
In tutta risposta Eddie si mette a strillare più forte.
“Bene, bene. Vedo che non capiamo.” E mollo la presa su una caviglia.
Eddie attacca a pisciarsi sotto. Orina fumante gli cola sulla faccia e sembra che nemmeno se ne accorga impegnato com’è a straziarmi i timpani. Questo è troppo, lascio spazio alla legge di gravità lasciandomelo cadere accanto. Sul pavimento intendo.
Eddie è sdraiato in terra, pancia in su.
L’espressione di sollievo che gli si dipinge sul viso non ha vita lunga, non appena si accorge del mio coltello puntato in mezzo alle sue gambe calde e bagnate la paura torna a farla da padrona.
“Perchè?!?!” Mi chiede terrorizzato.
“Eddie Nead, giusto?” Rispondo con garbo.
“Come cazzo fai a conoscere il mio nome?!” Eddie suda freddo e piscia caldo.
“Sei mio cliente, caro,” dico con un sorriso, “non mi sembra questo il modo di trattare chi ti offre un servizio.”
“Ma che cazzo dici?! Bastardo!” S’infuria lui.
Non sopporto l’arroganza. Non sono perfetto, daltronde. E la mano col coltello scatta d’istinto verso l’alto a creare sul suo volto un nuovo e più rosso sorriso.
Eddie grida.
Mi aspettavo di più da lui.
Gli afferro la faccia con l’altra mano e gliela sbatto con forza sul pavimento.
“Piantala di frignare, pezzo di merda!” Sbraito infuriato.
Eddie si calma.
Tiro fuori la Colt e gliela punto ai genitali. Ha la capacità di tranquillizzare i clienti.
“Senti,” gli dico “voglio essere sincero con te, oggi morirai. Qualsiasi cosa tu faccia, morirai. Quindi vedi di non costringermi a farti più male di quanto vorrei.”
“Ma che cazzo ti ho fatto?!” Chiede lui asciugandosi il sudore.
“Oh Eddie...” Rispondo. “A me niente.”
La morte produce due risultati fondamentali sull’individuo. Il primo è quello causato dall’effetto sorpresa, la paura ti prende, rivedi tutta la tua vita in pochi attimi, perdi la capacità di formulare pensieri razionali e azioni utili. Si chiama terrore, il terrore più grande che mente umana possa concepire. Se ancora non ti sei avvicinato abbastanza alla nera signora non puoi capirlo. È ancora troppo lontano dalla tua possibilità di comprensione. Pensi: “Cazzo, tra un attimo non ci sarò più!”
Il secondo effetto è invece la calma. Ci si sente relativamente calmi. La propria fine si accetta abbastanza in fretta, forse l’inconscio sa che non è poi questa gran tragedia abbandonare il mondo. È come per il processo del suicidio, quando si decide di farla finita davvero nessuno ci dirà più: “Hey, come va?” Sembreremo rilassati e per nulla depressi. “E sì che fino ieri eri così giù...” Poi dopo qualche giorno... Zack. Vene. Si chiama accettare la morte. Pensi: “Cazzo, tra un attimo non ci sarò più.” Il concetto non cambia.
Un attimo prima sei un insieme di pensieri, sguardi, calore ed erezioni. Un attimo dopo rimangono solo cervelli, bulbi oculari, sangue e genitali. Si chiama biochimica. Si chiama morte. Non è poi così complicato. C’è chi ne ha scritto intere opere, chi ne ha dipinto quadri, chi se ne fa un lavoro e chi una filosofia di vita. Arte ed arte ed arte in conseguenza al semplice fatto che si muore. Ma è solo morte. Ora ci sei. Ora non ci sei. Puff. Sparito. E tua madre e tua moglie piangeranno sul corpo che ti apparteneva. Ma non saprai come e quando. Espulso da ciò che credevi ti appartenesse. Tendiamo a sopravvalutarci come creature del mondo. Invece basta un Puff. Si chiama morte.
Eddie ora è alla seconda fase, relativamente calmo.
“Come va con Susannah?” Gli chiedo puntandogli la pistola sotto il naso.
“Che cazzo ne sai tu di Susie?!” Si altera lui.
“Come va con Susannah?” Ribadisco.
Eddie si calma di nuovo.
“Quella stronza! Siamo divorziati da tre anni!” Risponde.
“Lo so, Eddie, lo so.” Dico comprensivo. “Volevo sapere se la ami ancora.”
“No! Sì. Ma che cazzo ne so! Cosa vuoi da me?!” Un cliente difficile direi.
“Bene. Il lavoro Eddie? Come va con il tuo prestigioso posto di sguattero?” Chiedo pazientemente.
“È un lavoro di merda come un altro!” Si altera di nuovo lui. “E paga anche male. Ma è tutto quello che so fare! Questo mi è capitato! Ma che cazzo me ne frega! L’importante è uno stipendio a fine mese!”
“Bè, devo desumere che ti chedi poco, caro.” Dico. “Poco male, tanto stai per morire. Saluta il mondo Eddie. Bye bye Susie, bye bye banco di gastronomia.”
Spingo la canna della Colt un po’ più a fondo sulla sua pelle e lui attacca a piangere.
Frignone del cazzo. Le lacrime su un uomo sono insopportabili, quando le vedo su una donna posso pure accettarlo, credo che non sia grave anche se lo è, so di avere il potere di consolarla. Ma su un uomo mi spiazza, non so che fare. Mi viene solo da piangere con lui.
Mi faccio forza. Ho un lavoro anch’io. Un compito da svolgere.
“Non piangere ragazzo.” Gli dico con tutta la dolcezza di cui sono capace. “La morte non prova compassione, non l’allontani nemmeno un po’ con le lacrime. Ora, perfavore, rispondi alle mie richieste.”
“Bastardo! Sei un...”
Gli assesto uno schiaffo con la mano libera. La sua faccia sbatte con forza sul pavimento.
Chiedo: “Dimmi i tuoi più grandi desideri. Cosa vorresti fare prima di morire? Quali sono i tuoi rimpianti?”
Eddie tace.
“Su,” dico, “voglio sapere che cosa vorresti cambiare se potessi tornare indietro. Pensaci bene, Eddie. Cos’è che la morte non ti porterà via?”
Eddie mi guarda negli occhi. Ribadisco che non sono davvero niente male quegli occhi. Non certo da commesso. È un mondo pieno di commessi, operai, donne di servizio che potrebbero dare di più. Un mondo irrimediabilmente sbagliato.
Dio, la pagherai.
“Bè...” Sospira Eddie. “Vorrei tornare con Susie. Con Joe. Mac. Coi miei bambini. È tre anni che impazzisco. Tre anni. Ma non ho il coraggio di tornare indietro...”
“Capisco.” Rispondo. “Vai avanti ragazzo, cos’altro vorresti?”
Eddie guarda il pavimento. La canna della pistola non lo spaventa più. “Vorrei un posto di lavoro più dignitoso... Non è solo per i soldi, è che...”
“Senti di valere più di questo.” Finisco io per lui. “Nient’altro Eddie?”
“Mah...” Ci pensa su lui. “Avrei sempre voluto mettermi un cappello cappello. Quelli da cow-boy. Ma non ne avrò mai il coraggio.”
“Bene.” Rispondo inesorabile. “Allora addio caro.”
Alzo il cane della Colt.
Premo il grilletto.
Puff.
Eddie grida.
Pistola scarica.
Sei ancora vivo, caro.
Sei vivo per la prima volta.
Facendo sì che mi veda bene tiro fuori le munizioni dal taschino e carico la Colt.
Gliela punto in faccia.
“Ora ascoltami bene testa di cazzo!” Sbraito con una rabbia nuova. “So chi sei, nome, cognome, indirizzo e posto di lavoro, so dove abita Susannah con i tuoi figli. So tutto di te. Mi capisci bene?!”
“S-Sì.” Balbetta lui incredulo.
“OK.” Ricomincio. “Hai un anno di tempo. Se tra un anno non avrai un nuovo impiego sei morto. Se scoprirò che non sei tornato con la tua ex moglie e i tuoi figli, Joe e Mac subiranno un fatale incidente. Mettitelo bene in testa! Sono stato chiaro?”
“Ce-Certo.” Balbetta di nuovo sempre più stupito.
Mi volto e mi dirigo verso l’ascensore.
“E fai in modo che ti veda in giro con un cazzo di cappello da cow-boy!” Dico mentre la porta si apre. “Sei stato avvertito.”
È un lavoro duro ma pieno di soddisfazioni. Ho una stanchezza addosso...
Sono in metropolitana ora. Stanco e felice. Me ne vado da Polly a guardare un bel film. E a fare l’amore si spera. Ho voglia di disperdere il seme. Alla facciazza di Dio.
Gliene ho fatta un’altra sotto il naso oggi. Sto cambiando virgole di quel fottuto disegno divino. Le persone sono fatte per essere felici, semplicemente non lo sanno. Io dò loro la spintarella per capire che la realizzazione dei propri sogni è lì a portata di mano, non è in cima al Monte dell’Irrangiungibile. Lì in cima c’è solo Dio con tutte le sue leggi.
Ci obblighiamo a fare cose che non vogliamo, a vivere vite che non ci appartengono, a soddisfare bisogni che non ci riempiono. Il problema è che siamo passivi. Crediamo che le cose vadano così, crediamo di fare la cosa giusta, o meglio, di fare la cosa che crediamo di dover fare. Non c’è niente che dobbiamo fare, non abbiamo doveri verso nessuno, non c’è una strada da seguire...
Cazzo, sono arrivato.
Polly, stasera ti smonto. Ti smonto davvero. Più sono stanco e più la desidero quella donna... Farò l’amore con lei questa sera, è quel che voglio io, è quel che vuole lei.
E mentre sarò perso, rapito dall’estasi, Eddie Nead starà probabilmente cenando.
Sono certo che sarà il pasto migliore della sua vita.
La sua nuova vita. Quella vera.
Prego Eddie, tranquillo, non ringraziarmi.
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1 recensioni:
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- molto interessante, magari non è originalissimo, ma è un racconto scritto piuttosto bene
- Temo che Chuck Palahniuk e David Fincher avrebbero di che ridire quanto all'originalità dell'opera. L'ombra di Fight Club incombe un tantino troppo. Fatti venire un'idea tua e ritenta...
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