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Nostalgia e segni indelebili
Eccoti lì, sei seduta su quello sgabello al bancone del bar, hai una sigaretta tra le dita, hai un vestito bianco, corto, con un po' di fronzoli, le gambe accavallate, gli occhi truccati e guardi nel vuoto.
Ho due pensieri.
Il primo è che stai aspettando.
Il secondo è che di uomini ne devi aver conosciuti più di uno.
Hai la pelle chiara, sei bionda, l'azzurro del trucco di colora gli occhi scuri, da lontano sembrano più grandi e chiari.
Lo so, anche se non conosco la sensazione, tu sai che effetto fai, ti piace, sai come sedurre, sei così brava che sai nascondere questa tua sicurezza, fino a fingere insicurezza e timidezza.
Riesci e modulare certe piccole incertezze e farle apparire momenti di debolezza. Sai rassicurare, mostrarti disarmata e inoffensiva, sai fingere di aver bisogno di aiuto e di protezione.
Infine sai colpire nel punto giusto, nel momento giusto.
Provo ancora una volta a giocare a carte scoperte, anche se oramai troppe volte, dopo, mi sono detto che è sempre un errore. Un errore di ingenuità.
Ma è che mi piace essere ingenuo, poi ogni volta pentirmi di questo, poi ogni volta ripetere a me stesso che sono uno stupido, e dire a me che non capisco niente e che non imparerò mai.
Misure e contromisure contro il mio modo di agire e di valutare sempre inutili, perché tanto faccio sempre gli stessi errori.
Ma è che mi piace essere così, mi piace sbagliare tanto, sempre. E infine perdere.
Allora dicevo, vorrei giocare a carte scoperte, per cui devo confessare che c'è quel pezzo di Annie Lennox, di cui credo di non conoscere il titolo, dove lei canta tell me whyyyyaaiaaiaai, whyyyyaaiaaiaai, whyyyyaaiaaiaai, cioè si chiede why, why, why, poi ad un certo punto dice, this kind of trouble's only just begun, e alla fine ripete I don't think you know what I feel, I don't think you know what I feel, I don't think you know what I feel.
Forse quello che più che mi colpisce è proprio quel tell me, ma in verità è che questo pezzo mi rendeva triste e malinconico anche tanti anni fa, quando forse non ne avevo motivo. Ricordo benissimo quella estate in cui lo sentivo, credo più di dieci anni fa, provavo nostalgia, mentre lo ascoltavo, ma era una emozione che non potevo appoggiare su alcun pensiero concreto, avevo nostalgia del nulla.
Oppure sono sempre stato nostalgico, fin da piccolo.
Ingenuo e nostalgico, vi pregherei di non far passare la notizia.
La nostalgia non fa male, ma è la negazione del "vivi l'attimo". Ti ripete, come una voce interna, che quell'istante lì, proprio quello lì che stai vivendo in quel momento, non è quello che è, ma sarà solo quello che ricorderai, nel ricordo cambierà, e se sarai bravo ne avrai nostalgia.
Perché lì, nel futuro, se avrai messo in pratica i piccoli giusti segreti, ne potrai fare quello che vuoi.
Ma allora è solo un gioco di scrittura e di interpretazione.
Quindi, faccio andare il pezzo di Annie Lennox su I-tunes, collego la mia cuffietta e aspetto.
Aspetto che la nostalgia arrivi.
Whyyyyaaiaaiaai, Whyyyyaaiaaiaai, Whyyyyaaiaaiaai,
How many times do I have to try to tell you
That I'm sorry for the things I've done.
Ok, eccola, è arrivata, è anche bella forte, eccola.
Ok, ho conosciuto la felicità, ho avuto la chiara sensazione di viverla, proprio dal vivo, nello stesso istante in cui c'era, ho conosciuto la sensazione di perdersi, proprio quando c'era, in quello stesso istante, mi sono fermato e ho pensato, eccomi, in questo momento sono felice e perso.
Forse è inutile sottolineare che ero con una donna.
Ma quello che vorrei dire è che solo la prima volta ho semplicemente pensato che sarebbe durata per sempre.
Solo la prima volta ho creduto che non fosse solo tutta lì, già finita, e invece ho creduto sarebbe rimasta con me, attaccata a me, su di me, dentro, per sempre.
E non mi sono preoccupato tanto, l'ho vissuta con una certa leggerezza.
Ma quella serenità e leggerezza non ci sono poi state più. Mai più.
La seconda volta ero già un altro in un'altra vita, forse avevo solo il dubbio, ma sapevo che poteva finire. Ma quel dubbio era già sufficiente a rovinare tutto.
Quindi quella felicità sarebbe scomparsa? Sarebbe finita e avrebbe fatto male?
Poi la terza, la quarta, e così via, finché sono arrivato a questo istante, in cui la nostalgia arriva già nel momento in cui sono qui.
Per qualche secondo, se sento che sto per perdermi, mi lascio andare, caccio via il pensiero che sto fingendo, mi piace sentire di essere felice per qualche secondo, e in quell'istante sento che è vero.
In verità oramai mi basta anche l'inganno, la finzione, so come cancellare dalla mente i pensieri sbagliati, e mi impegno a pensare che quello che sto vivendo è vero, sembra proprio vero, sembra a tal punto vero che forse posso pensare che sia vero.
Per tutto questo, se poi trovo un momento di verità, so che la nostalgia infine sarà solo per la messa in scena migliore. Per l'inganno meglio recitato. Complimenti agli attori e alla sceneggiatura.
La nostalgia comincia a vivere con te, a essere una compagna di strada, quando i ricordi diventano una ossessione, quando il presente e il futuro oramai pesano inesorabilmente meno del passato, e questo maledetto brano di Annie Lennox continua a suonare nelle cuffiette.
Ci sono momenti in cui sembra che la nostalgia mi possa soffocare, provo nostalgia per tutto, per quella volta in cui ho comprato in quel supermercato un pacco di pasta e un pesce con la faccia strana perché avremmo passato la serata a casa tua, quella volta in cui mi hai fatto perdere mentre eravamo seduti in auto, poi quando ci siamo addormentati in quell'albergo medievale, quando abbiamo passeggiato lungo il mare, quando abbiamo abbandonato tutto per andare su quella spiaggia. Ecco, meglio che mi fermi, o che blocchi Annie Lennox, o che mi ripeta, per svegliarmi, che non eri sempre la stessa donna, purtroppo eri ogni volta un'altra.
Purtroppo non eri sempre la stessa.
Per questo ho cominciato a avere l'ossessione di poter distinguere, di dover lasciare segni, tracce indelebili, per questo ho cominciato a credere negli oggetti e nelle cose che fino ad allora mi erano state più o meno indifferenti.
Ho cominciato con i luoghi, mai tornare nello stesso.
Poi con i souvenir, quelli turistici, quelli che prima mi facevano inorridire, e infine ho trovato un modo perfetto per lasciare un segno.
Da un po' di anni non permetto più al tempo di farmi dimenticare, lascio sempre un segno indelebile.
Ma tu sei ancora lì, aspetto che qualcuno ti si avvicini, finché non vedo quell'uomo alto, dai capelli neri, che si siede sullo sgabello accanto al tuo. Lui sorride, dice qualcosa che non posso sentire, tu, in un primo momento non lo guardi nemmeno. Poi dici qualcosa, poche parole, forse due, tre al massimo, e mi sembra che continui a guardare il bancone, la tua sigaretta, il tuo bicchiere.
Comunque l'uomo si è alza e se ne va.
Ma ecco il colpo di scena.
Tu ti volti, mi osservi, prima sembri seria, quasi severa, come se io avessi fatto qualcosa per cui chiedere scusa, poi sorridi, ti alzi e vieni verso di me.
Ti siedi al mio tavolo.
- Ciao... - sussurri.
- Ciao - rispondo.
- Come stai?
- Bene, tu?
- Bene.
In verità, rispondi seria, e guardi in basso, sembri veramente un po' arrabbiata con me. Stai fingendo?
- Sei sicura di stare bene? . ti chiedo.
- Sì... sì...
- Sicura? - Insisto.
Ecco che sorridi, io subito penso che forse ogni tuo movimento è una finzione, ma subito dopo provo a convincermi che sei veramente felice di vedermi.
- Veramente non sono stata tanto bene. Ho dovuto farmi una piccola operazione, una ciste ovarica, ma ora sto bene.
- Ora stai bene?
- Sì, oggi sono tornata.
Rimani in silenzio
- E tu? - mi chiedi.
- Bene, vado avanti, solita vita.
Devo a questo punto raccontarvi del mio modo perfetto di lasciare un segno indelebile.
Lo so, sembra che scorriamo in questo mondo come gocce di un fiume che non può fare a meno di correre a perdersi nel mare. E non c'è modo di aggrapparsi alle rocce o ai sassi sul bordo del fiume per fermare la corsa con la corrente.
L'unica vera opportunità forse è avere dei figli, così, dal nulla inventare nuove vite. Nuovi personaggi e nuove storie.
Ma non sempre è possibile.
Io, per questo, ho cominciato a lasciare, sulle donne che incontravo, una piccola scritta indelebile.
Mi sembra un modo semplice e infallibile.
È quasi invisibile, un piccolo cerchietto nero con al centro l'iniziale del mio nome, a occhio nudo sembra solo una macchia della pelle superficiale, di quelle che vengono per il sole. La lascio sulla loro pelle con un piccolo ago nascosto tra le dita imbevuto dell'inchiostro per fare i tatuaggi.
In genere preferisco incidere questo mio segno in un punto sulle loro spalle, è facile con un abbraccio, e poi lì non riescono a guardarsi a fondo.
Me l'ha insegnato una ragazza greca.
Ecco, il tuo vestito, nella parte superiore, cade laterale sulla spalla, e la lascia scoperta.
Io allora vedo il mio piccolo segno proprio lì, sulla tua spalla.
Un cerchietto nero con la mia iniziale al centro.
Sulla tua spalla è impresso il mio segno indelebile e io non ricordo.
Per un attimo mi perdo, non ricordo.
È mai possibile che non mi ricordi?
Scuoto un po' la testa, per far tornare il ricordo.
Non ho mai provato nostalgia per te?
Guardi in basso.
- Andiamo? - mi chiedi all'improvviso.
- Dove?
- Da me, è qui vicino.
Lascio i soldi sul tavolo e ti seguo.
Mi porti subito nella tua camera da letto, ci leviamo le scarpe, rimaniamo l'uno di fronte all'altra, ci osserviamo, e di nuovo mi osservi come se dovessi rimproverarmi di qualcosa.
Ecco, a me sembra che tu sia veramente contenta di vedermi, mi sembra che tu sia veramente contenta di essere con me. Sì, è vero, avrai tanti altri pensieri nella tua testa, ma in quel momento forse sei davvero felice di essere con me.
Ma come faccio a pensare una cosa simile? Perché dovresti?
Tu sei così giovane, sei così bella, sai di essere bella, e io sono così brutto e vecchio. Ho tanti anni più di te in verità.
Ma allora perché sei qui con me?
Io sono veramente solo uno dei tanti uomini che tu usi per vivere?
Io sono solo uno dei tanti?
Come tu sei una delle tante?
Ma cosa stai pensando?
Che io sono solo uno dei tanti o che tu sei una delle tante?
Ecco che allungo la mano e ti accarezzo una guancia, tu pieghi lievemente il collo per accompagnare il mio gesto e mi baci il palmo della mano.
Pieghi il collo per sentire meglio la mia carezza e mi baci la mano.
Ecco, questo sono proprio sicuro che sia successo, ne sono sicuro.
Ecco, questo per me è un gesto importante, per me significa qualcosa.
Ok, è solo un lieve movimento del collo, e solo un piccolo bacio sul palmo della mano.
Forse non vi ho detto che ha chiuso gli occhi, sì ha chiuso gli occhi, mentre piegava il collo, sì, forse, ha chiuso gli occhi... forse... forse ora non so proprio bene se è vero... a me sembra di sì.
Oppure l'ho solo immaginato...?
A me sembra che, mentre piegava il collo e mi baciava la mano, ha chiuso anche gli occhi, io ricordo così.
Comunque, ora voi penserete che non c'è grande differenza, ma per me in verità è tutto lì.
Perché avresti dovuto piegare il collo e baciarmi se era solo una finzione?
La tua capacità di interpretazione arriva fino a questa cura dei dettagli?
Perché per me è un dettaglio importante.
O lo è solo per me?
Devo tornare al mio essere ingenuo e nostalgico e dirmi che non capisco niente?
Poi parliamo un po', ma continuiamo ad accarezzarci, le mani, il viso.
Poi il corpo, ci baciamo. Tanto, tanti baci.
Ci stendiamo, siamo stretti tra noi, ci baciamo ancora, e io a un certo punto ti dico che ti voglio bene, che ti voglio tanto bene.
Lo ripeto, mi fermo e lo ripeto di nuovo.
Ti bacio ancora e tu sei lì a stringermi a te.
Tu mi baci.
Ecco, io sento che in quel momento sono perso, ti stringo a me e mi dico che sono perso, mi dico che a me sembra proprio tutto vero.
Sono perso, e mi sembra proprio tutto vero.
Cerco di mandare via la nostalgia, perché sento che in un angolo scuro e nascosto dei miei pensieri c'è quell'intuizione maligna che mi dice che tante altre volte ho pensato che fosse vero, ma tutte quelle volte poi tutto è finito e svanito.
La nostalgia mi soffoca.
Ma tu sei così sensibile e perfetta che proprio in quel momento sollevi una gamba, la stringi attorno a me, come una presa di qualche lotta, e con la mano cominci ad accarezzarmi nel punto giusto.
Io vorrei ora dire che non sei altissima, che le tue gambe sono morbide e tonde, non sono di quelle sottili e lunghe, ma è proprio nella morbidezza di quel tuo gesto che mi sono perso di nuovo e definitivamente.
Non so proprio come fare a rivivere quell'istante.
Hai gli occhi chiusi, mi baci, mi stringi a te, hai le gambe scoperte per il vestito bianco corto, e io sento la tua coscia morbida e liscia sollevarsi su di me, la accompagno con la mano, la lascio scorrere sulla tua pelle, quando la posi tra le mie io stringo le dita e sento che è morbida e liscia di nuovo.
Poi ci siamo tolti i vestiti e abbiamo fatto l'amore.
Ma ora tutto questo non c'è più, è svanito come al solito.
Ora.
Svanito.
Lo so, lo so... lo scorrere e il passare di tutto, è una delle invenzioni più geniali della creazione. L'invenzione del tempo.
Ci sarà un po' di nostalgia per i momenti belli, ma pensate cosa sarebbe rivivere all'infinito quelli brutti.
Scrivo queste righe giusto il tempo di un brano di Annie Lennox.
Questa mattina, guardandomi allo specchio ho visto sulla mia spalla una nuova piccola macchia. A prima vista sembrava proprio una di quelle che vengono per il sole, ma ho preso uno di quegli specchi che ingrandiscono e ho osservato meglio.
È in verità un piccolo cerchietto nero di inchiostro, come un piccolo tatuaggio, con al centro una lettera M incisa.
Credo che la M debba essere l'iniziale del tuo nome.
Il primo pensiero è che questa volta sei stata tu a lasciare su di me un segno indelebile.
Il secondo è un domanda.
Quello che avevi sulla tua spalla, quello con la mia iniziale, te lo avevo lasciato veramente io, o te lo eri fatto tu, per farmi cadere in trappola?
Infine, mio malgrado, devo ringraziare Annie Lennox e il suo Why.
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