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Passioni di Plexiglass
Soleva buttare qualche parola su fogli rigati e bianchi in quei rari istanti d'essenza, i quali emergevano come pochi residui intatti di una poltiglia resa tale dalla martoriante velocità di una lama, abbozzi di forma invisa dalla superficialità del dovere instancabile che non conosce stasi, quel dovere che può essere rinvenuto nell'acidità dei centralinisti o nei sandwiches preconfenzionati delle stazioni di servizio. Il ragazzo rimaneva allibito dalla sconcertante limitatezza dei propri ricordi, di come le vaste stanze della memoria fossero incontaminate per la forsennatezza con cui si trascorrono le giornate, una fugacità che indurendo le malleabili pareti della memoria non concede l'immedesimazione necessaria affinchè il momento lasci una traccia indelebile fra quelle distese immacolate. Non credeva che il passato fosse uno specchio per le allodole, piuttosto, sfogliando all'indietro quelle pagine vissute sulle quali da svariati mesi lasciava le impronte della sua modellata coscienza, veniva attanagliato da un'angosciosa sensazione quando immaginava quelle centinaia di pagine cancellate dalla crudeltà di una gomma, colto da un'eguale malinconia pur pensando di poter redivivere alcuni periodi opachi, purtroppo però sconnessi e privi di qualsiasi armonia. La trascuratezza frettolosa che cova il domani si inietta sangue malato perché in combutta con l'infinito, spegnete la lanterna in fondo alla strada, le pupille si gireranno per riempirvi di dolce fatiscenza, perché non potrete mai dimenticare costruzioni schiantarsi a terra fra polvere e fiamme, piegarsi clamorosamente su se stesse, nel frastuono delle lamelle che rubano i petali dai fiori dell'anima e spengono l'imminente avvenire nelle aspettative della noia mortale. Questo pensava quando scriveva, riusciva nell'intento di non posticiparsi nel futuro prossimo, poteva rimanere attaccato al secondo. Nonostante questo si reputava anche un po' idiota, pur sempre col sorriso sulle labbra secche, trascurate fra una riflessione e l'altra. Bighellonava quella lucida intraprendenza grazie a dei cordiali ricordi più o meno infantili, proprio alcuni di quelli che rimangono singolari per l'estremità dei gesti. Ricordava di aver confessato alla sua miglior amica delle scuole elementari di aver pianto per la cotta infantile che lo dilaniava, tutto questo sotto le note di una canzone di un cantautore che tanto piace alle casalinghe. La compagna d'ascolto sorrise spruzzando nell'aria un po' di dolcezza di scorta che le rimaneva. Qualche giorno dopo, durante la lezione quotidiana, riferì alla cara amica, a distanza di qualche banco, potendo immaginare la difficoltà di comunicazione, che la canzone in realtà non era del cantautore in questione, bensì di qualcun altro, senza importanza, quando la sottile linea dell'immediatezza era ormai scomparsa; probabilmente la dolce fanciulla non avrà percepito, tuttavia, se il riproposto sorriso fosse stato conseguente alla ricezione del messaggio vocale, sarebbe stato indice di imbarazzo o di reale compassione.
Attingeva a queste piccole rievocazioni, le quali più volte ripetute durante il corso della sua esistenza in maniera disparata, naturalmente con più maturità mano a mano che gli anni si avvicendassero, l'instabilità di ciò che detraeva dalla sua produzione mentale per poi materializzarlo con l'inchiostro. Aveva il sospetto che le idee imbrigliate nelle geometrie d'una ragnatela di formaggio fuso potessero divenire ragion per cui in futuro la sua reminiscenza dovesse poi ospitarle in una delle tante camere non ancora impolverate concedendogli un veterano sorriso, il quale di veterano avrebbe solo l'avvenuto. Non osservava la vecchiaia con occhio benevolo: le campane rintoccano e le mani si sfiorano per pregarle, rincorrendo il suo senso con un'illusoria percezione d'avvicinamento come se l'esperienza fosse l'unica maestra. Purtroppo non si avrà mai la certezza d'essersi avvicinati alla botola del paradiso fino a che lo sguardo non scorgerà la fune pendente fra l'indifferenza degli astri e fino a quel momento, nonostante l'ondularsi regolare delle braccia abbia infettato d'umano gli spazi celesti in lungo e in largo, non si potrà mai dedurre la prossimità all'obiettivo, soprattutto se si concentra la ragione sulle clessidre, le quali più vendono al tempo i propri granelli e più sacrificano intraprendenza e speranza nel sudore gelido di chi confida in loro.
Il ragazzo, in quel pomeriggio di alluminio, mentre la lampada del divino risucchiava a stento le ombre, era diretto presso la libreria più popolata della città in compagnia di un buontempone con cui trascorreva gran parte delle sue giornate saltando da una nuvola all'altra senza sfiorare l'asfalto grigio, cui frutto della proiezione delle loro suole usurate. Costui era un tizio folle con dei capelli americani, jeans asfissianti e camicie barocche, che soleva abbandonarsi dietro occhiali scuri, impietosendo l'affanno della mediocrità con siringhe di nichilismo sfrenato.
Con lui condivideva la medesima passione, trovavano il coraggio per sfidare qualsiasi pagina numerata; leggevano per riuscire a leggersi.
Il ragazzo, cui protagonista di questa zoomata su una storia qualunque, scorse da considerevole distanza la mastodontica insegna della libreria, accorgendosi di come l'odore della carta stampata fosse stato venduto ai colori della pubblicità, colori talmente spavaldi da svestire le strade della Bohème da ciò che non hanno mai avuto. Compiuti pochi passi, giovani e forti come la borghesia, arrivarono con fare di sfida dinanzi la porta automatica: non è una questione di comodità la porta automatica, è funzionale contro l'imbarazzo dal momento in cui non cerca giustificazioni. Prima di entrare in quel pollaio però i ragazzi rimasero affascinati da un atipico messia con la danza in volto e le spalle larghe contro il muro; aveva in mano degli opuscoli con i segreti del Continente nero che tentava di regalare a quei passanti con le guance liftate ed il culo sporco, che rifiutando prontamente piangevano se stessi senza saperlo. Quel gigante s'illuminava la pelle di carbone bollente con un taglio bianco ed ascendente nella bocca e se la demagogia fosse una malattia che contagiasse l'albume dell'uovo avremmo profeti lontani dal nostro cielo. Ma era solo un negro schifoso senza sapone.
Non appena misero piede lì dentro, dove quel lurido vecchio crucco con le camice sporche d'America avrebbe certamente voluto vomitare sulla divise asessuate delle commesse, si ricordarono d'esistere grazie al rumoreggiare del parquet graffiato dai pesanti carrelli dei fornitori. Ma non solo: rimpiansero la vecchia libreria vittima dell'industria, rimpiansero la vecchia proprietaria, rimpiansero la sua passione singhiozzante, rimpiansero il disordine dell'arte, ma soprattutto rimpiansero il vecchio buio che tinteggiava gli scaffali e i suoi libri pieni di luce, pieni di futuro. Rimpiansero tutto questo perché qualcuno aveva deciso di spostare il velo che rendeva soffusa la luce del pensiero con una trafila ordinata di faretti ad incasso che dominavano l'ambiente dal soffitto, come se l'architetto dell'universo avesse rotto il fascino del caos, come se avesse messo in fila le stelle una ad una, come mariti al supermercato con la moglie alle spalle e l'infinito nello sguardo.
Non appena intrapresero una scettica camminata fra i tavoli di legno verniciato, scivolarono sull'ordine alfabetico origliando un abito gessato ed una cravatta che si annoiava ad annoiare studentesse universitarie con viaggi, lavoro, cultura ed intelligenza.
"Solo il denaro ha il coraggio di stuprare le proprie madri." Bisbigliò la scaltrezza prematura del ragazzo. L'amico intanto, con l'incolta barba in linea con il suo stato di umile coscienza, si sedette su una di quelle poltroncine rosse e ed inutili disposte sporadicamente nella stanze affollate e dopo l'affannoso respiro d'una sconfitta sentenziò con sarcasmo: "Non lo senti che puzza di cadavere? Cazzo, sono tutti morti!" Il ragazzo, in piedi dinanzi a lui, ebbe un accenno di riso e dopo qualche istante di silenzio, come se stesse girando la scena clou di una pellicola drammatica, rispose sibilando: "Sai qual è il problema? Nessuno ha il coraggio di lottare per ciò in cui non crede." Subito rialzò con delicatezza lo sguardo e si girò fiaccamente verso la parte opposta della camera stracolma di oggetti più o meno animati che osservava distrattamente con le pupille che rotolavano con sfocata lentezza, come l'otto nero dipinto nel piccolo cerchio chiaro di una palla da biliardo, l'ultima prima di andare via, che striscia sulla superficie del tavolo senza pretese, colpita con rassegnazione per mancanza di scelta; all'improvviso però la sfera bacia la sponda fortunata, giungendo con sofferente stanchezza alla buca decisiva. Ed è proprio così che quel agglomerato di appiccicoso di torpore venne distrutto da una visione aulica: raggrinzito anche lui su una di quelle poltroncine c'era, a qualche metro da loro, il vedovo della proprietaria defunta della libreria defunta. I giovani si guardarono positivamente scossi e con una smorfia di felicità ricordarono quell'uomo, il quale con straordinaria fiducia verso la razza umana raccontava ai due amici, allora adolescenti, di come gli piaceva interpretare la filosofia hegeliana, spronandoli con tenerezza a non abbandonarsi mai, a coltivarsi a vicenda come piante che hanno bisogno dello stesso trattamento per sopravvivere, perché solo così il raggiungimento dell'assoluto sarebbe stato ultimato. L'inaspettata gioia si dissolse però nel giro di pochi attimi nel cuore del ragazzo poiché fu invaso inaspettatamente dalla rivelazione che gli aveva fatto qualche giorno addietro sua nonna, come se fino a quel momento l'impatto col passato gli avesse annientato i ricordi più recenti: "Nonnì, hai saputo del marito della proprietaria dell'ex libreria del corso? ha una grave malattia, dicono che gli sia ormai rimasto qualche mese da vivere."
Le voci non erano errate, il colore dei pantaloni e della giacca neppure: la presenza fisica dell'anziano signore sfociava nell'assenza; la gioventù predilige l'eleganza salturiamente, quando lo si richiede, ai compleanni, quando le scuole sono chiuse, al contrario la senilità innalza l'istante, cerca d'innamorarsi del giorno perché alle parole non c'è tempo per rimediare; quel tempo ed il suo valorizzarsi nella ragione. L'uomo aveva scoperto il suo senso, ma aveva intuito di non poterlo ormai adempire; poteva comunicarlo, ma non l'avrebbero capito. Sprofondato in se stesso vedeva passare treni senza forma apprezzando la nostalgia infantile di locomitive spente, quasi archeologiche. Pensava alla ragazzina ai tempi dei balilla, la fidanzata di terra quando il pane era argentato, la donna con le cicatrici che brillavano di luce propria dinanzi le creature di un pianeta fulminato, la signora con le calze scure e l'accento formale; lei, con la quale ogni sera condivideva trame e concetti prima di incrociare i piedi gelidi sotto le coperte. E adesso le urla delle convenzioni lo stavano tirando fuori dall'acqua di una doccia calda e intima; non si sentiva tradito dal suo corpo, assolutamente, ma l'avrebbe voluta sulle braccia per riscaldarsi e farsi dimenticare ancora per qualche stagione ricca di comete, piuttosto che vedersi sfuggire il carburante della vita, delle passioni straziate da terribili martellate di realismo: la donna e l'arte, l'arte della donna, l'indecifrabile.
Come un paesano con le braccia protese e le guance arruginite da lacrime che confondevano la vista di fazzoletti consolatori, stava per abbandonare la sua amante sonica e con lei l'albero maestro che fin dall'infanzia li aveva uniti e guidati: il corpo del signore designava tratti generali immobili, le mani appoggiate sui braccioli come alghe sul fondo marino facevano da contrappeso alle gambre intersecate, concomitando con la robotica definizione del viso, ch'era ravvivata solo dall'automatico sbattersi delle palpebre. La maniacale attenzione scandiva le copertine minimali dei romanzi e dei saggi affilati sugli scaffali appuntiti, opere che stava per lasciare vergini al suo spirito.
Quel cuore infranto, fra una dose di otto ore e l'altra, aveva letto troppo, ma non abbastanza ora che la morte gli accarezzava le terga con le sue dita irritanti. Si struggeva tremendamente quando si accorgeva di aver trascurato la tanto bramata letteratura russa di seconda fascia, o la novecentesca follia statunitense che la strafottenza pop gli fece odiare senza un motivo plausibile. Per non parlare poi della filosofia deludente, la più attraente; fu così che avrebbe abbandonato quella dimensione, come un cives barcollante fra l'anomia e la dittatura, un uomo che si era prostrato ai piedi delle sue passioni con dedizione animalesca; un fanatico non ancora sazio della medicina linfatica che la sua anima richiedeva senza che mai il bisogno potesse frenarsi, dal momento in cui l'arte è immortale e non è nient'altro che la sublimazione dell'amore. "Non ho trovato il tempo per l'audacia illuministica di Lucrezio." Rifletteva tappezzato dalla pelle d'oca scorgendo la sezione classica. E Poi, distratto dalla voce rauca del commesso saccente, l'occhio cadde su un volume pesante nell'angolo della filosofia politica che non riuscì a focalizzare per colpa degli occhiali, attempati anche loro.
Non lo distinse, ma le dimensioni furono sufficienti per essere invaso da una micidiale colpa soggettiva: "Giornate spese a disquisire vivacemente di anarchia e taylorismo, fra Grozio e Rousseau, senza aver mai avuto il coraggio di rovistare nella barba grigia di Marx." Ormai era lì da ore, circondato da centinaia di enormi pareti specchiate, che con cadenza più o meno regolare si frantumavano una dopo l'altra, lacerandogli la coscienza.
Fu così fin quando i due amici non gli passarono sotto il naso, incuriositi ma accorti. "Ragazzi." Accennò con sforzo la voce del vecchietto, come se quella visione avesse sconvolto gli spettri della malinconia. Il richiamo vibrò come un'arpa impolverata che desiderava essere sfiorata da mani inesperte. I ragazzi si voltarono sorpresi e dopo un attimo d'incertezza il ragazzo rispose con rispetto: "Buonasera signore, le serve qualcosa?"
"Mi ricordo bene di voi figliuoli. Ricordo quando trascorrevate i vostri pomeriggi alla libreria, per la contentezza mia e di mia moglie. Devo rivelarvi che la vostra forza interiore mi affascinava tanto, nonostante foste così piccoli. Ricordo anche le ramanzine d'idealismo che vi facevo con estrema speranza, ora mi accorgo che feci la cosa giusta."
I due l'ascoltavano con piacere senza proferire parola, i volti esterrefatti bastavano alla profondità del signore per capire di esser riuscito ad intrecciare i suoi ricordi con i loro.
"Voglio darvi uno spassionato consiglio, perché probabilmente sarà l'ultima volta che i nostri spiriti si toccheranno da vicino: l'esistenza degli uomini è caratterizzata da due momenti, il lavoro e la passione. Con amarezza devo dire che il primo è la condizione senza la quale non potrei stare qui a parlarvi; ma purtroppo è il momento che distrugge l'essere umano, è il momento che annienta la libertà senza sosta, come un raptus omicida. Le brevi pause tra una coltellata e l'altra sono le fugaci soddisfazioni che riesce a regalarci.
Il secondo momento, al contrario, è l'unico che rende felice l'uomo, che nella sua interezza corrisponde ai nostri bisogni, perché i bisogni non possono essere imposti, sono campanelli che improvvisamente cominciano a suonare, spingendo l'uomo a colmarli. E sono proprio loro che lo elevano, perché solo dove c'è l'assenza si può costruire qualcosa. La vita però è un lavoro. Non si sceglie come e quando, difficilmente si trova il coraggio di licenziarsi dalla vita, nonostante il dubbio che si possa stare meglio tormenta l'uomo. Quindi se la vita è un lavoro, vi chiederete quale spazio occupino le passioni al suo interno. Ecco, le passioni sono quei brevi momenti di gioia che il lavoro ci concede e voi dovrete sfuttarli nella maniera che più vi farà stare meglio. Per questo non aspettate che il tempo passi, ma passate il tempo che aspetta."
Quell'uomo non fu spinto dal solito spirito patriarcale che caratterizza gli adulti, sapeva benissimo che il sermone appena concluso probabilmente non poteva essere interiorizzato dai ragazzi, ma lo sapeva benissimo anche quando parlava loro dei suoi ideali filosofici sull'amicizia, eppure a distanza di dodici anni erano ancora insieme, dentro una libreria, alla ricerca di una sfida.
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