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La vacanza
Si alzò dal letto, andò in cucina e prese una birra dal frigo.
Quando aprì la lattina gli sfuggì un' imprecazione : la birra gli era schizzata in faccia, bagnandolo tutto.
Anche la t-shirt sapeva di birra.
Gli capitava di non riuscire a dormire, la sera prima di una partenza.
I suoi amici erano già arrivati a destinazione da tre giorni e lui che non aveva potuto liberarsi dal lavoro, li avrebbe raggiunti partendo l' indomani, con il volo delle 17. 00.
Sentiva proprio il bisogno di una vacanza, gli ultimi mesi lo avevano impegnato molto e l' idea di staccare completamente la spina, lo solleticava già da un pò.
Giorgio, un architetto trentenne, viveva da solo da qualche mese, dopo essersi separato dalla moglie.
Il matrimonio era durato solo due anni e non avevano avuto figli.
Era tornato un uomo libero, almeno questa era la versione ufficiale; in realtà stava attraversando un periodo di crisi e cambiare aria sembrava la decisione migliore per riprendersi.
Era agosto e nonostante l' aria condizionata, non era riuscito a prendere sonno.
Sapeva che non si trattava di un problema di temperatura: gli aerei gli avevano sempre creato qualche effetto collaterale.
Quello che temeva di più, era il momento del decollo, poi si rasserenava.
Ma prima della partenza, sentiva una certa ansia. La birra però lo aveva rilassato ed era tornato a letto; aveva acceso la tv nella speranza che contribuisse a conciliargli il sonno.
Alla fine crollò.
L' indomani dopo un' abbondante colazione, cominciò a preparare la valigia : un po' alla rinfusa, aveva messo dentro tutto quello che poteva servirgli.
Si trattava di un voluminoso bagaglio rigido, munito di ruote.
Il suo appartamento era al quarto piano di un edificio in centro.
Dopo i controlli di rito, aveva chiuso la porta a doppia mandata e spinto il tasto per chiamare l' ascensore.
Avrebbe raggiunto l' aeroporto in pullman e sarebbe arrivato con un certo anticipo.
L' ascensore si aprì e lui entrò posizionando da una parte la valigia.
La porta si richiuse automaticamente non appena schiacciò il pulsante del piano terreno.
Era un modello tutto in metallo completamente chiuso, non molto spazioso, progettato per trasportare un massimo di tre persone.
Nella parete opposta alla porta, uno specchio spezzava il grigio dell' acciaio della cabina.
La luce della plafoniera non era intensa e dava un colore giallognolo alle cose.
L' ascensore aveva appena cominciato la discesa, quando Giorgio tastandosi le tasche si accorse di non avere con sè il cellulare.
L' aveva scordato sul comodino, in camera da letto.
Istintivamente, schiacciò il pulsante dello stop: l' ascensore si arrestò di colpo...
e si bloccò tra un piano e l' altro!
I pulsanti non rispondevano più e la cabina era rimasta tra il primo e il secondo piano.
"Calma" pensò, azionando il tasto dell' allarme : Qualcuno mi sentirà e presto sarò fuori.
Ma era un sabato di metà agosto e nel suo stabile, la maggior parte degli appartamenti erano uffici e Studi medici.
Le pochissime famiglie che abitavano nell' edificio dovevano essere al mare o in vacanza o chissà dove.
Suonava il campanello dell' allarme già da diversi minuti, ma nessuno si era fatto vivo.
La piccola ventola dell' aeratore non riusciva a dissipare il calore che si stava creando nella cabina ; Giorgio cominciava a sudare e non soltanto per il caldo.
"Sono un idiota" diceva tra sè e sè, "cosa mi è venuto in mente... e adesso?"
"Non è possibile" e si disperava provando a forzare la porta con le mani.
Niente da fare, era in trappola e il tempo passava ; provava e riprovava a schiacciare i tasti ma non succedeva niente.
La cabina era piccola e adesso se ne accorgeva ancora di più.
Il caldo stava diventando opprimente, l' aria poca e c' era pure quella maledetta, inutile, enorme valigia a rubare spazio!
Le ore passavano e ormai il suo aereo era partito.
Gli pareva di vederlo, mentre rullava sulla pista e prendeva il volo... cominciò, in un impeto d' ira, a prendere a calci le pareti di metallo.
Si accasciò, sudato con le mani tra i capelli.
Trovò delle caramelle in una tasca dei jeans, una piccola fonte di zuccheri, ma quello che cominciava a farlo soffrire veramente era la sete.
Oltretutto, la paura di dover restare chiuso nell'ascensore fino al lunedì mattina, cominciava ad ossessionarlo.
Come avrebbe potuto resistere?
Il suo orologio segnava le dieci di sera, c' era un silenzio irreale.
"Se avessi il telefono, sarei libero in cinque minuti" pensava, ma se avesse avuto il cellulare, non avrebbe premuto lo stop.
I suoi occhi scrutavano le pareti della cabina centimetro per centimetro : non aveva mai notato tutte quelle scritte incise.
Si sentiva oppresso ; gli tornò alla mente la birra della sera prima: " Forse anche lei stava stretta, in lattina.
Per questo è schizzata fuori... ma la birra è solo birra!
Fatta per essere bevuta... e io per cosa esisto, per quale libertà ?
Sono schiavo della tecnologia... a cosa mi serviva il telefono in vacanza?
Non volevo staccare la spina?"
E mentre continuava con le sue elucubrazioni cerebrali, una scritta fra tutte, la più grande, si impose alla sua attenzione : " VAFFANCULO" !
Non era chiaro a chi fosse indirizzata e nemmeno perché, ma lui si sentì perfettamente d'accordo con il concetto generale!
Ormai quasi vaneggiava, immaginava bottiglie d' acqua ghiacciata che si materializzavano davanti ai suoi occhi e gelati dei suoi gusti preferiti che attraversavano le pareti della cabina.
Anche i bisogni fisiologici cominciarono a farsi sentire : dovette adattarsi.
Oltre al caldo, alla mancanza d' aria e alla sete adesso era costretto a sopportare anche l' olezzo delle sue necessità.
La mattina dopo, si svegliò tutto indolenzito per la posizione che aveva assunto appisolandosi e gli parve di sentire qualcosa : sì, erano delle voci che venivano dal piano di sotto : cominciò a suonare l' allarme.
Una delle famiglie era tornata e trovando l' ascensore bloccato, aveva chiamato la ditta responsabile dell'assistenza tecnica.
In mezz' ora fu libero.
"Bella disavventura" gli disse uno dei tecnici, notando le condizioni della cabina.
Giorgio lo guardò... e poi grugnì qualcosa.
Trascinò con stizza la pesante valigia fin dentro casa e si fiondò al frigo bevendo due litri d' acqua di seguito, poi aprì una birra osservando la lattina e si infilò sotto la doccia.
Quando si riebbe, prese il maledetto cellulare : era pieno di messaggi.
"Strano" pensò, se fossi partito non sarei ancora arrivato.
In effetti non erano sms, ma chiamate ; mentre aveva il telefono in mano, squillò.
"Pronto" disse, mentre dal ricevitore si sentiva : "Giorgio... Giorgio sei tu? Sei vivo, sei vivo! Parla, dove sei?
Riconobbe la voce commossa del suo amico Mario.
"Mario, sono a casa, che succede?"
"Giorgio, sei vivo, non mi pare vero ma... non sai niente?"
"Cosa, di che parli, sono rimasto chiuso nell' ascensore".
"Giorgio l' aereo è precipitato, un disastro"
Giorgio ammutolì, accese il televisore, restò impietrito e piangendo... baciò il suo cellulare!
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