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Breve parentesi di una vita, per il resto, condotta con rettitudine
A seguito di fatti che non narreremo, un uomo amareggiato dai fatti di cui non narreremo, prese una decisione che attirò la nostra attenzione al punto da farci venir voglia di raccontare quali furono - nonostante l'ammirazione che proviamo per il pensiero di Sir David Hume - le conseguenze della stessa.
Limitandoci quindi al ruolo di narratori lasciamo a chi lo è quello di protagonista.
Un uomo amareggiato, sebbene ancora giovane, decise che non avrebbe più mosso un dito per aiutare il prossimo né fatto attenzione a non ferire i sentimenti altrui.
Anzi.
Anzi avrebbe fatto del male.
Cercare, volontariamente, di far male al prossimo.
Odia il prossimo più di te stesso.
Fai agli altri soltanto ciò che non vorresti fosse fatto a te.
Aveva deciso, adesso era tranquillo e si addormentò.
Ma non è facile.
Non ci si sveglia una mattina e si cambia di colpo.
Un passo alla volta.
Scartò gli insetti. "Troppo facile", si disse. Ne aveva già uccisi centinaia senza farci caso. Serviva qualcosa con più sangue nelle vene.
"Un gatto non sarebbe male. Un gattino sarebbe un bel passo."
Poi ci pensò.
"Un passo alla volta", pensò.
La bacinella piena d'acqua, le sue mani che lo prendono, miao miao, poi pian piano - glup, glup - miaomorto.
No, meglio qualcosa di più semplice per cominciare
"Una lucertola", pensò. "Una lucertola va bene."
Così, dopo un sana colazione a base di caffè, latte e cereali, inserì la prima della sua auto, per scalare in seconda accanto ad un campo incolto dopo circa cinque chilometri e dieci minuti di semafori e clacson.
Più o meno al chilometro tre e minuto sei e mezzo si rimproverò per essersi fermato davanti a delle strisce pedonali così da permettere ad una vecchietta di attraversare la strada.
"Non va", pensò. "Se uso ancora queste piccole gentilezze dove troverò il coraggio per stringere il filo d'erba?"
Si fece coraggio e ripartì, lasciandosi la vecchietta alle spalle (vecchietta che sarebbe morta tre giorni dopo sbattendo la testa contro un marciapiede al termine di una strenua difesa della propria borsa da un tentativo - ahi lei riuscito - di scippo; la refurtiva, dignitosa pensione dell'anziana donna, ammonta a novecentoquattordici euro con banconote così suddivise: quattro pezzi di cento, otto da cinquanta, cinque da venti, uno da dieci; nulla ci è invece dato di sapere sulla suddivisone in monete delle unità, né sulle generalità dell'assassino).
Con coraggio ripartì verso il campo incolto dove, pochi minuti dopo aver spento il motore dell'auto, riuscì a catturare una lucertola con un lungo filo d'erba che aveva estirpato dal terreno dopo averlo scelto tra centinaia che si stendevano verso il cielo o ripiegavano su se stessi; discriminante della scelta fu la sua lunghezza per la necessità di fare un nodo scorsoio ad una delle estremità, il quale nodo si sarebbe rivelato di massima importanza per la riuscita del piano che in sintesi consisteva nel provocare sorte infausta alla lucertolina, e che nei dettagli prevedeva la testa della già citata malcapitata venire rinchiusa dentro il nodo testé realizzato in modo da interrompere bruscamente il di lei bucolico sgattaiolare e che, con aggiunta di ulteriori dettagli, si sarebbe completato pochi secondi dopo la cattura, con un movimento della mano destra del nostro amareggiato sebbene ancora giovane e deciso protagonista che, nello specifico, tirò il filo d'erba dall'estremità opposta a quella del nodo in modo che questo si chiudesse intorno al collo della suddetta malcapitata impedendole una corretta respirazione; ragion per cui la testolina iniziò a muoversi con velocità crescente nei due-tre secondi successivi al movimento della mano, decrescente, fino a smettere del tutto nei seguenti due-tre: destra, sinistra; destra, sinistra; destra, sinistra; destra, sinistra; de-stra, sini-stra; de-st-ra, si-ni-st-ra. Deee-stt-rra, sii-ini-strrr.
Una linguetta biforcuta spuntò fuori dalla boccuccia della più volte citata malcapitata al termine del processo descritto. L'amareggiato, giovane e decisamente crudele protagonista di questa storia che - è bene chiarirlo per chi stesse valutando di interromperne la lettura- nelle mie intenzioni non diminuirà in quanto a crudeltà e raccapriccio nelle pagine seguenti, fu un po' dispiaciuto per il gesto commesso, precisazione che non facciamo per cercare di attirare su di lui le simpatie dei lettori rimasti, ma perché subito dopo la morte provocata fece la seguente riflessione: "Non aveva nessuna colpa, la lucertolina. Ha pagato colpe altrui." Poi però, non impietositevi residui lettori!, pensò: "Come capita a tanti". Liberò quindi dal filo d'erba la lucertola con testa immobile e riprese la caccia.
In meno di due ore uccise sei lucertole, schiacciò nove lumache, due scarafaggi ed un centinaio di piccole formichine.
Glup. Glup.
Soltanto dopo circa un mese dall'avvenimento raccontato riuscì a compiere il secondo passo. Era intanto diventato uno sterminatore di lucertole. Si abituò alle loro testoline in movimento, alla linguetta che usciva in segno di resa. Non che si divertisse, ma non provavo più alcun disagio nel farlo.
"Bene, bene", pensò."Sono pronto per i gattini."
Andò in un negozio di animali - Animalandia, il fantasioso nome - e comprò i due che più gli piacevano: gattini siamesi dal pelo bianco-crema che dormivano accucciati uno sull'altro. "Adorabili musetti felini", pensò.
Sapeva che per riuscire a portare a termine l'intero processo doveva continuamente saggiare la propria determinazione e in quest'ottica si spiega l'idea di affezionarsi ai piccoli bianco-crema.
Per un paio di settimane li accudì come neonati, allattandoli ad intervalli regolari con un piccolo biberon e facendo attenzione che le loro fragili zampette non compiessero passi pericolosi.
Dobbiamo, con un misto di rabbia, disprezzo e ammirazione, registrarne la fermezza dei propositi nello scorgere un accenno di sorriso sul suo volto quando, nel guardali per l'ultima volta, vide quattro occhietti sbarrati non vederlo più. Trenta centimetri d'acqua. Miaomia, glupglu...
"Bene, bene", pensò. "Procediamo."
Passo successivo: ferire qualcuno. Un essere umano. Anima razionale. AAAristotele.
"Ne ho ricevute tante di ferite io", pensò per farsi coraggio; perché, bisogna ammetterlo, compiere questo passo gli costava molto. Ferirlo seriamente. Non qualche graffio. Sangue a fiotti. Una corsa all'ospedale che se non andavano veloci sarebbe anche potuto morire.
E infatti morì.
Fece due passi in uno.
Uccise un uomo quando voleva soltanto ferirlo.
Ma andiamo a raccontare.
All'inizio aveva pensato ad un bambino, ma non se la sentiva, non era ancora pronto. "Ne muoiono a migliaia di bambini ogni giorno perché tanti scrupoli per ferirne uno?", aveva tentato di convincersi, ma niente da fare, non se la sentiva.
Allora scelse la sua vittima quasi per caso.
Andò in strada e seguì il primo volto che gli risultò poco simpatico. Lo scelse anche dall'incedere. Grassottello, stempiato, un metro e settanta, sui quarant'anni, forse quarantacinque. Espressione e passo sicuro. Un po' arrogante.
Lo seguì per un centinaio di metri, poi allungò il passo, gli si accostò e prima di lasciare andare il braccio destro bisbigliò: "Per tutto il male che hai fatto."
La lama di un coltello di cucina trapassò con facilità un'arrendevole maniglia sinistra colma d'amore e vi rimase appeso. L'uomo cadde per terra, senza una parola; l'aggressore proseguì mantenendo il proprio passo. "Se mi prendono è giusto. Se mi prendono così sia", pensava sentendo le grida dietro di sé, grida non dell'uomo - rantoli, eehherrr heeehrrrr, rantoli per lui - ma dei primi soccorritori.
Per sua fortuna, però, nessuno capì a quale mano appartenesse il coltello.
Il giorno successivo accese la televisione appena sveglio. Mise la caffettiera sul fuoco. Il telegiornale del mattino raccontava di un omicidio per accoltellamento, la vittima era morta in ospedale nella notte. Versò il caffè in una tazzina. Un uomo mite, veniva descritto dai conoscenti. Lasciava moglie e due figli: una bambina di otto anni, un maschietto di cinque. Un cucchiaino di zucchero, uno e mezzo. La polizia non trascurerà alcuna pista, assicuravano dalla questura.
Riempì una seconda tazzina di caffè, mezzo cucchiaino e una goccia di latte. Portò la tazza alle labbra. Sorseggiò una prima volta, una seconda, poi giù il resto.
Dopo aver bevuto il caffè si sentì calmo.
Aveva restituito il male.
"Che quiete", pensò
E, con letizia, riprese la sua vita di sempre.
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- Simpaticamente inquietante. Non so se chiederò la tua amicizia, però!
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