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Fratel Luigi e il ferro

Un umile, grezzo, lucido, insignificante pezzo di ferro, peraltro di scarto, capitatomi fra le mani oggi, improvvisamente mi ha ricordato di lui, Fratel Luigi.

Era il nostro insegnante di "Tecnologia dei metalli".
I metalli erano tanti; ma si capiva che egli aveva un solo amore: il FERRO.

Quando lo nominava, sembrava che parlasse di un'Entità sovrannaturale, salvifica. Come se sintetizzasse Gesù Cristo col ferro; e il ferro con Gesù Cristo.

"IL FERRO..." - diceva ispirato -; e intanto i suoi occhi lanciavano bagliori; proprio come fa il ferro quand'è rosso dalla fiamma, o quand'è levigato dalla lima. E t'incantava, non tanto il fiero metallo, ma proprio quel suo fervore! Non era più solo ferro quello di cui ci parlava, ma qualcosa che lo trascendeva. Qualcosa di bello, forte, potente, rivoluzionario...

Ecco, quando egli ci spiegava tutta la lavorazione del ferro, da minerale (ematite, limonite, siderite) a prodotto finito, le sue parole diventavano il maglio che lo batteva; i suoi occhi, crogioli ripieni di carbone ardente; le sue mani, che s'agitavano in una foga come quella d'un profeta, pinze, martello, laminatoio, fresa, tornio, lima...

Ebbene, quella sua forza spirituale trasposta nella materia, contrastava in maniera singolare sia col suo abito, che con i modi e la "dottrina" degli altri suoi confratelli.

Mai, infatti, egli ci parlò di dottrina. Ma quel suo vigore e la sua forza magnetica, che c'incutevano timore e rispetto, erano forse un modo indiretto, inconsapevole, di parlarci di sé e della vita ascetica che conduceva; i segni della quale portava ben stampati sul nobile viso asciutto.

Era, così sembrava a me, un uomo travagliato; e mi era inevitabile rassomigliare quel suo travaglio, a quello del ferro quando, nel crogiolo, unendosi al carbonio, diventa finalmente lucido acciaio.

Ma era di carne anche lui, come tutti. E qualche tempo dopo che ebbi lasciato quella scuola, seppi che morì di non so quale male. Pensai allora alla sua stranezza, come religioso, di non averci mai parlato di Dio. Eppure, ripensandoci dopo, forse non era vero; forse era stato quello il suo modo singolare di parlarci di Ciò di cui non si può parlare.

Attraverso l'umile, austero, prezioso, nobile metallo.

 

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8 commenti:

  • gianmarco barnabei il 05/11/2017 21:15
    Molto interessante, un saluto
  • Luigi Naselli il 12/02/2012 18:40
    ti ringrazio Amorina Rojo per questo tuo bel commento di oggi.
    In effetti, come hai scritto, lui era un fratello anomalo, in un collegio di Fratelli delle Scuole Cristiane dove invece tutti gli altri Fratelli insegnanti battevano molto sulla questione dottrinale, che di veramente religioso aveva ben poco.
    Era un uomo misterioso, come ho evidenziato, e a me appariva un po' tormentato. Ma che ritrovava tutto l'entusiasmo e l'ardore nell'insegnamento della tecnologia dei metalli, chissà perché.
    Non escludo che il suo a me apparente tormento, fosse una vera strenua sofferta ricerca di quel Dio del quale con tanta sicurezza parlavano i suoi confratelli.
    Ciao Amorina, grazie e ricambio il bacino.
  • Amorina Rojo il 12/02/2012 10:59
    beh, a mio parere il fatto che Luigi fosse Fratel ha poco a che vedere con la metafora religiosa... quella la vogliamo trovare noi, o lo scrittore.
    In realtà quell'atteggiamento nei riguardi della materia prima da lavorare, che sfocia quasi in mania, è tipica di tutti gli artisti: era uguale a Luigi mio zio, quasi sempre ubriaco e poco dedito alle attività spirituali, eppure anche lui fabbro di classe.
    per non parlare di Michelangelo, che bestemmiava e litigava a suon di cazzotti coi cavatori della mia terra... e l'elenco sarebbe lungo. bel racconto, ben scritto... bacino.
  • Luigi Naselli il 04/08/2011 15:20
    Ciao Pepe e grazie per il commento.
    Per quanto riguarda sia il tuo perché, sia la mia metafora religiosa rispondo che l'artista, il poeta è l'ultimo che dovrebbe dare delle spiegazioni. Se di arte e di poesia si tratta, sono i loro fruitori che ne vedono e sentono il senso. Del resto tu stesso dici che certe emozioni lasciano il segno negli altri. Ciao e grazie.
  • Pepè il 04/08/2011 14:54
    Adoro le pagine di diario e questa tua la trovo misteriosa. Perché l'amore di fratel Luigi per il ferro? Non mi convince la metafora religiosa. Forse la lavorazione del ferro era una attività che aveva fatto lui o suo padre...
    Certo che ti ha lasciato un ricordo molto intenso: le emozioni che si provano lasciano il segno negli altri.
  • Luigi Naselli il 18/06/2011 17:08
    Vi ringrazio entrambe, angela e carla per i vostri differenti commenti. Mi resta il piacere di avervi potuto suscitare qualche ricordo o qualche riflessione. Ciao e grazie tante. luigi
  • angela testa il 18/06/2011 11:15
    anche io mi ricordo una professoressa a scuola che mi parlava sempre di DIO... MA LEI PARLAVA DEL MALE IN CONTINUAZIONE... PER FARCI CAPIRE QUANDO è IMPORTANTE APPREZZARE IL BENE... MI HAI FATTO RICORDARE UN DOLCISSIMO RICORDO... LEGGENDO IL TUO CON DOLCEZZA...
  • Anonimo il 17/06/2011 21:25
    caro Luigi forse padre Luigi era andato al sodo... nel senso vi parlava di Dio attraverso ciò che Dio aveva creato la terra e con la terra tutti i minerali non per ultimo il ferro... molto bello questo racconto Luigi... le strade del Sgnore sono infinite... complimenti
    ps questa è solo una mia interpretazione ciao carla

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