È una splendida serata. Come tutte le domeniche mi ritrovo nella piazza del paese con le mie amiche. Dopo una breve passeggiata decido di sostare al solito muretto, il nostro abituale luogo di incontro, dove possiamo chiacchierare e al contempo tenere d'occhio i nostri "papabili" obiettivi: i ragazzi cui le nostre attenzioni sono segretamente rivolte. Sono le 19. 34 e improvvisamente sento il muretto, che alle mie spalle si affaccia nel vuoto ad un'altezza di circa 10 metri, tremare e sussultare. In un primo momento penso che lo spostamento sia dovuto alla forza impressa dal peso di una persona piuttosto corpulenta che vi si è appena seduta e istintivamente mi giro dalla sua parte per guardarla meglio, ma poiché il tremito continua aumentando d'intensità e di durata, scatto giù sul marciapiedi per paura di cascare di sotto.
A stento realizzo quanto sta succedendo e provo una leggera vertigine. Guardo in basso, in direzione dei miei piedi e vedo l'asfalto ondeggiare, poi sussultare paurosamente. La vista mi inganna, come se fosse sfocata o ci vedessi doppio.
È il terremoto e l'immediata reazione è di correre al centro della strada, per evitare che il crollo degli edifici circostanti mi investa. Dopo lo scampato pericolo, il pensiero corre immediatamente ai miei genitori rimasti in casa, anche se dal posto in cui mi trovo non noto segni evidenti di crolli o danni seri. Solo tanta paura e gente che urla e fugge o resta immobilizzata dalla paura o dallo stupore.
Mi metto a correre e in due minuti sono a casa. Trovo i miei genitori con tutto il vicinato radunati nel piazzale sotto casa. Tiro un sospiro di sollievo. Stanno bene. Nonostante non ci siano danni visibili alle abitazioni nessuno vuole rischiare di restare intrappolato in casa nell'eventualità di un secondo "attacco", magari meno fortunoso rispetto al primo. La paura è tangibile, si legge sui volti di coloro che vorrebbero salire nelle loro case per recuperare qualcosa per la notte ma che ancora troppo "scossi" non osano muoversi. I telefoni squillano a lungo ma a vuoto.
Dopo lo sconcerto iniziale qualcuno timidamente azzarda e mette in atto i suoi propositi, tirandosi dietro, ispirati dal gesto temerario, anche i più restii. Ognuno recupera il necessario per accamparsi e passare la notte fuori casa. Nessuno vuol restare in casa stanotte, non dopo lo spavento precedente e senza la certezza che il fenomeno non li colpirà di nuovo e più duramente. Sono ore concitate in cui tutto appare stranamente rallentato.
I miei fratelli, a pochi isolati da casa mia, stanno bene e riesco a parlare con mia sorella che da Roma, dove studia, chiama ininterrottamente per avere nostre notizie, prima di precipitarmi di nuovo fuori. Qualcuno tira fuori una radio portatile da cui apprendo con sgomento notizie poco confortanti. Altri paesi e altre persone sono stati meno fortunati di noi. Tuttavia l'unica preoccupazione per noi, ora, è che la terra non si rimetta a tremare.
Un grande fuoco viene acceso nel piazzale dove io insieme agli altri, silenziosamente riuniti intorno ad esso e accomunati da un identico "destino" mi appresto a trascorrere la prima notte fuori casa.