Inizi a seguire una via, una direzione, ci metti entusiasmo, fatichi, finché ti accorgi che è una strada chiusa. È proprio allora che devi ripartire, sembra facile a dirsi, ma è molto impegnativo, demoralizzante, riprogrammare i tuoi impegni per riempire i vuoti e tentare di uscire definitivamente da questo pantano, da questo luogo inospitale. E provi ad arrampicarti, a usare qualche fune, ti sforzi per cercare di risalire. Non è semplice, rischi di scivolare, cadere di nuovo, ma se alla fine ce la farai e sarai sano e salvo, senza alcun danno (a parte quelli morali), potrai esclamare:
Bene, e adesso che cazzo faccio?
La vita è un labirinto e dovresti imparare a ritrovarti. Come chi esce di galera dopo una lunga pena, chi ritorna a casa dopo la guerra, rimani spaesato, senza appigli e senza la tua terra, il tuo campo d'azione tramuta in delle sabbie mobili. E fra distrazioni e piccole gioie quotidiane puoi domandarti soltanto:
Quando tutto questo avrà una fine? Attendere e soffrire per tutta questa eutanasia oppure decidere di staccare la spina?
La vita è una e dev'essere vissuta al massimo, senza lacrime né rimpianti, non ha senso continuare a respirare, rubare l'aria, per farsi male. Il dolore fortifica, indubbiamente, ma se presenta un carattere persistente può solo mortificare, facendoti abbassare la testa davanti alle questioni più gravi. Se vogliamo un paese migliore dobbiamo reagire tutti quanti, chi accetta le ingiustizie statali fa il loro gioco e in questo modo legittima ciò che altri combattono, vanifica tutto il lavoro fatto.