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Le meraviglie notturne, l'alter ego mortale
Aveva un gran mal di testa; le sue narici erano piene zeppe di quel terreno in cui era stato buttato, così per scherzo. Era tardi pensò, ma non dal demorderlo dalla sua abitudinaria voglia di prender parte di quel mondo virtuale in cui ormai tutti vivono. Così fu: avviò uno dei suoi tanti pc (non aveva che l'imbarazzo della scelta, altro neo che denotava la sua sfrenata passione verso un consumismo quasi inutile), si adagiò sul letto e porse il suo benvenuto a quell'elettronica tanto cara quanto dolorosa. Clic: era entrato nel suo mondo -"Certa gente ha dell'incredibile" esclamò, -"guarda quanta gente insonne che esiste e questo qui che vuole ora? Chi è? L'ennesimo rifiuto umano?". Una sbirciatina qui, un commentino lì, una buona dose di vanto sottoforma di pensiero profondo la' ed era a posto. Anche per quella notte aveva dato il buon esempio ai suoi sostenitori. -"Hehehehehehe" sghignazzava fiero del suo costante operato; ma la sua missione non era ultimata:
< Ciao
<<Ciao
<Ti va?
<<Cosa mi va?
<Suvvia lo sai benissimo!
<<Ah si forse parli del va per intendere un vaffanculo? Non sapevo si abbreviasse in questo modo.
La sua acidità era in forma anche quella notte; che futuro si poteva mai aspettare, quanta rabbia e quanto rancore.
< C6? Ho capito non ti va, ciao.
-"Ohibò se ne è andato, beh pazienza!". Non sapeva invece che il destino stava per regalargli una nuova prova, di lì a breve...
Stavolta era davvero tardi, si decise a spegnere quella diavoleria e lasciare da parte ogni pensiero... Notte!
... Dopo innumerevoli tentativi e continui sbuffi entrò nella fase REM. Respirava profondamente. Non s'era mai udito russare e chissà con quale tonalità lo faceva. D'un tratto ebbe inizio il sogno: si risvegliò in una landa verde, disseminata di foglie; al suo interno come a dividere equamente la zona in due parti scorreva un ruscello. -"Che pace" pensò, l'unico rumore che si ode è l'acqua limpida che scorre. Preso da un impeto di narcisismo decise di avvicinarsi per specchiare la sua immagine. -"Diamine persino in un luogo così eternamente perfetto devo assumere questa faccia da pesce lesso uff!!!!"; bevve e si rialzò; udiva il cinguettio degli uccelli, le farfalle posarsi da un fiore ad un altro. Il sole era alto in cielo e sembrava aprire un sentiero all'interno della vallata. Preso dalla curiosità d'esplorazione, s'incamminò lasciandosi trasportare dal profumo della flora, i fiori erano meravigliosi e le loro essenze potevano quasi avere lo stesso effetto di una droga. Pura estasi. Non voleva abbandonare quel luogo pur sapendo che si trattava di un sogno: ma era così reale, così vivo, percepiva addirittura l'erba bagnata tra i suoi piedi e il rossore delle punture di insetti. Non è che era morto per davvero e il sentiero altri non è che la traversata verso l'Altro mondo? Qualcosa in lui cominciava a mutare, il suo sorriso svanì e la paura prese il sopravvento. Tentò di scagliarla lontano buttando panoramiche a destra e a manca degne dei miglior documentari naturalistici. Ma non si trattava di un format televisivo, non stavolta, non in quest'ultimo periodo in cui la sua mente stava giocando brutti scherzi. L'affanno crebbe, l'ansia pure; frugò dalle tasche di quella candida veste bianca che stranamente indossava dall'inizio del sogno alla ricerca dei suoi tranquillanti. Quasi una beffa sembrava: dover ricorrere a puerili rimedi farmacologici anche all'interno del proprio subconscio. Quanto si odiava per questa sua piccola, grande pecca. Il suo curriculum si macchiava di questo e la sua vita veniva soggiogata da stupide confenzioncine piene di liquidi costosi e letali. Il suo corpo ne era completamente assuefatto. -"Mi dispiace! "
All'udire questa voce il cuore cominciò a palpitare, il suo suono era tale da echeggiare dietro la cava presso la quale si era rifugiato per trovare un po di ristoro dallo stress. Chi era? Chi? Chi poteva mai essere? La sua supposizione stava per divenire realtà: un vento si levò nell'aria causando una mini frana che lo costrinse a correre perdendo il sentiero soleggiato. Correndo in una nuova direzione notò degli alberi sparsi in un fastidiosissimo e precisissimo semicerchio. A concludere la circonferenza c'era il ruscello e in questa zolla di terra luminosissima ivi formata vi era un fosso. Deglutì amaramente e decise di avvicinarsi. Notò un pezzo di legno adagiato vicino ad uno dei tronchi e lo prese. Si accorse quindi che si trattava di una zappa; si avvicinò sempre più al fossato; lì vicino erano sparse dei sabbiotti di polvere bianca che si lasciavano trasportare dal vento e dalle intemperie. Uno, due, tre passi, lo separavano da quel fossato misterioso. Si avvicinò: era piuttosto profondo, ad un lato di esso vi era una vecchia scala arrugginita. Decise di andare fino in fondo e fattosi coraggio scese le scale lentamente, prestando attenzione alla sua stabilità; cominciava a fare più caldo, l'aria diveniva sempre più malsana e umida. Tossì ferocemente e cominciava a lacrimare dagli occhi: erano i fumi di qualche torcia lì presente che salendo verso l'apertura gli arrivavano in volto. Giunto sottoterra si accorse che la nuova stanza aveva la stessa precisa forma di un cerchio come quella in superficie, soltanto che questa volta erano le radici degli alberi a formare delle linee circolari che a volte avevan la parvenza di veri e propri tentacoli. Inorridì a quella vista. Ma non si era ancora accorto dell'esistenza di un'alcova all'interno; la vide quindi presa una torcia decise di porre fine a quelle tenebre e sbiancò... sbiancò alla vista di ciò che i suoi occhi mettevano a fuoco: una bara, aperta; al suo interno una persona; non sapeva chi fosse, poteva essere chiunque; sollevò l'altra metà scoprendo il volto di un uomo. Urlò immensamente e scoppiò in lacrime: era lui vestito con l'abito di rigore funerario con le mani incrociate sul petto, un anello ad un dito e un bigliettino insolito tra l'indice e il medio. Un'ennesima folata di vento lo fece sobbalzare, le fiamme diventavano più tenue: un invito a raccogliere quel foglietto ben inserito tra le dita; si piegò nel tentativo di sfilarlo quando nel riflesso dell'anello avvertì una presenza dietro di lui. SI voltò di scatto maneggiando animatamente la torcia ben salda, ma non vi era nessuno. Si rivoltò, prese quindi il biglietto, notando che le mani del defunto erano ancora piuttosto tiepide. Ma non voleva darsi una spiegazione a questo. Non ora. Aprì il biglietto e rimase inorridito...
Un lungo sussulto lo fece sobbalzare dal letto risvegliandolo in un bagno di sudore freddo. Era tornato alla realtà della vita. Andò nel bagno e prese quei maledetti medicinali. E mentre ingurgitava una pillola, diede l'ennesimo sguardo allo specchio e aveva ancora bene presente, davanti al suo riflesso il messaggio di quel biglietto che lo aveva turbato a morte: "Mi dispiace, come colui che s'infischia dei propri cari vivendo pacificamente la sua esistenza, così ti pentirai di non aver prestato il tuo contributo alla faccenda: quella è la fine che ti meriti: la solitudine dentro una bara nascosta nel nulla"
Infranto dal dolore si accasciò a terra dove rimase tutta la notte con l'espressione persa nel vuoto...
... Rimase inebetito e dolorante, per l'urto al suolo ricevuto nella nottata, barricandosi sotto la sua scrivania. Piedi aggrappati al ventre con le mani intorno per non lasciarli muovere. Si dondolava lievemente in avanti e dietro. I suoi occhi, fuori dalle orbite, il suo respiro, lento e singhiozzante. Passavan i minuti ma non smise di assumere quella posizione per tutta la durata delle ore diurne. A nulla valsero gli sforzi dei suoi che lo incitavano con la forza ad uscire dal suo nascondiglio. Semplicemente, ignorò le voci. Sua madre scoppiò in lacrime e pregò diverse volte quel giorno affinché il suo dio lo liberasse da quell'anatema diabolico in cui era stato relegato. Nessuno era a conoscenza del real motivo; restava lì per tentar di espiare la sua colpa...
Fine quarta parte
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