racconti » Racconti drammatici » Amori riemersi con richieste di verità
Amori riemersi con richieste di verità
Ho amato e sperato, ho amato e sognato; ho amato e perso, ho amato e non ho nulla da nascondere, un legame particolare, indivisibile, penetrante, che mi ha causato brividi immensi di gioia, di chi sorride ingenuamente alla beltà della vita...
Con una mano nella sua mano bisbigliava queste strazianti parole; copiose lacrime inondavano il suo volto scivolando sul suo esile, freddo, rigido residuo di corpo ormai pietrificato e intriso di quel ricordo perduto e mai più recuperabile.
La stanza era fredda, l'inserviente ancora impaurita si rannicchiò in un angolo e pianse. Lui la guardò, alzando il viso, con questo suo gesto, socchiuse gli occhi e spirò: il male che covava all'interno era ancora presente; l'amare e aver perso, per colpa sua, per colpa dei suoi nemici, per colpa della sua indole, del suo segreto covato gelosamente e delle sue vendette nei confronti di chi, ancora, nonostante tutto cercava di colpirlo nel suo intimo. L'inserviente lo sapeva, così come sapeva di aver tradito la fiducia, rivelando tempo addietro pesanti parti del suo passato, di quel passato che gelosamente ancora custodisce.
Lui sapeva tutto, sapeva di essere ancora messo in cattiva luce e che quell'ennesimo duro colpo infetto con l'accusa nei suoi confronti, nei riguardi della sua "bella" che giace ora in quella camera priva di vita rappresentava l'ennesima sfida, l'ennesima prova di superare il passato, accettare la sua condizione, allontanando quel pregiudizio che l'avevano trasformato in quella persona paranoica, paurosa e solitaria in cui viveva.
Tra lacrime di ricordi, lacrime di passioni infrante, lacrime d'amore, di odio e di vendetta, lacrime di codardia ed egoismo, lacrime di paura e timori non superati, lacrime di dolore e rivalsa, la stanza cadeva in un vertiginoso triangolo di persone che l'avevano colpito di più nel passato.
Allora baciò la sua amata, le mise una rosa tra le mani. Richiuse la celletta. Si potevano udire i battiti del cuore accelerato di quella povera inserviente, ex amica, ex conoscente ex amante. Era lì pietrificata, in attesa del suo giudizio. Lui la guardò, sorridendole, le diede un bacio sulla fronte e un biglietto e se ne andò. Oramai la vendetta era iniziata.
Mentre si rivestiva dei suoi abiti non poteva far a meno di pensare a ciò che era appena accaduto.
Uscì di scatto dall'ospedale, prese un'autobus e si diresse in periferia; trovò la prima panchina, vi si sedette; si munì di carta e penna estratte con fierezza dal cappotto e cominciò a scrivere.
... Chissà quale estro artistico-pseudo letterario coesiste in me. Quel brivido tetro ma allo stesso tempo affascinante che mi ha permesso di arrivare non senza difficoltà a quel poco che sono oggi. Immaginiamo tutti di dover vivere una condizione di estremo disagio e di non poterne parlare con nessuno, né con la mamma, né con il padre assente, né con gli amici di sempre. Consideriamo anche che a volte indossare le ormai "famose maschere" ci fanno calare in un personaggio sorprendentemente diverso da quel che invece siamo e quindi una persona sempliciotta, distratta, cinica, egoista e autoritaria, che non risponde alle accuse, alle offese che finge di non sentire pur soffrendo, che è sempre dedita alla facile ilarità, grezza al punto giusto, distaccata quanto basta, fredda e riservata, solitaria e menefreghista. Il tutto condito da una diversità che la porta ad odiare tutto e tutti senza mezzi termini, dal giudicare qualsiasi cosa in qualsiasi momento con quella giusta dose di gelosia che innesca l'ira più acida che si sia mai vista. Immaginate di vedere in tv, sui giornali e su internet continui stralci notiziari in cui venite paragonati come diversi: diversi da chi? diversi da cosa? diversi dal dio che tutto ama e tutto crea. Immaginate di vivere in una famiglia distaccata, dove render conto di qualsiasi azione o respiro commesso con l'ansia perenne di dover eliminare quelle parti di femminilità così pietose e macabre all'occhio fallocentrico, maschilista e retrogrado di una società odierna che si pavoneggia di aver soggiogato miriadi di tabù e di essere all'avanguardia. Immaginate il peso in cui giorno dopo giorno viene effettuato il lavaggio del cervello e vi autoconvincete di essere dei mostri, di essere dei malati e vi autopromettete di curarvi liberandovi dai vostri peccati, covando il male al vostro interno fingendo con tutti, con se stessi, con gli altri, con il mondo intero. Odiando chi è come te, quanto te, ostentatamente te. Vivendo nell'intima paura di vivere il mondo, di vivere la vita, di perseguire un futuro, di reagire e ribellarsi al tiranno, ai genitori, alle sorelle, ad una mentalità paesana che tanto ha flashato la tua capacità di pensiero.
E gli anni passano e si viene relegati in una puerile e disarmante routine solitaria, talmente odiosa da farti ammalare fisicamente, da farti abbandonare le forze, da farti dipendere dai farmaci, da farti desiderare la morte come unico scopo e fonte di gioia.
E sebbene non esista in natura né un dio, né un giudice, né una definizione esauriente della "normalità" che possano farti dimostrare che tu sia un malato, arriva un momento in cui pensi di lottare, di sconfiggere quelle rabbie, quelle paure e quei tormenti che tanto hanno plasmato la mia persona e mi hanno portato a quel che sono ora: un inguaribile essere dalla sensibilità nascosta. Ma che lotta per emergere da quella solitudine durata cinque lunghissimi anni che porta ancora oggi a dubitare del bene delle persone che gli sono vicine, forse solo per convenienza. Anche se in cuor suo spera proprio di no.
Questo sono io. Non mi piaccio e non vi piaccio ma è sempre meglio definire quali sono le reali condizioni dell'intimo umano e far capire la difficoltà di vivere in Italia con il pregiudizio sempre lì alle porte: dalla semplice battutina detta per indurre una sonora risata, alla derisione, denigrazione e uccisione di persone innocenti con tanto da poter offrire al mondo.
Ogni riferimento non è puramente casuale.
Indi prese una sigaretta l'accese e continuò a contemplare il vuoto...
Fine quinta parte
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati

Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0