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L'attimo presente
L'entrata mi attende aperta come una bocca da cui stanno per uscire parole mai dette, ricordi s'inseguono come in un loop perpetuo riemergendo vividi nella mia memoria.
Il treno era arrivato con più di mezz'ora di ritardo. Il tempo si era divertito con il suo solito sadismo a dilatare i secondi raddoppiando o addirittura triplicando la sensazione del suo effettivo trascorrere. La stazione centrale era colma di gente e i discorsi di tutte quelle persone si mischiavano, creando quel classico vociferare dove è praticamente impossibile distinguere una sola parola. Una coppia di ragazzi dall'aspetto trasandato, con il volto segnato da un precoce invecchiamento, probabilmente colpita da un attacco di crisi d'astinenza, si stava urlando reciprocamente contro, accusandosi di qualche inadempienza di uno nei confronti dell'altra e viceversa. Le loro grida superavano il ronzio rumoroso creato da quel fluire di discorsi incomprensibili. Provai pena per il loro amore rovinato da qualche sostanza che aveva probabilmente avvelenato le idilliache promesse d'amore.
Quando finalmente vidi il treno arrivare ricordo chiaramente che uno strano mischiarsi di ansia ed eccitazione m'invase, facendomi aumentare il battito cardiaco e procurandomi un principio di erezione involontaria che mi creò imbarazzo. Mentre i freni del treno facevano il loro dovere io, cercavo di controllare il mio corpo. Entrambi, il treno ed io, stavamo facendo uno sforzo enorme e nella mia mente si raffigurò l'immagine degli schiavi egizi nel processo di costruzione delle piramidi.
Il mio cellulare produsse un suono che annunciava l'arrivo di un messaggio:- Sono alla carrozza numero dodici-. M'incamminai con passo deciso e, arrivato all'altezza della carrozza numero dieci la vidi scendere. Mi affrettai per raggiungerla e le presi il bagaglio che aveva un peso considerevole nonostante la sua permanenza sarebbe durata solo tre giorni. Ci scambiammo un abbraccio che durò più di qualche secondo. Ovviamente avvertii la classica sensazione che tutto attorno a me scomparisse e che il mondo fosse stato creato al solo scopo di vivere quell'attimo. Un bacio veloce sulle labbra seguì l'abbraccio e dopo altri secondi spesi a guardarci negli occhi un banalissimo - Come stai? È andato bene il viaggio?- uscì dalle mie labbra. Ci incamminammo verso l'appartamento in cui stavo abitando da tre mesi. In quei giorni i miei coinquilini erano tornati dalle loro rispettive famiglie e noi avremmo avuto l'intimità adatta alla circostanza. Due anni erano passati dall'ultima volta che l'avevo vista, due anni passati tra malinconie ricorrenti e la frequentazione di ragazze che non erano riuscite a lasciare la traccia necessaria per far dimenticare i giorni trascorsi in sua compagnia.
La nostra storia d'amore era finita, ma era rimasta ancora nell'aria come un'eco sospesa. Spesso accade che alcune relazioni si protraggano nel tempo e che abbiano ancora la necessità di una "rimpatriata" saltuaria prima di darsi il congedo definitivo.
Non era la prima volta che ci rincontravamo, ma per la prima volta il tempo trascorso era stato così lungo. L'incontro precedente era terminato con un litigio furibondo di cui non ricordo nemmeno le motivazioni, ma credo che quei due anni siano stati necessari per permettere che l'incubazione precedente alla voglia di rivedersi si esaurisse.
Durante il tragitto i discorsi iniziarono a prendere forma e tra di noi si stava risvegliando quella letargica confidenza mai dimenticata. Pian piano tutto sembrava tornare alla sua origine, rivivevo le stesse sensazioni vissute nelle medesime vie anni prima. Ero innamorato e felice. Mi rendevo conto solo in quel momento di come i ricordi erano intasati e offuscati da una monocromia fastidiosa: adesso lei mi appariva nella sua veridicità e io potevo solo immaginare la mia espressione estatica e forse anche un po' ridicola. Com'era sfacciato e irriverente l'attimo presente nei confronti di un passato di cui ormai rimaneva soltanto il vacuo ricordo.
Arrivati al mio appartamento, ci scambiammo un secondo bacio, molto più carico di passione. Lei si fece una doccia e quando uscì, finalmente, in un modo che alternava la dolcezza e la carica accumulata nei due anni trascorsi senza vederci, facemmo l'amore.
Non ho altri ricordi di quei tre giorni, trascorsero troppo velocemente. Il tempo è sadico ed esattamente come alla stazione si era divertito a dilatare i secondi, in questo caso si era divertito a ridurli.
Quando la riaccompagnai alla stazione, lei con tutta la delicatezza possibile, mi disse: - Non ci vedremo più. Vado a New York. Ho conosciuto un ragazzo a cui hanno proposto un lavoro lì e io ho deciso di seguirlo. Volevo solo vederti un'ultima volta. Scusami se non te l'ho detto prima, ma se non avessi fatto così, non saremmo riusciti a stare così bene in questi tre giorni. Ti porterò per sempre con me, nel cuore.
Era la fine dell'estate del 2000 quando il treno se la portò via per sempre. Non ebbi sue notizie per un anno, fin quando non lessi il suo nome tra le vittime dell'attentato alle Torri Gemelle.
Accarezzo la foto dove lei mi appare bella com'è sempre stata, una lacrima scende graffiandomi il viso.
Alle mie spalle la lapide si allontana e mentre mi dirigo verso l'uscita del cimitero, ineluttabili come la decadenza, i miei pensieri si vestono di lontananze.
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