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Una giornata al mare
Le vacanze della mia infanzia altro non erano che gite fuoriporta che si facevano indiscutibilmente al mare d'estate.
Abitavo in città e la domenica mattina con la mia famiglia si partiva, ovviamente con il pullman, per raggiungere il mare, quelle vecchie corriere blu degli anni '50 che piene all'inverosimile ci portavano a destinazione.
Il mare di Mondello
Ci alzavamo la mattina abbastanza presto, ma sia per il viaggio interminabile sia perché dovevamo sempre comperare qualche cosa all'ultimo momento non arrivavamo mai prima delle 11 allo stabilimento balneare.
Ci sistemavamo nella cabina assegnataci, affittata per la giornata, cosa che non sempre ci potevamo permettere seppure i costi esigui di allora, e con mia madre e le sue sorelle che spesso venivano con noi, andavamo nel casotto sistemato vicino all'entrata a consumare il primo rito della giornata: l'affitto dei costumi da bagno.
Si perché negli anni 50' primi anni 60' non era tutto come vediamo adesso nelle riviste dell'epoca con modelle e ragazze in posa ai bordi di piscine nella sfavillante Saint-Tropez, con bikini o costumi interi tipici dei mitici anni '60, c'erano acquisti ben più necessari da privilegiare quindi il noleggio di un costume era la soluzione più economica ed immediata per godersi una giornata al mare con pochi soldi. La maggior parte di questi capi proveniva dal mercato americano, si chiamava cosi perche la merce era tutta proveniente dopo la guerra, dall'America, tutto abbigliamento che le signore americane donavano in beneficienza ma che da noi veniva venduto nelle bancarelle dei mercati o come in questo caso preso a nolo e, a ridosso delle spiagge più affollate c'era questo coloratissimo bazar dove ci buttavamo nell'affannosa ricerca di un capo adatto a noi anche se data l'ora tarda i pezzi migliori se ne erano già andati. Alcuni di questi costumi sembravano busti ortopedici, con stecche e reggiseni preformati ed alcuni, come usava allora, con un accenno di gonnellino per le più pudiche e anche per nascondere lo stacco della sgambatura ma che non copriva ahimè le pelurie inguinali delle mie giovani zie poco avvezze allora a rasoi e creme depilatorie.
Il mio primo costume me lo ricordo ancora era intero di un tessuto che sembrava il gommato dei canotti, era bicolore: la mutandina blu e il corpetto a righini bianchi e blu, era pesante non si asciugava mai e con il peso dell'acqua tendeva a scendere dato che non c'era neanche il seno a sostenerlo. Per qualche domenica l'ho avuto a noleggio poi diventò mio, mia madre mi disse che potevo tenerlo.
E così che ci si godeva la nostra giornata al mare fra bagni, sole e spiaggia
I solari non sapevamo neanche cosa fossero, a me che ero una bambina provvedeva l'acqua del mare e madre natura, mia madre invece aveva una minuscola scatolina in latta tonda della Leocrema che spalmava con parsimonia solo sul viso, ancora adesso l'odore di quella piccola crema e il rossetto della Standa che usava mia madre mi ricordano sempre "odore di mamma".
All'ora di pranzo ci si radunava intorno alla nostra cabina, mia madre tirava fuori dalle sue borse il pranzo, rigorosamente portato da casa, e poi si andava al bar, più per cercare un po' di ombra che per consumare, il chiosco con il suo piazzale divideva la strada dalla spiaggia, aveva un grande spiazzo di cemento davanti di un bianco abbacinante, tutti i muri tirati a calce e un cannicciato che faceva un po' di ombra, qualche sedia, un bigliardino e l'immancabile juke-box.
Il juke-box, sempre a volume altissimo, era il fulcro della vita sociale dello stabilimento balneare, il punto d'incontro della gioventù di allora. Qualche volta tra un ghiacciolo o un cono gelato
complice un lento qualcuno ballava a dispetto di un cartello affisso al muro che recitava: vietato ballare in costume da bagno, cosa che da bambina non riuscivo a spiegarmi e se chiedevo spiegazioni ai grandi mi rispondevano con sorrisetti e ammiccamenti, cioè non mi rispondevano.
Il juke-box secondo me era uno strumento molto democratico, era l'esatta espressione dei gusti di chi infilava 100 lire nella fessura apposita per sentire la canzone preferita, cosicché se nell'estate degli anni 60 sapore di sale era il successo del momento sicuro che la sentivi migliaia di volte senza che l'intervento di un dj ne quantificasse l'ascolto, forse per questo che a forza di sentirle alcune canzoni mi ricordano momenti particolari della mia vita di allora: sapore di sale l'estate del 62 stai lontana da me di Adriano Celentano il mio morbillo, oppure i lenti di Sergio Endrigo quando le mie zie volevano ballare e io invece mi annoiavo a morte.
Adesso ne ho uno che ho pagato un mucchio di soldi tra acquisto e restauro perfettamente conservativo come dice l'esperto, lo chiamano "oggetto vintage" troneggia nel mio salotto e contiene le canzoni originali dell'epoca e ovviamente ha la griglia davanti che copre gli altoparlanti intatta senza le ammaccature dei calci che i ragazzi di allora gli davano quando un disco si inceppava.
Io subito dopo mangiato correvo subito a giocare al mare mentre la mia famiglia si attardava a chiacchierare sul genere umano maschile che attorniava le mie giovani zie, mia madre da sorella maggiore faceva la chioccia dava suggerimenti e anche consigli di moda cittadina (loro abitavano in provincia) e questo insieme al fatto che già di loro erano attraenti faceva si che erano molto ammirate nella spiaggia.
Ogni tanto potevo comprare un gelato al bar, in quei casi stavo appiccicata delle ore al tabellone dei gelati nel dubbio della scelta : era meglio un mottarello o un ghiacciolo! il cornetto no perchè costava tanto, le coppette non mi piacevano e alla fine la mia scelta cadeva sempre sulla brioche col gelato oppure il cono gelato semplice.
Nel pomeriggio i grandi si trascinavano nei punti più in ombra della spiaggia, fin quando mi dicevano che era ora di rientrare, si riprendeva il pullman che la sera sembrava sempre più pieno del mattino e che ci riportava a casa, mia madre preparava la cena pasta pomodoro e basilico e seduti a tavola in terrazza si cenava. Io stanchissima ma felice.
Non sempre però si ritornava a casa per cena, qualche volta se ce l'ho potevamo permettere, (lo deduco adesso ma allora ai bambini di questioni di soldi non si parlava), ci fermavamo al centro del paese dove a ridosso della spiaggia vendevano nelle bancarelle il polipo bollito. C'erano anche lungo i muretti del lungomare tanti ragazzini che con le loro ceste piene di ricci un coltello in mano e tanti spicchi di limone li vendevano ai passanti. Era come consumare un cono gelato lungo la passeggiata serale: la gente si fermava, il ragazzino con mano abile apriva i suoi ricci e te li porgeva già pronti da gustare. A me facevano impressione tutte quelle ceste piene di ricci neri lucenti mi spaventavano un po' e poi avevano un sapore molto forte, già mi pungevano quando li trovavo a mare figurarsi se li mangiavo!! Il venditore dei polipi invece mi dava un piatto spaiato da tenere in mano che conteneva il pesce ( quei tentacoli a dire il vero mi facevano un po' impressione) guarnito da un ciuffo di prezzemolo e mezzo limone, non ricordo bene se lo mangiavo, a volte mi passava la fame e il sonno mi sopraffaceva aspettando che la barca dei polipi tornasse dalla sua pesca, appena arrivava i pescatori tuffavano dei giganteschi polipi dentro i pentoloni già fumanti e fra la ressa del servizio finalmente si mangiava. Quel profumo mi e' indimenticabile come i profumi dei gerani e dei gelsomini che a profusione si sprigionavano dalle ville di Mondello mentre passeggiavamo nel tragitto di ritorno alla fermata della corriera. Il tragitto verso la fermata del pullman lo facevo malvolentieri, ero stanca e non avevo voglia di camminare, i grandi chiacchieravano fra di loro mentre io guardavo con grande curiosità i vari villini a mare che chiusi nei loro recinti emanavo a me un ché di misterioso, nell'oscurità della sera tutto quel verde punteggiato da fiori colorati, le lucine delle case e il ronzio degli annaffiatori mi cullavano sino a casa.
Se non potevamo permetterci lo stabilimento balneare si andava nella spiaggia libera. In tal caso i miei genitori sceglievano Isola Delle Femmine. A me non piaceva perche' la spiaggia era aspra sassosa e con un mare sempre agitato. Con anche un po' di vento. Delle volte non si poteva neanche parlare tra di noi per il rumore del mare. Mi mancava la spiaggetta sabbiosa da bambina ma se i grandi decidevano così avevo voglia di piangere e dire che non mi piaceva, tanto non l'avevo vinta e dopo avere passato una giornata lì e tornavo a casa la sera quando andavo a letto addormentandomi sentivo ancora il rumore roboante del mare in testa.
C'era un'altra spiaggia che mi piaceva molto ma ci andavamo poco perche era più distante e a pagamento per descriverla basta pensare a quei depliant turistici in cui fanno vedere sempre quel villaggio mi pare alle Maldive dove c'e' un corpo centrale e tante case-capanne che si raggiungono percorrendo delle passerelle sul mare. Si era proprio così, ridimensionando il tutto ovviamente.
C'erano tantissime cabine in legno che si raggiungevano su dei pontili disseminate in una acqua bellissima. La particolarità di questo posto era che potevi stare appartato, non avevi vicini attaccati, avevi la tua cabina, un piccolo terrazzino davanti, una piccola cannicciata sopra per l'ombra e due o tre sedie e un tavolino in dotazione. Si poteva usufruire della spiaggia comune oppure scendere a mare dal proprio terrazzino.
Un giorno i miei genitori mi dissero che saremmo andati in una spiaggia speciale, uno stabilimento balneare privato a cui noi potevamo accedere gratuitamente per questioni di lavoro di mio padre, per l'occasione mia madre mi portò alla Standa dove mi comprò un bikini giallo e un paio di zoccoletti, per lei invece scelse un costume intero a fantasia a fiori, un cappello di paglia pieno di frange di raffia che sembrava un ombrellone e una borsa in vimine. Le mie zie invece scelsero dei bikini con le mutande fitte fitte di volants che quando camminavano viste da dietro mi ricordavano tanto le oche che starnazzano.
Una mattina di domenica siamo arrivati al lido e la cosa che per prima mi colpì di diverso dal solito fu l'atmosfera più elegante e silenziosa che si respirava, c'erano tantissime piante, aiuole e cespugli di fiori, vialetti lastronati perbene, cabine non tutte in fila ma sparse nel verde, e cosa che vidi per la prima volta e che mi affascinò una bellissima piscina a strapiombo sul mare. In poche parole sembrava più un villaggio come si intende adesso che uno stabilimento balneare, era dotato di ristorante, bar, ma questo non toglieva a noi che all'ora di pranzo mangiassimo quello che avevamo portato da casa, non era ancora nelle nostre abitudini sia di uso che economico pranzare al ristorante.
Mia madre e le mie zie si pavoneggiavano ai bordi della piscina sognando ad occhi aperti in un mondo diverso dal solito, tutto era diverso: la piscina di acqua di mare di un celeste chiaro che era la mia felicità (c'era una parte della vasca in cui si toccava e quindi potevo sguazzare a piacimento) e una veranda di cannicciato a ridosso del bar con tavoli, sedie e poltrone che sembrava un salotto.
In questo stabilimento c'erano solo pochissime cabine ad affitto giornaliero tutte le altre, ed erano la maggior parte, ad affitto stagionale, il ché era implicito che si rivolgesse ad una clientela più abbiente. Le cabine lì venivano chiamate capanne ed erano molto grandi ed attrezzate, sembravano quasi dei bungalow, alcune in legno altre in muratura, tutte verniciate di fresco; le adoravo, non so perché ma ho sempre avuto un particolare interesse per queste costruzioni, ogni tanto ci andavo dentro chiudevo la porta e assaporavo la penombra e le scaglie di luce che entravano dalle assi di legno, guardavo i gancetti appesi per la biancheria, lo specchio appeso, la mensolina dove poggiava il pettine, qualche lucertola che scappava, poi uscivo richiudevo la porta e mi sembrava di aver chiuso una scatola magica
Come dicevo noi eravamo "ospiti" e quindi non pagavamo ma sentivo mia madre che diceva alle sue sorelle che in quello stabilimento balneare si affittavano le cabine stagionalmente e che costavano una fortuna, ben 160. 000 lire per soli 4 mesi e se invece la affittavi per un giorno a 2. 500 lire... Sembrava che parlassero di fortune enormi, e a ben pensarci doveva essere quasi cosi se mi madre faceva i salti mortali per pagare l'affitto di casa che costava allora circa 15. 000 lire al mese.
Una novità che non avevo mai visto prima di allora erano i lettini per il sole, ce n'erano pochi, tutti blu con il parasole incorporato, mai visti prima, ho chiesto a mia madre a cosa servissero e lei con fare da donna di mondo mi disse : servono a fare il pisolino dopo mangiato.
Adesso al mare ci vado in macchina. Non ho problemi a pagarmi una sdraio e un ombrellone e talvolta vado a mangiare nei ristorantini sulla spiaggia; però scelgo sempre spiagge semplici, evito quelle che sembrano mega-lunapark sul mare, guardo sempre le cabine tutte allineate e colorate, specialmente quelle della riviera adriatica, al giorno d'oggi la cabina non e' più una esigenza quasi irrinunciabile come allora, se si vuole ci si cambia quasi in spiaggia, l'ho fatto anch'io qualche volta avvolta in un asciugamano. Mi piace quell'aria un po' sonnolenta di bassa stagione, guardare i bagnini che all'inizio della stagione turistica, quando sulla battigia passeggiano solo anziani e qualche cane, danno una mano di colore a rinfrescare le intemperie dell'inverno, li vedi silenziosi secchio e pennello in mano sotto un sole tiepido che ancora non brucia rifare le facciate a quelle piccole case.
Qualche volta con qualche scusa banale ho provato a entrarci, mi chiudo dentro e cerco di raggiungere col pensiero quelle estati di bambina, di rivivere anche solo per un attimo la mia "giornata al mare".
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