Non ho molta voglia di studiare, oggi. La scuola è finita da qualche giorno ma devo prepararmi per l'esame di maturità, la prova finale. Mi concedo una breve pausa prima di buttarmi a capofitto sui libri ancora caldi del lavorio appena concluso.
Accendo la tivù per rilassare la mente e non pensare a quello che mi aspetta. Salto da un canale all'altro senza un reale interesse per le immagini che lo schermo mi rimanda quando improvvisamente il volto sorridente di un bimbo che campeggia per lunghi attimi in un fermo immagine quasi ipnotico, colpisce la mia attenzione.
Alzo il volume e all'immagine fanno eco le parole del giornalista che spiega il motivo di tale apparizione. Il bimbo cui l'immagine si riferisce si chiama Alfredino, ha appena 6 anni ed è caduto in un pozzo artesiano a 36 metri di profondità da cui non sembra facile tirarlo fuori.
La notizia appena apparsa subito si propaga e rimbalza di canale in canale su tutte le reti più importanti divenendo la storia del giorno. La vicenda mi tiene incollata allo schermo per tutta la durata della diretta.
È una lunga veglia quella che mi appresto a trascorrere e, nell'attesa di un epilogo felice nessuno in casa ha il coraggio di andare a dormire, né tantomeno di spegnere la tivù, nel timore di spezzare quel filo fin troppo fragile cui Alfredino resta appeso, sospeso tra la vita e la morte.
I miei pensieri, le mie preghiere, le mie mani sono tese "virtualmente" ed emozionalmente nell'unico ed estremo sforzo di salvare da quel pozzo infernale quella vita così acerba, che non conosco e che pure si è insinuata in un cantuccio del mio cuore, senza capirne il perché.
L'angoscia mi assale sempre più col passare delle ore e nemmeno per un istante molla la presa. Mi sento soffocare proprio come se fossi io stessa intrappolata nelle viscere della terra e tentassi con tutte le forze di far giungere il mio grido di aiuto, sempre più flebile, a coloro che lassù sono l'unica possibilità di rivedere ancora una volta la luce di un nuovo giorno.
Io sono con Alfredino e con lui lotto nella speranza di veder esaudita questa invocazione. Resisto più che posso ma alla fine devo arrendermi, perché Alfredino ha speso tutte le sue energie e il suo cuore ha battuto gli ultimi colpi, spegnendosi.
Impotente, piango; non posso fare altro. Il pensiero che Alfredino non potrà mai più guardare il cielo o correre felice su un prato come tutti gli altri bambini mi fa l'effetto di un pugno allo stomaco, di una corda intorno al collo che mi stringe sempre più soffocandomi.
Mi dico che non è giusto. Mi chiedo come sia possibile che accadano cose così terribili e il mondo continui ad andare avanti allo stesso modo. E soprattutto, tra le tante tragedie che accadono ogni giorno, perché questa mi tocca così tanto?
È a causa del fatto che i riflettori sono stati così a lungo puntati su di lui, tanto da amplificare le mie emozioni e rendermi spettatore attivo e partecipe? Forse, ma non è solo questo.
È solo Alfredino, così simile a tanti bambini eppure così unico e speciale, che ha rotto la corazza della mia indifferenza e che costringendomi a guardarlo dritto negli occhi mi ha rivelato il volto umano della pietà, tante volte dimenticato...
Penso a tutte le cose che avrebbe potuto realizzare e che la vita gli ha negato.
Ogni mio problema, per quanto insormontabile possa sembrarmi, di fronte all'assurdità e alla gratuità di questa morte, passa in secondo piano, rivelandosi in tutta la sua stupidità.
Persino affrontare l'esame di maturità mi sembra meno difficile e terribile. Tuttavia non mi rimetterò a studiare, non oggi...