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L'autosilo

Il Parco dell’Acquasola è il giardino pubblico più centrale di Genova e gode di una fama sinistra. Durante l’epidemia di peste che colpì la città nell’anno 1657, venne utilizzato come fossa comune per seppellire le vittime del contagio, devastate della terribile malattia. Durante l’ultima guerra, il luogo fu teatro di esecuzioni sommarie. In altri periodi quest’area fu sempre adibita a parco pubblico. I genovesi più datati narrano che, in alcune notti tempestose, al passante che incautamente si avventuri ai margini del giardino, giungano i suoni indistinti dei lamenti di coloro che qui morirono e furono seppelliti senza una croce che li confortasse lungo il viaggio oscuro.
Francesco lavorava come geometra in un’Impresa edile ed era stato destinato in quel posto con il compito di dirigere i lavori di costruzione di un silo sotterraneo per la realizzazione di 300 posti auto. Il progetto, pendente da tempo nel limbo delle buone intenzioni a causa del ricorso di alcuni ambientalisti, aveva finalmente trovato uno sbocco, grazie ad un cavillo che aggirava la decisione del Tar di bloccarne la realizzazione. L’Impresa che si era aggiudicata la gara d’appalto avrebbe iniziato subito i lavori, terminandoli nel giro di sei mesi. Per Francesco, che con quell’impiego si guadagnava da vivere dignitosamente, il taglio di qualche albero avrebbe significato ben poca cosa in confronto al futuro beneficio che il silo avrebbe significato per la città e per quei cittadini che ogni giorno si contendevano con i denti i pochi spazi adibiti a parcheggio.
Egidio era un escavatorista con le palle. Guidava la ruspa ed altri mezzi meccanici con grande padronanza e movimentava velocemente metri cubi di materiale con grande profitto per l’Impresa. Era stato affidato ai lavori di scavo per la realizzazione dell’autosilo. Francesco lo conosceva bene e nutriva una grande fiducia nei suoi confronti.
Quella mattina le transenne furono aperte alle sette ed Egidio era salito sulla pala meccanica quasi immediatamente, dopo avere ricevuto alcune direttive da Francesco. Francesco si era sistemato nella baracca-ufficio ed aveva aperto il progetto esecutivo, cominciando ad eseguire alcuni calcoli.
Passarono le ore nella monotonia di un’attività ripetitiva a ciclo quasi continuo. Era poi andato a pranzo con Egidio ed avevano discusso circa il taglio degli alberi. Dodici querce erano state abbattute il giorno prima e gli addetti avevano segato i fusti in piccoli pezzi trasportabili sul camion. Francesco aveva sentito alcuni forestali lamentarsi della resina che era fuoriuscita straordinariamente da quei tronchi. Resina da una quercia! - Mai sentita questa?" aveva commentato uno delle maestranze, e Francesco aveva annuito. Non ne capiva un accidente di botanica, ma vide che gli operai avevano difficoltà a togliersi la sostanza dalle mani. Molti se ne tornarono a casa imprecando.
Per due giorni i lavori di scavo procedettero con grande lena. Il terzo giorno Francesco uscì dalla baracca e vide che la ruspa sulla quale lavorava Egidio si era fermata sul fondo dello scavo. Non riusciva a capirne il motivo e si diresse sul ciglio della grande fossa. Non vide Egidio fino al momento in cui non sollevò il capo e si rialzò in piedi, facendogli cenno più volte di scendere nello dello scavo. Francesco percorse la pista di terra preparata per l’accesso dell’escavatore e giunse nei pressi della pala meccanica. Egidio si grattava il capo e guardava perplesso quello che aveva trovato in terra davanti ai cingoli del mezzo meccanico. Ossa, tante ossa, tibie, omeri, bacini, ulne, e se avesse continuato a scavare ne avrebbero trovate molte e molte ancora. Francesco si accovacciò e con una certa riluttanza prese tra due dita uno di quei reperti. Guardò Egidio e si accorse che aveva l’espressione di un bambino lasciato solo dalla mamma il primo giorno di asilo. Francesco tirò un lungo sospiro e si risollevò in piedi. Si sfilò di tasca il telefono cellulare e chiamò l’ufficio.

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3 commenti:

  • simona bertocchi il 27/09/2007 12:22
    Bel racconto, il ritmo incalza, ben descritto, trama non ovvia. Ti rileggerò di sicuro.
    Simona

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