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Iolanda
Iolanda era una mia zia.
Si, c'era una lontana parentela ma per me sin da bambina è stata sempre zia Iolanda.
Avevo anche delle altre zie, tutte sorelle di mia madre, più o meno giovani, ma erano tutte normali, lavoravano o stavano a casa, avevano il fidanzato o il marito e abitavano in famiglia; zia Iolanda invece compiuti i 18 anni lasciò il paesino natio nella più profonda Sicilia e si trasferì a Milano perché diceva lei: "cosa ci faccio in questo buco dimenticato da Dio a vivere di miseria, vado al nord in una grande città e mi invento una vita migliore".
Queste parole dette da una ragazza di 18 anni negli anni 30/40 erano a dir poco aggressive, ma forse per questo mi ha sempre incuriosita.
Zia Iolanda aveva fratelli e sorelle, ma come spesso succedeva in quegli anni se la miseria e la povertà sopraffacevano le famiglie ad alleggerirne il peso delle numerose bocche da sfamare ci pensavano gli orfanatrofi. In poche parole non che i bambini fossero abbandonati ma qualcuno di loro se in casa si era in tanti, con l'assenso della famiglia, veniva portato in "collegio".
Zia Iolanda ce la portarono sin da piccola e ci stette sino ai 18 anni. Sognando di fuggire e di vivere in una grande città. Era una ragazza esuberante, sincera, senza peli sulla lingua e quindi fu una vera sofferenza per lei vivere per tanti anni in un collegio gestito da suore dove vigeva la preghiera forzata, la repressione sessuale (tutto era peccato) con l'accanimento delle pie donne a domare quella sua testa calda.
Però imparò a cucire e ricamare, così bene come solo in questi posti si può imparare. Aveva le mani d'oro come si diceva allora. Dalle sue mani uscivano capolavori di certosina fattura. La sua vita all'interno delle mura del collegio fu di forzata sottomissione, altrimenti non si poteva, e la sua evidente simpatia smussava gli attriti di convivenza con le suore del collegio. Era molto bella zia Iolanda, di quella bellezza non appariscente ma elegante: magra di corporatura sottile ma aggraziata, capelli di un biondo miele naturale e occhi grandi e di un azzurro intenso che ti abbagliavano quando la guardavi, colorito ambrato della pelle e un viso un po' angoloso per via della magrezza ma simpaticissimo, fisionomia piuttosto insolita anche nella Sicilia di un tempo, ma la cosa che colpiva di più in lei era il portamento elegante che aveva, anche se di indole semplice, la si notava soprattutto per questo. Aveva il dono dell'ironia, era spiritosa, assolutamente non permalosa e nella vita guardava sempre avanti¬. Ma l'educazione ricevuta in collegio ne fecero una ragazza ribelle, desiderosa di scappare a qualunque costo da quel posto, più le costrizioni subite dovevano farne una ragazza "a modo" più invece la trasformarono in una " pentola a pressione" pronta a scoppiare appena le porte del collegio si fossero aperte.
Le porte si aprirono e agli inizi si trasferì in casa di una sua zia al paese natio che le trovò subito un lavoro presso una ricamatrice, lavorava tutto il giorno mettendo a frutto tutta l'esperienza acquisita in collegio. C'erano delle altre ragazze, fece amicizia con qualcuna, ogni tanto gli zii con poca convinzione controllavano dove andasse e cosa facesse se non perché era carina e allegra.
Un giorno dal ricamificio chiesero alla famiglia come mai non fosse andata a lavorare, erano due giorni che mancava e a quel punto qualche persona bene informata disse che l'avevano vista alla stazione insieme ad un gruppetto di persone prendere un treno per il nord.
E cosi che inizialmente ospite in casa di una cugina iniziò la sua vita come voleva che fosse: libera e indipendente.
Zia Iolanda aveva una capacita di destreggiarsi nel mondo del lavoro da fare invidia a qualsiasi imprenditore di oggi: lavoro libero, senza vincoli di orari imposti, ben remunerato e fatto con furbizia e acume; mi spiego: in quegli anni se non si aveva una specializzazione particolare le donne che emigravano al nord potevano fare le servette oppure le operaie o anche le impiegate in qualche fabbrica, lei invece prima "annusava" in giro cosa il mercato offrisse e poi sceglieva con arguzia.
Uno dei primi lavori che vidi fare alla zia fu in occasione di una visita che le facemmo io e mia madre a casa sua: cuciva pupazzi di peluche. Aveva la casa sommersa di peluche di ogni tipo, tutti animali coloratissimi di panno lenci. Sfruttando la sua abilità di cucitrice una fabbrica glieli dava da fare in casa e lei facendosi aiutare anche da altre lavoranti garantiva una produzione super e perfetta che l'azienda apprezzava molto. Ogni volta che l'andavo a trovare, io ero una bambina piccola, mi si illuminavano gli occhi a guardare quei panni colorati, quei peluche che sapientemente lei sapeva trasformare nelle sue mani. Imbottiva, cuciva, attaccava occhi di cristallo, baffi e codini a quegli animaletti finti che sembravano quasi veri.
Di lavori ne fece diversi, a seconda di quello che andava al momento sul mercato, ma questo fu uno dei più duraturi che agli inizi le permisero di avere e mantenersi una casa.
Una volta per un periodo di tempo la vidi trafficare con fialette di vetro quelle che si adoperavano per le iniezioni, aveva una specie di postazione a casa con una fiamma aperta che saldava le fialette. Questo lavoro le durò poco perché come disse era nocivo e inalando il gas che si sprigionava le veniva la tosse.
In quegli anni era molto diffuso il "lavoro in casa". Consisteva nel fare piccoli lavori manuali che le Aziende solitamente appaltavano a terzi e questi a loro volta, lo distribuivano alle famiglie che erano interessate a farlo. Si guadagnava pochissimo, dovevi ammazzarti di lavoro per ore e ore per racimolare qualche lira. Era un lavoro in "nero" ovviamente che le Aziende non facevano all'interno perché troppo manuale e poco redditizio per occupare il personale interno delle fabbriche, quindi chi meglio della povera gente che desiderava raggranellare qualche soldo con un lavoretto fatto a casa magari tra un figlio da accudire una rimescolata al sugo e le pulizie di tutti i giorni?
Zia Iolanda fece parte anche lei della schiera delle casalinghe che lavoravano in casa, il suo banchetto di lavoro era posizionato in un angolo della casa pieno di materiale ma lei ci disse che non sapeva se avrebbe continuato a farlo perché poco remunerativo, nel frattempo per arrotondare le sue entrate aveva affittato una camera da letto della sua casa ormai non più usata dalle figlie, a due lavoratori che mensilmente le pagavano un affitto più che decoroso. I "pensionanti" della zia furono una costante nella sua vita, anche perché non aveva motivo di rinunciare ad una entrata sicura nel suo bilancio familiare. Era molto energica zia Iolanda, puliva e rassettava la stanza dei pensionanti, situata al secondo piano della casa in un baleno, metteva a posto anche le sue cose, le sue stanze e faceva le scale a due gradini alla volta per fare prima. Io la vedevo correre e salire e scendere come nessuno, e pensare che a quei tempi quando la conobbi io poteva avere circa 65/70 anni: magrissima sempre con la sigaretta in bocca e movenze di una ragazzina di 15 anni. Adesso col senno del poi so che zia Iolanda era avanti con l'età, ma allora io la vedevo come la più giovane, scaltra e frizzante zia che potessi avere, mi voleva bene, quando mi vedeva mi diceva sempre: "ciao ninin, vieni dalla zia", e mi faceva un sorriso largo e allegro anche se un po' sdentato, e mi guardava con i suoi occhi azzurrissimi.
Poi il fatto che guidasse la macchina con una spavalderia più da uomo che da donnetta in età me la rendeva ancora più simpatica.
Un giorno che l'andammo a trovare a casa sua trovammo un aria un po' misteriosa: chi siete? Con chi siete? Siete da soli? Ma zia siamo noi!!!!! Entrammo in casa e sembrava uno di quei laboratori di oggi pieni di cinesi che lavorano: disordine, semioscurità , lampade sui tavoli e la zia con gli occhi elettrizzati che ci racconta: In uno dei suoi tanti lavori in casa che faceva aveva trovato un metodo che come minimo decuplicava la produzione giornaliera che solitamente lei faceva, moltiplicata per le lavoranti che aveva, zia Iolanda aveva creato un piccolo "business". Si guardava bene di farlo sapere a chi le dava il lavoro e con questo sistema tirò avanti per diversi anni sino a quando il segreto non fu più un segreto e l'avvento dell'IVA fecero si che il lavoro in casa non fosse più una risorsa.
Zia Iolanda era così, finito il periodo di fare soldi la vidi più serena. Ci vedevamo ogni tanto la sera dai parenti e dopo cena nella solita partita a carte di gruppo la vedevo stringere con le sue dita ossute il ventaglio di carte e fumare una sigaretta dopo l'altra, era sottile e la si vedeva appena tra le matrone attorno al tavolo, con il suo borsellino sul tavolo (non portava mai le borse, erano troppo fru-fru per lei) giocava qualche partita e poi con la sua macchina andava a casa.
Era brillante, in compagnia aveva tante cose da raccontare e molte volte le mie zie la stuzzicavano per ravvivare una serata fiacca, lei magari si arrabbiava e rispondeva come sempre faceva in questi casi in dialetto milanese. "Zia dai raccontaci del giardino" le dicevano, "si zia dai, il giardino, il giardino" lei strizzava gli occhi e rideva e guardava me che da bambina innocente non potevo sentire certe cose.
Nei periodi bui della sua vita quando era difficile sbarcare il lunario zia Iolanda qualche aiutino lo aveva avuto; era carina estroversa e tutt'altro che timida e quindi occasionalmente avrà dato i sui favori a qualcuno che gli ha aperto qualche strada. La sua teoria: il Signore a noi donne ha dato un giardino e perche non sfruttarlo diamine!!!" la diceva lunga sui trascorsi della zia.
Io la conobbi che era già avanti con l'età ma mia madre mi raccontò che aveva avuto un marito e con questo una figlia poi un altro, non so se marito o amante, e con questo un'altra figlia.
Però' io l'ho sempre vista da sola.
Mi parlava delle due figlie sposate, i nipoti e ogni tanto quando andavamo da lei pensavo di incontrarli, ma non successe mai
A cavallo degli anni '60 quando tutti i miei zii si trasferirono a Milano, zia Iolanda fu per loro un valido punto di riferimento. Il suo cuore grande non negava aiuto a nessuno. Sia che avevi bisogno di essere ospitato a casa sua sia per aiutarti a destreggiarti nel mondo del lavoro e fondamentalmente, data la sua anima "milanese", fare da tramite in un mondo appena conosciuto risolvendo piccoli problemi che magari a noi parevano insormontabili.
Era un vulcano di risorse, anche quando mi chiamava al telefono che voleva parlare con la mia mamma era sempre un motivo di gioia e allegria per me, anche se poco educativa nei miei confronti, mi chiedeva con voce squillante: " ciao ninin, passami quella disgraziata di tua madre che devo darle una bella notizia". Ormai la riconoscevo al volo zia Iolanda al telefono era una voce inconfondibile.
Io anche se nel mio mondo di bambina capivo quanto interesse e affetto mostrasse per tutti noi e anche quanto poco le venisse ricambiato. La morale bacchettona dei miei "cari parenti" faceva si che prendessero a piene mani quello che lei aveva da offrire e quanto poco o niente le dessero in cambio.
Un giorno mi dissero che le sue figlie le avevano fatto un bel regalo, una crociera nel mediterraneo che lei aveva sempre desiderato fare. Chiesi a mia madre come mai, era strano che la zia facesse una cosa simile, e lei mi disse che la zia non stava molto bene e quindi quel viaggio sarebbe stato un diversivo per lei. Già mi aspettavo il suo ritorno in cui avrebbe raccontato tante belle cose allegre del suo viaggio, pensavo che in una delle prossime riunioni serali in famiglia la zia ci avrebbe fatto passare una bella serata divertente raccontandoci le succose esperienze fatte in giro.
Un giorno una voce sconosciuta al telefono mi chiamò:
"ciao ninin, mi passi la mamma?"
Ed io: "ma chi parla"
E lei: "sono io ninin, la zia Iolanda"
Fu come se sotto di me si aprisse un baratro, anche se giovanissima capii in un lampo la fine della zia, una voce che appena riconoscevo, triste e senza espressione, passai velocemente il telefono a mia madre ma non potrò più scordare quel tono di voce vuoto e assente della zia. Non so cosa si dissero con mia madre, sicuramente stupidaggini, ma nel giro di pochi istanti mi sentii molto vicina alla zia, forse come nemmeno tutti gli altri parenti lo furono mai con lei, mi pervase quasi un senso di protezione e difesa per quella donna che a volte anche bonariamente tutti i parenti criticavano per i suoi allegri trascorsi, senza peraltro negarsi di accettare gli aiuti che lei si prodigava a dare! un senso di amore e ammirazione per quella donna che con quegli occhi brillanti mi diceva: "ninin, vieni qui dalla zia..."
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- Grazie Gabriella! Grazie di averci donato i tuoi ricordi, testimonianza vera di un tempo in cui ci voleva sinceramente bene.
- P. S.
Se scrivi racconti, devi avere pazienza circa i commenti, perchè è faticoso leggere molte righe al computer e a molti utenti del sito non va di faticare...
- Un ritratto di una donna dalle grandi qualità, bella, moderna, simpatica e dolce. Mi sono immaginata con quali occhioni la guardavi, ammirata per la sua straordinarietà rispetto al tuo vissuto quotidiano, alla tua esperienze di donne "tradizionali".
Il racconto procede a balzi, non in ordine cronologico, e forse per questo è fresco e sa di gioventù.
- ogni commento è graditissimo
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