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Andrea
Qualche tempo fa, rientrando a casa dal mio consueto giro di commissioni quotidiane, mi capitò di imbattermi sulla scena di un incidente, in cui era coinvolto un ragazzo giovanissimo con la sua moto. Niente di insolito, pensai, dal momento che specie in città grandi, affollate e trafficate come Roma, capita di assistere frequentemente a scene del genere.
Solitamente non mi piace soffermarmi sul luogo della disgrazia, né mescolarmi al gruppetto di persone che immancabilmente si forma intorno all'area interessata, per una sorta di pudore e di ritrosia personali, come se assistere all'evento ispirasse più un sentimento di morbosa curiosità che pietà o empatia verso il malcapitato.
Quasi che attraesse più l'idea di vedere quanto sangue è stato versato piuttosto che di sapere se il tizio si è salvato, e non appena si capisca che non c'è niente di interessante da vedere, ci si allontani quasi delusi.
Normalmente, lo shock provocato dalla visione di un casco che giace incustodito o di un paraurti, un copricerchi, uno specchietto sradicati dalla forza d'urto e scagliati lontano, i frantumi dei fanalini o dei tergicristalli sparsi sulla strada fa scattare, in chi vi assiste, il pensiero: "Oddio, speriamo che non sia successo niente di grave".
Tuttavia quel giorno la scena dell'incidente si trovava sul mio percorso e per evitarla avrei dovuto fare un giro forzatamente inusuale e alternativo, perciò fu inevitabile per me passarvi accanto.
Non era mia intenzione rallentare il passo per cercare di capire la dinamica dei fatti per i quali delle persone si scambiavano impressioni e testimonianze. Nondimeno mi colpirono le parole captate da alcune persone, le quali fecero scattare in me un ricordo che avevo riposto nell'angolino più remoto della mia memoria, per il sentimento doloroso che mi evocava e che adesso riaffiorava bruscamente.
L'ambulanza non era ancora arrivata, ma una volante della polizia aveva provveduto a transennare la scena per tenere lontani i curiosi e per meglio valutare e stabilire, dai "reperti" sparsi sull'asfalto, chi fosse la vittima e verificare lo stato in cui versava.
In quel conciliabolo funesto, rispettosamente discreto e composto, le frasi:
"È solo un ragazzo",
"Ha battuto violentemente la testa"
"Un tizio gli ha tagliato la strada"
"Non si è neanche fermato"
"Sembra grave"
"Non credo che ce la farà"
"Ma quando arriva l'ambulanza?"
risuonavano silenziosamente nell'aria rimbalzando da una persona all'altra in una sorta di frenetico tam tam, con un ritmo sincopato e cupo. Scorgevo le facce contrite, preoccupate, compassionevoli e mi colpivano quelle frasi appena sussurrate, come per non turbare la pace del ragazzo che giaceva per terra immobile, quasi che dormisse.
Seguendo la direzione degli sguardi ipnotizzati delle persone disposte in una schiera ordinata e compatta vidi il ragazzo. Non lo avevano ancora coperto così potei notare che era in posizione prona, un braccio piegato sotto il corpo e il viso rivolto verso la piccola folla assiepata ai bordi del marciapiede, gli occhi socchiusi, come assorto in pensieri lontani, il volto escoriato e leggermente tumefatto.
Un rivolo di sangue scorreva dalla tempia incollata al suolo...
Mi piegai sulle ginocchia, perché sentivo che le gambe non mi sorreggevano più, tanto che una signora mi chiese se mi sentissi male. Il sangue defluì dalle mie guance e sentii risalire lungo l'esofago dei conati di vomito, ma non successe nulla. La stessa signora mi aiutò ad alzarmi ed io la tranquillizzai dicendole che era solo un malore passeggero.
Non volli rimanere a vedere oltre. L'immagine del ragazzo si fissò nella mia memoria e pian piano ad essa si sovrappose quella di un altro viso a me caro.
Il viso di Andrea.
Vorrei tanto che fosse ancora qui, nella mia vita. So che pur non avendoglielo mai detto, gliel'ho dimostrato coi fatti, che certo valgono più di mille inutili o insincere parole.
Era il mio luminoso raggio di sole, la mia oasi rinfrescante, il rifugio dei miei giorni tristi, la mia isola felice, la mia ancora di salvataggio. Era questo e molto di più. Non so come facesse a sopportarmi, con l'assillo dei miei problemi che allora sembravano giganteschi e insormontabili e che a ripensarci oggi mi vien quasi da ridere.
Ma non è questo che fanno gli amici? Danno, danno disinteressatamente e incondizionatamente, senza mai pretendere nulla in cambio, se non di accettarci per quello che siamo e accoglierci nella loro vita con affetto e disponibilità.
Lui era un amico davvero speciale.
La cosa veramente fantastica era che potevamo parlare di tutto o di niente, starcene in silenzio e tuttavia i nostri pensieri potevano toccarsi e percepirsi profondamente, sinceramente.
Non gli nascondevo nulla, anche perché era impossibile: lui aveva questa rara capacità di leggermi dentro, di andare oltre le semplici parole che, per quanto sincere potessero sembrare e sembrarmi, tradivano un che di stonato, di non detto, di nascosto che lo spingeva ad indagare più a fondo e a tirarmi fuori, senza che io me ne rendessi conto, tutto quello che non riuscivo a confessare nemmeno a me stessa.
Svelava e scopriva il mio "non dire" da piccoli gesti o particolari per me invisibili e inconsapevoli, ma per lui cristallini come acqua di sorgente: un certo tono della voce, uno sguardo sfuggente, certi miei tic che si attivavano quando mi sentivo insicura, debole o fragile.
Era il mio specchio riflettente. Come potevo fare a meno della sua presenza nella mia vita? Un bene così prezioso e raro è difficile farselo sfuggire o lasciarlo andar via, a meno che condizioni imprescindibili dalla nostra volontà non si verifichino e mandino all'aria i nostri piani.
Non passava giorno in cui non ci si sentisse. Anche solo con una telefonata o un semplice sms. Sapere che c'era, da qualche parte, nei miei pensieri, nella mia vita, nel mio oggi e nel mio domani, mi faceva stare bene, illuminava le mie notti insonni e prive di stelle, ricacciando quei groppi in gola per le ingiustizie subite dai miei, la rabbia e il dolore per le cose negate e frustrate, la voglia trattenuta di piangere e di urlare il mio essere fragile e piccola.
Per questo c'era lui, a spazzare col suo sorriso aperto e bellissimo tutta la mia tristezza e le mie paturnie. Ricordo quando, ancor prima di salutarmi e coprire la breve distanza che ci separava l'uno dall'altro, vedendomi arrivare capiva già al primo sguardo quale fosse il mio umore.
Sulla mia testa vedeva aleggiare nuvole minacciose e saette incandescenti o scintille colorate e sfavillanti a seconda che mi sentissi di umore nero o felice. In entrambi i casi il tempo trascorso insieme valeva la pena di essere condiviso.
Quando ero particolarmente giù di corda, lui sapeva come farmi passare la tristezza. Con piccoli gesti e parole di miele simili a carezze dell'anima, riaccendeva il finale delle mie giornate tristi e incolori. E leniva le pene del mio cuore ferito e dolorante.
A volte era sufficiente una corsa fino al mare, in macchina, a folle velocità con i finestrini abbassati, a seconda della stagione, sfidando la paura ridendo forte e assaporando attimi di libertà sconfinata.
Litigavamo anche, il più delle volte per futili motivi. Io che non cedevo di un millimetro sulle mie convinzioni, irremovibile dalle mie posizioni, lui che si divertiva a tenermi sulle spine, facendomi credere che le mie fossero solo fisime di ragazzina che si atteggiava a far la donna senza possederne l'esperienza. Solo una volta ci fu un litigio più serio che ci tenne separati per un po' . Furono i giorni più brutti che io ricordi ma anche l'ultima volta che litigammo.
Nei momenti in cui non eravamo insieme le nostre vite, seppur separate, scorrevano parallele, intrecciando altre storie... Andrea frequentava Elena, la mia migliore amica.
Era una storia nata quasi per gioco, per tedio, per riempire il vuoto di certe giornate solitarie e smorte. Questo fu anche uno dei motivi per cui litigai con lui. Piano piano si era trasformato in qualcosa di più importante, anche se non voleva ammetterlo.
A lei la mia amicizia con Andrea non dava fastidio perché sapeva quanto fosse importante per me la sua presenza nella mia vita.
Nella mia esperienza di allora, non credevo all'amicizia tra uomo e donna e lui era il solo ad aver superato la prova.
Questo mi piaceva perché scoprii che l'intesa e l'affinità che si crea tra i due sessi opposti è più stimolante dell'intesa tra donne che, per quanto intima e solidale possa essere, genera riflessioni e sentimenti che sono orientati in un senso solo, analizzati alla luce di un unico, erroneo e incompleto punto di vista: quello femminile.
Il clima di confidenze, lo scambio di idee, il confronto con le realtà e le verità dell'altro sesso mi dava, al contrario, un senso di completezza, su un piano di assoluta parità e soprattutto senza le implicazioni sessuali, ree di causare troppo spesso la rottura di una durevole amicizia.
Quindi, all'epoca non potevo desiderare di meglio che avere aperte entrambe le alternative...
Era un bel periodo per le nostre vite e le giornate scivolavano lente e senza pensieri.
Fu proprio in un momento di spensierata felicità che il cielo crollò all'improvviso. Che il buio scese come una mannaia sul mio collo, scaraventandomi di colpo in un pozzo nero e senza fondo.
Se ne andò una domenica mattina, in una bellissima giornata di maggio, portandosi via il suo sorriso, la sua voglia di vivere, la sua dolcezza e i suoi sogni, infranti per sempre.
Aveva solo 24 anni e il meglio per lui doveva ancora venire.
Un tizio gli tagliò la strada senza neanche fermarsi mentre lui con la sua moto faceva ritorno a casa, prima di prepararsi all'incontro più importante della sua vita. Il giorno in cui avrebbe dichiarato il suo amore a Elena, la mia amica.
Dicono che morì sul colpo. Aveva battuto la testa violentemente sull'unico tratto di muro che rasentava la strada.
Un rivolo di sangue gli colava dalla tempia incollata al suolo...
Non immaginava che quel giorno il suo appuntamento più importante fosse quello con la morte.
Ancora oggi passando lì davanti posso vedere, ai piedi del muretto, un fiore e un'immagine sbiadita dal tempo a perenne memoria della sua giovane vita, spezzata senza senso.
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l'autore Fernando Piazza ha riportato queste note sull'opera
Dedicato all'amico Andrea (testo di mia moglie)
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- Hey, quanti bei commenti! È bello tornare dopo tanto tempo e scoprire che dopotutto qualcosa di noi ha continuato a parlare nonostante l'assenza... è come aver lasciato l'uscio di casa aperto e qualcuno fosse entrato a curiosare, lasciando poi una traccia del proprio passaggio... Mia moglie ringrazia vivamente della vostra cortese attenzione... Grazie a tutti, vecchi e soprattutto nuovi!!!!
- Toccante! Bellissima descrizione di un'amicizia completa, senza confini. Commovente.
- Giacomo aveva ragione nel suggerirmi di leggerlo...è stato espresso in pieno quello che è il sentimento tra due amici del sesso opposto... compreso il dolore per la sua perdita... rivivo ogni particolare... nelle sensazioni riaccese dal racconto... compreso quello della sua morte... che nel mio caso non è fisica... ma solo emozionale... il mio migliore amico ha deciso che l'amicizia per me valesse meno dell'amore per sua moglie... forse è giusto così... e forse per lui non era così importante... mi rimane l'amaro per il non saperlo... non lo saprò mai... lui ormai è fuori dalla mia vita... ma non dal mio cuore... lascio i complimenti per il racconto... e un saluto a tutti...
Anonimo il 05/08/2011 14:05
Torno dalla mia amata isola d'elba e mi ritrovo a leggere questa chicca. Una perla di racconto che mi ha emozionato e commosso. Frande forza nel sentimento dell'amicizia e tua moglie lo esterna tutto, con grazia ma anche con convinzione, con nostalgia e tristezza ma anche con la certezza che una persona come Andrea resta nel cuore.
Rara l'amicizia fra uomo e donna ma, proprio per questo, preziosa. Nel dialogo i due punti di vista hanno la possibilità del confronto.
Ho seguito di recente una conferenza di un filosofo-teologo alla quale sono andato malvolentieri per la mia indole agnostica. In verità ho appreso una cosa che avevo già nel cuore e cioè che l'amicizia è una forma sublima dell'amore proprio perchè non limitata dall'esigenza sessuale. E questo sembra proprio il caso che si ritaglia a pennello. racconto ricco di emozioni, di sentimento, di verità... e scritto molto molto bene. Complimenti Anna( almeno mi pare sia questo il nome). ciaociao
- Molto coinvolgente. Ho pianto. Mi sono immedesimato nella tua situazione di amicizia col tuo amico e vedendo la scena, altro che piegamenti di ginocchia, ti viene a mancare il mondo. Poi il tempo, clemente... nel tempo... allenta la presa e alleggerisce il dolore ma l'immagine che hai visto ti rimane per anni se non per tutta la vita. Ancora una volta restiamo impotenti di fronte al destino che non sappiamo cosa ci riserva domani. Ecco perché bisognerebbe vivere l'oggi come fosse l'ultimo e godere di quanto la vita stessa ci dona. Un amico così, difficile a trovarsi, ci viene a mancare come l'aria che respiriamo, una parte di noi che si stacca e rimaniamo orfani del suo amore, della sua contagiosa allegria e della sua preziosa insostituibile amicizia. Un abbraccio a te ed un caro saluto a Fernando che stimo con affetto fraterno.
- Molto coinvolgente questo tuo racconto... Ci sono ferite che nella vita non si rimarginano affatto eppure le nostre vite continuano ad andare avanti. Tuttavia certe esperienze, così dolorose, ti toccano nel profondo e ti ricordano che la vita non fa sconti a nessuno e che bisogna apprezzare quello che la vita ci riserva, facendo tesoro di tutto ciò che essa ci offre e che ci ha finora elargito. Brava!
- Ringrazio tutti dei bei commenti: il merito va senz'altro al tema trattato che credo susciti le stesse emozioni in chi da tali situazioni è stato toccato. Per quanto le storie, i nomi e le modalità differiscano la perdita di una persona cara è un'esperienza che ci accomuna tutti in un identico dolore. Anna
Anonimo il 28/06/2011 18:35
il tuo modo di scrivere anna mi ricorda molto quello di un ex utente di questo sito (ke mi manka moltissimo!) e che amavo molto leggere. Avete la stessa leggerezza semplicità e profondità... questo tuo brano è estremamente prezioso e coraggioso brava!
Anonimo il 27/06/2011 23:41
Salvatore ti ha commentato due volte e mi toglie le parole che volevo dire. Anche questo racconto mi ha colpito particolarmente per la bravura della scrittrice e per il contenuto. Complimenti a te e a tua moglie!
Anonimo il 27/06/2011 23:22
Racconto vero e profondo per il contenuto reale. Un encomio alla bravura della scrittrice per quanto di profondo è riuscita ad esprimere e per la riflessione che è stata capace di suscitare, almeno in me. Complimenti veri!
- Anche in questo tua moglie si rivela scrittrice di gran classe. L'esperienza, che ha coinvolto anche te, è una di quelle che ti fa crescere, volente o nolente. E crescendo si cambia, mentre Andrea (e gli altri) ci accompagnano, a volte più a volte meno presenti, ma sempre uguali.
- Sono molto belle le cose che hai detto, caro Salvatore e concordo pienamente con te. Le persone "vere" non muoiono davvero e la testimonianza di ciò è che possiamo ricordarci di loro esattamente come li abbiamo lasciati, con i loro gesti caratteristici, le loro parole impresse a fuoco nelle nostre coscienze e così presenti e vivi nella nostra realtà quotidiana che, se pur è andata avanti non ha reciso quel filo invisibile e indistruttibile tra passato e presente, una sorta di dialogo mai interrotto che ci permette di superare, oggi, a distanza di tanto tempo, il dolore dell'assenza. Grazie Salvatore per le tue parole.
Anonimo il 26/06/2011 22:51
Esperienze che lasciano sempre il segno. Al di là della drammaticità dell'incidente, diverse cose mi fanno riflettere. Prima di tutto il fatto che non sempre le nostre scelte dipendono solltanto dalle nostre decisioni. Poi che le persone "vere" muoiono fisicamente, ma rimangono come realtà interiore, probabilmente perché sono riuscite ad esprimere concretamente il significato del loro vivere. Il tuo è un racconto ben scritto, come sempre del resto, ma che richiama in mente riflessioni vere e profonde scaturite da situazioni in cui anch'io mi sono ritrovato.
- La cosa più triste è che fui io a dare ad Elena la brutta notizia e toccò proprio a lei consolarmi. E io che pensavo di dover fare il contrario! Poi, il ricordo di una persona che si è amata rimarrà sempre, anche se la traccia lasciata sarà differente per ciascuno di noi: un amore finisce e ne comincia un altro, ci si rifà una vita, si torna ad amare nuovamente e quel vuoto viene colmato. Il vuoto lasciato da un amico difficilmente può essere riempito e lui era davvero speciale, direi... unico!
Grazie del bel commento. Anna
Anonimo il 26/06/2011 17:19
bellissmo anna il ricordo così forte di un amico riportato alla luce. .. da una scena uguale di un brutto incidente sei tormnata indietrpo nel tempo e quel rivolo di sangue... ti ha riportato ad Andrea... che rimarra sempre nel tuo cuore e suppondogo in quello di Elena... non si muore se si vive nel ricordo di chi ci ha amato un abbraccio complimenti per il tuo scritto... saluti aferdy
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