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82, Washington Road (Episodio 15)
Leon era del tutto incapace di provare dispiacere, né la paura, lo sconforto e la tristezza trovarono posto in lui mentre ascoltava il racconto degli unici sopravvissuti di Rockford. Aveva avuto amici, in città, aveva una casa, un lavoro, ma niente contava quanto Laila e lei era lì, accanto a lui, e di tanto in tanto gli sorrideva di sottecchi perché, sapeva Leon, anche per lei era lo stesso, anche lei non provava dispiacere.
<<Ma tu, voi... insomma, cos'è successo qui?>> chiese Meltzer impaziente, smanioso di spiegazioni.
Le dita di Leon si intrecciarono un po' di più in quelle di Laila, in cerca di forza, perché in fondo doveva confessare che erano stati loro due a liberare l'inferno a Rockford. <<Stamattina>>, cominciò, poi esitò perché non sapeva che giorno fosse. <<Ieri, forse due giorni fa, abbiamo raccolto una chiave, una chiave di questo posto. Cercavamo qualcuno per restituirla ed abbiamo trovato uno strano ascensore che ci ha portati giù, dentro dei laboratori deserti. Abbiamo premuto un bottone, era difficile resistere, ci... chiamava.>>
La sua voce si affievolì, le parole si fecero troppo pesanti. A lui non dispiaceva ciò che era accaduto, perché ne era uscito vivo e con Laila ancora al suo fianco, ma poteva capire che per chi lo ascoltava era difficile mandar giù qualcosa del genere, dover accettare che tutto quel male fosse stato liberato per caso o, peggio, per curiosità.
<<Siete stati voi, allora? Li avete liberati voi?>>
Le mani di Sonny Meltzer si strinsero forte sul fucile, sembrava sul punto di fare fuoco. Inaspettatamente, fu Kurts a distendere gli animi, l'uomo che aveva fissato Leon per tutto il tempo come se ai suoi occhi apparisse come un problema filosofico, quasi che osservandolo potesse comprendere ogni verità sulla vita e la morte.
<<Loro non hanno colpe>>, minimizzò. <<Sono stati attirati con l'inganno, un inganno architettato da cose che non possiamo nemmeno immaginare. Quei demoni sono stati liberati da quelli che mi hanno assunto, da gente che adesso partecipa a qualche ricevimento o, semplicemente, se ne sta sul divano in mutande a mangiare patatine. Quella gente tra poche ore darà un ordine, l'ordine di cancellare Rockford, e poi darà la colpa ai terroristi, dirà che l'epidemia era stata provocata da un'arma batteriologica e faceva parte di un piano più vasto. Loro insabbieranno gli errori, accresceranno il consenso, mentre noi moriremo.>>
Hensenn annuì. <<Ha ragione, è inutile perdere tempo ad accusarci, abbiamo una questione più importante da risolvere.>>
Nel dire questo accennò al muro di cinta del cantiere e a ciò che c'era oltre. L'apparizione dell'edificio in costruzione, di Leon e di Laila era stata prodigiosa, tuttavia sembrava aver intrappolato tutti in una sorta di bolla, una gigantesca boccia per i pesci rossi dalla quale non c'era uscita. Avevano provato ad uscire, attraverso il cancello, scavalcando il muro, ma questi oggetti semplicemente non esistevano, vibravano al loro tocco come acqua che si increspa e per qualche istante svanivano del tutto, poi tornavano com'erano, inafferrabili. Anche la città, al di fuori del cantiere, sembrava esistere solo in parte, dava la sensazione che si sarebbe increspata e sarebbe sparita se solo l'avessero toccata, come tutto il resto.
<<Forse siamo in un punto morto>>, ipotizzò Jake, leggermente a disagio quando tutti volsero lo sguardo su di lui. <<Il tempo non va avanti e non torna indietro.>>
<<Siamo in trappola, questo è chiaro>>, confermò Hensenn. <<Io, però, non voglio restarci.>>
<<Bisogna lasciare che accada>>, sentenziò Kurts. Guardava ancora Leon e Laila, ma il suo sguardo adesso era eloquente, non lasciava spazio a dubbi. <<Rockford è già distrutta, i suoi abitanti sono già morti o trasformati in bestie infernali, noi siamo qui per tutto quello che è successo. Loro due non sono sfuggiti al destino, come credono, lo hanno soltanto messo in pausa.>>
<<Dovrebbero andare laggiù, quindi>>, azzardò Meltzer. <<Devono recitare il resto della scena.>>
<<E morire>>, concluse Laila. <<Volete chiederci di morire, è così?>>
<<Beh, no>>, si difese Meltzer, in imbarazzo. Indicò Ford, non più sotto il tiro della pistola di Kurts, ma ugualmente teso. <<Magari può andarci lui, non mi sembra che il suo amico ci tenga tanto!>>
Kurts scosse la testa. <<Il signor Ford si renderà utile in altro modo, è già deciso... sempre che qualcuno non voglia prendere il suo posto.>>
Il tono minaccioso di Kurts spense la discussione, tuttavia la tensione restò sospesa nell'aria. La soluzione più sensata, semmai potesse trovarsi un senso in tanta assurdità, era chiara a tutti. Leon sospirò, ripensando alla frustrazione che aveva provato prima di riuscire a spezzare la sua ripetitiva prigione, allo sforzo che aveva dovuto compiere, al terrore di aver perso per sempre non solo se stesso ma anche Laila. Perciò gli fu faticoso accettare ciò che andava fatto, nondimeno lo fece.
<<Va bene>>, si arrese. <<Andrò laggiù, nei laboratori, farò quello che va fatto.>>
Fece per incamminarsi ma fu trattenuto dalle dita di Laila che stringevano le sue. <<Andremo>>, precisò lei. <<Andremo insieme.>>
Leon non sapeva se fosse più difficile morire o accettare di morire, sfuggire al destino o arrendersi ad esso. Ci pensò, mentre tornavano all'ascensore nel parcheggio, mentre la cabina si chiudeva e li portava giù, mentre percorrevano gli sterili corridoi verso la camera coi computer e lo strano oggetto dal quale le creature erano fuoriuscite come acqua dalla falla di una diga. Non riuscì a scoprirlo in tempo, ma scoprì che davvero non aveva intenzione di cedere, non intendeva darla vinta alla morte dopo averla già battuta una volta. Doveva esserci un modo.
Posarono le mani sul mouse, come era successo infinite volte, solo che stavolta possedevano una dolorosa consapevolezza. Se non l'avessero fatto avrebbero condannato comunque se stessi ad una sospensione eterna in una bolla, portando anche altre persone con loro. Farlo, però, significava perdersi, di nuovo, per sempre.
<<Ci ritroveremo>>, assicurò Laila baciando Leon. <<Ci ritroveremo ogni volta.>>
<<Non ce ne sarà bisogno>>, disse Leon, colmo di un'improvvisa determinazione.
Fece ciò che doveva, fece ciò che già aveva fatto tante volte per volere del fato, però non restò fermo mentre l'oggetto scuro vomitava demoni. Spinse Leila di lato e si spostò a sua volta, evitò l'orda ululante per un soffio e si rintanò in un angolo sperando che non riuscissero a vedere né lui né Laila. Si tappò le orecchie con le mani per non ascoltare quel suono orribile, provò paura e speranza in parti uguali.
Se doveva accadere come era già accaduto, aveva pensato, loro due avevano il vantaggio di sapere, sapere che i demoni si sarebbero lanciati su di loro e li avrebbero inseguiti lungo i corridoi e fino all'ascensore. "Bisogna lasciare che accada", aveva detto Kurts. Non era un suggerimento, era piuttosto una condanna, ma lui aveva trovato in quelle parole la soluzione che cercava. Era riuscito a cambiare piccole cose, nel mondo sempre identico della sua dannazione, senza che ciò fermasse il tempo. Questa era la stessa cosa, aveva lasciato che i demoni si liberassero, ma aveva tolto se stesso e Laila dalla scena.
Il branco di mostri svanì nei corridoi, probabilmente risalì verso la superficie ed invase Rockford, mentre loro due riemergevano dai loro ripari, tremanti e speranzosi.
La luce esplose di nuovo, in superficie, esattamente come era successo quando erano entrati nel cantiere distrutto, poi si affievolì ed infine svanì del tutto. Le macerie coprivano di nuovo il suolo, l'edificio del Trigate Mall era scomparso. Leon e Laila, però, se ne stavano in piedi in mezzo a quello sfacelo, sereni e sorridenti. Avevano vinto di nuovo.
Seth Kurts osservò la città oltre il cancello ed il muro, di nuovo concreta e terribile. <<Se avete finito di giocare col destino>>, disse rivolgendosi ai sopravvissuti, sorpresi alla vista dei due, <<direi che è giunto il momento di fare a modo mio. Lasciamo questa dannata città.>>
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0 recensioni:
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- Non ho ancora letto "I langolieri", in effetti, ma lo farò presto. Diciamo che il Re non fa mai mancare letture piacevoli, quindi molte cose restano indietro.
Grazie per l'apprezzamento dei dialoghi, mi fa piacere che siano riusciti bene. Quest'episodio, a dirla tutta, non mi ha entusiasmato, un po' lento, forse, magari solo più difficile da scrivere perché accade meno roba, però in fondo fa il suo lavoro: ci porta verso il finalone tanto atteso!!
- Beh, un racconto ad episodi veramente completo, dove non manca proprio nulla del genere... e ripeto, nulla. Una certa frase riguardo un pulsante da premere mi ha ricordato qualcosa, ma non aggiungo altro per non essere ripetitivo
Ottimi i dialoghi, che stavolta occupano la maggior parte dell'episodio... beh, vedo che te la cavi anche con quelli, bravo!!
Ora, o forse più tardi, vado al finale... già il titolo "Gran Finale", promette bene... non vedo l'ora.
Ps. giusto una mia curiosità, hai provato a leggere "I langolieri" di King?
- Un misto di tante serie tv, in effetti, anche di quelle che non ho visto ma mi hanno colpito per le idee!!
Finale in arrivo, ho appena finito di scriverlo... attende pubblicazione.
- Che bei dialoghi, azzeccata ricerca delle parole!
Potrebbe proprio starci come mini serie per la TV, sai? Un misto tra Lost e Jericho!
Beh... ora son pronta per il finale!
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