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Quell'ultimo istante... prima
Ho sempre cercato di immaginare come potrebbe essere l'ultimo istante prima di morire, il primo dopo la dipartita. Quel momento ho provato a paragonarlo a quello in cui Morfeo ti sorprende, facendoti sprofondare nell'oblio.
Quegli improvvisi colpi di sonno che a volte ti colgono impreparata mentre sei alla guida dell'auto, o stai assistendo ad una noiosa discussione:la testa che cade in avanti, gli occhi che si chiudono involontariamente e tu ne rimani in balia, senza riuscire a vincere quella forza misteriosa che ti toglie la lucidità, la comprensione. Il sonno benefico, purificante, nel quale si celano a volte sogni oscuri, incubi che nascondono ricordi, rimorsi, problemi, ansie e che emergono nel momento in cui ti abbandoni, lasciando per un po' l'involucro del corpo per vivere intensamente soltanto attraverso l'anima. Ma la morte non somiglia per niente al cugino benevolo. È infida, senza occhi e cuore, vuota, crudele, spietata! La fine della vita che noi conosciamo potrebbe anche essere l'inizio di una nuova esistenza, magari in una dimensione migliore in cui, anche senza occhi, sarebbe possibile cogliere sfumature, immagini, intensità che la realtà premortale non ci trasmette. Per chi ha fede, dopo la morte dovrebbe subentrare un nuovo arco vitale in cui non esistono malattia, dolore, sofferenza; una promessa che molti non credono possa essere mantenuta. Immagino luci soffuse, non abbaglianti, ma riposanti, è fantastico che, anche senza orecchie, si possano ascoltare suoni e melodie che all'umano non è dato conoscere. Musica celestiale che avvolge lo spirito che, eternamente, fa da sottofondo dolce e rilassante, strumenti angelici che emettono note sconosciute e non, diffondendole intorno ed avvolgendoti in un beato torpore.
Vola con l'immaginazione la mia mente e quasi mi sembra di poter vivere quelle esperienze, quelle sensazioni, quei colori e quelle luci; li vedo quasi con lo sguardo del pensiero.
Suoni e melodie, canti, cinguettii di uccelli paradisiaci: e un dolce calore mi pervade. Mi concentro, poso le mani sulle tempie che avverto fredde, forse è l'emozione, sto vivendo un sogno... Provo ad ascoltare il mio respiro impalpabile; cerco un battito vitale del mio cuore, che pure immagino accelerato, ma non lo sento.
Mi sembra di librarmi con piedi leggeri ed alati, come Mercurio, messaggero degli dei: che pace!, Che serenità! Potessi sempre restare in questa dimensione da me creata! Basta così poco per raggiungerla... mente e anima rivivono in un corpo senza forma e senza peso. Posso sentirmi bella, amata, importante, perché io lo voglio. Sento che se me ne andassi, qualcuno soffrirebbe ma non potrei risentirne : troppo forte è la mia felicità perché l'infelicità altrui possa turbarla.
Il mio viaggio adesso deve finire, devo tornare alla realtà sensoriale, a questo mondo che spesso rifuggo, ma che, nonostante tutto, amo. Ciò che ho avvertito sembrava reale; mai ero riuscita a penetrare così a lungo in questo stato allucinatorio, immedesimandomi in modo palpabile nelle sensazione che andavo creando.
Sarebbe bello... sì, ma non rinuncio alla mia vita: posso sempre tornare nel mio mondo fantastico e uscirne quando voglio. Il sonno eterno potrebbe essere solo buio, tenebre e oblio. Il mio corpo vuoto, non solo contenitore ma esso stesso contenuto, che una volta finito non lascia tracce e tutto tace: la mente, il cuore, la voce; soltanto silenzio e incoscienza e nulla... Occhi senza luce, lingua muta, orecchie sorde, braccia e gambe immobili, pelle gelida. Carne destinata ad essere cibo per i vermi, staccandosi a brandelli da ossa che rimangono unica testimonianza della passata esistenza. Quando mi specchio vedo un viso ancora giovane sotto il quale traspare un teschio orribile, con orbite vuote e un macabro sorriso eterno, così somigliante alla sua creatrice, signora Morte.
Che accade? Da uno stato di benessere sto sprofondando in un delirio angosciante, i miei pensieri si sono trasformati, da un incanto paradisiaco, cado in un baratro infernale. Sto male! Mi sento risucchiare in un vorticoso squilibrio, Torna in te! Forse sto dormendo... Torna in te!
, Dove mi trovo? Un luogo vasto, decorato, pieno: di immagini, statue, colonne, panche... gente, tanta gente... Alcuni volti sono familiari, ma talmente trasfigurati dal dolore che stento a riconoscerli; contriti, addolorati, a tratti disperati, piangono, sospirano, singhiozzano... Come ho fatto ad arrivare qui, e perché mi trovo in questo posto...? Tutte queste persone riunite ed unite da una sofferenza che per alcuni risulta insopportabile per altri più tollerabile... ma che le accomuna, le rende quasi un unico soggetto... Mi avvicino, i piedi quasi sollevati dal suolo; il loro soffrire, però, non è il mio; non mi appartiene, non mi tocca. Io sono estranea a tutto questo; non capisco la mia presenza in questo posto, né come ci sono arrivata, e perché. Ricordo solo che stavo camminando per recarmi a casa; la mia mente come sempre proiettata verso congetture fantastiche; ero per strada... Rammento di aver sentito un urlo, in lontananza, che squarciava l'aria... Una sirena, un capannello di gente, voci, rumori... Un incidente; una persona è sdraiata sull'asfalto, probabilmente investita da un'auto che non le ha dato la precedenza sulle strisce pedonali. Il suo corpo è riverso in terra; in una posizione innaturale; ma non distinguo se si tratta di un uomo o di una donna; né la sua età... troppa gente intorno a togliere l'aria;chi per curiosità, chi per umanità cerca di prestarle soccorso e invece peggiora la situazione. Qualcuno con il cellulare ha chiamato un'ambulanza che, fortunatamente, non tarda ad arrivare: grande invenzione, i telefonini! Non ricordo altro, adesso mi ritrovo all'interno di un edificio. Credo si tratti di una chiesa...
Un altare, fiori; un prete che mormora preghiere: parole insignificanti, qualcosa d'ingombrante e chiaro sta in mezzo, coperta di fiori di colori vivaci; non come le tinte che ho immaginato, ma altrettanto splendidi. Adesso sto elaborando... È una cerimonia funebre... Ma perché mi trovo qui? Sicuramente si tratta di qualcuno che conosco o forse; per caso, sono entrata in Chiesa e, persa nel mio fantasticare, dopo aver assistito a quell'incidente, non mi sono accorta della celebrazione che era in atto. Devo essermi davvero estraniata dal mondo, completamente. La curiosità mi spinge ad avvicinarmi; spero di non disturbare, ma nessuno mi nota; sono tutti immersi nel loro dolore. Mi accosto, la bara di legno chiaro è aperta e scorgo la persona che vi è distesa. È una donna: i capelli corvini, sparsi intorno al viso come un'aureola, incorniciano un volto sereno; le mani incrociate sul petto, il vestito bianco, l'immobilità ... Osservo quei tratti, hanno qualcosa di familiare: non fosse per il pallore, le palpebre abbassate, la rigidezza, mi sembrerebbe di guardare attraverso uno specchio e vedere la mia immagine riflessa. Ed è in quell'ultimo istante che capisco: sto assistendo al funerale di... me stessa!
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