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Peccato non ci sia il sole
Il signor Popper non andava mai al mare. Sarebbe potuto annegare. Specialmente dopo mangiato. Semplice, mi direte voi, basterà evitare le ore pomeridiane e il problema è risolto. E invece no, il signor Popper non può scegliere un orario che non sia in qualche modo legato al mangiare, c'è sempre un pasto fatto da poco, troppo poco per evitare un malore.
Alle sei del mattino c'è la colazione che, si sa, deve essere abbondante e, per questo, consumata con calma; prima una bella spremuta fresca che scenda gorgogliante giù per l'esofago ancora intorpidito dopo un'intera notte passata all'asciutto, spremuta da consumarsi per metà, giusto per ridestare gli enzimi, sciacquare lo stomaco e preparare tutto l'apparato al maggior lavoro delle ore successive, e poco male se l'improvviso sciabordìo è fonte di riflessioni acustiche, è il segnale di via libera, si può incominciare.
Due uova in padella, no, meglio il tegame, le padelle a volte hanno quell'attaccaticcio, quel bruciaticcio, nero, annoso, potrebbe far male, si potrebbe depositare lungo le pareti esofagee, o in un angolino nascosto dello stomaco, o peggio in un ansa più stretta dell'intestino e... non si sa mai!
Sì, meglio il tegame, pulito, chiaro, lucido della forza dei gomiti della signora Popper, decisamente meglio non v'è dubbio, c'era solo da augurarsi non vi sia stato messo troppo detersivo e che sia stato risciacquato ben bene; nel tegame una noce di burro, o margarina, no, forse meglio l'olio d'oliva che non si altera al calor della fiamma, così dicono in TV e sui giornali; poi le uova, cotte piano ché non si colorino troppo, e il tuorlo, crudo, ché non sia indigesto. Ancora qualche sorsata di spremuta, un momentino di pausa e poi si può passare a due fette di pane bianco imburrato, il burro crudo non è dannoso come quello cotto, con giusto un velo di marmellata, d'arance naturalmente. Forse sarebbe preferibile il pane integrale, ma la colite del signor Popper non lo tollera, tanto che non appena ne intravede un pezzetto in lontananza cerca immediatamente di scaricarlo, provocando in lui un moto irrefrenabile che lo costringe ad alzarsi dalla propria postazione preferita, il lato corto del rettangolo da cucina di fronte alla finestra, per dirigerlo a passo di corsa nella stanza attigua, dove la finestra è di dimensioni molto ridotte e non è possibile sedercisi di fronte. Ancora due sorsi di spremuta per far scivolar bene il tutto, pulire l'antro stritolatore dai residui, e prepararsi ad accogliere un nuovo sapore, quello delle frittelle dolci che devono essere calde, ma non caldissime, uscite dalle mani brontolone della signora Popper, che devono impastarle con energia, friggerle con dolcezza, zuccherarle a volontà e, soprattutto, portarne in tavola la quantità necessaria, non di più, ché non si dia il caso di dover ingaggiare un combattimento con la tentazione, cosa alquanto sgradevole alle sette del mattino.
E poi è l'ora del caffé, nero, fumante, per avviare la digestione, sostenere il cuore e accendere la prima sigaretta. Sono le sette e tre quarti, sarebbe bello andare al mare, a respirare iodio, che fa così bene, ma per arrivarci bisognerebbe prendere l'auto, uscire dal garage, seguire la statale per due chilometri, e poi l'autostrada per almeno cinque, attraversare il centro della cittadina di +++, la più vicina che abbia il mare, trovare un posto per parcheggiare e, finalmente, andare al mare. Passerebbe oltre un'ora, e un'altra per tornare, senza tener conto che al mare bisognerà restarci per un pò, o no?
No, non è possibile, non farebbe mai in tempo Popper a rientrare in orario per lo spuntino di metà mattina a base di frutta, esclusivamente di stagione, di portarla con sé non se ne parla, la consuma frullata e sottoporla ad un viaggio significherebbe rischiare di farle perdere per via la maggior parte delle vitamine e anche i sali minerali, poi, non è che resistano bene.
Una volta ci provò, riempì di albicocche, nespole, pesche e fragole un sacchetto ecologico, lo richiuse per bene, lo poggiò con somma delicatezza sul sedile anteriore dell'auto, al suo fianco; lo presentò al bar della spiaggia perchè gliela frullassero, ma quello lo guardò con due occhi di bue, non disse una parola, lo servì e alla sua educata offerta di pagamento rispose - niente - con un'alzata di spalle più disarmante dei suoi occhi di bue.
Non lo capivano, la gente non comprendeva, non capiva niente. Lo spuntino doveva esser consumato alle dieci e tre quarti, in modo da essere pronto per il pranzo regolamentare delle dodici.
Popper aveva per i cibi un autentico sentimento di venerazione, essi erano i mattoni del suo corpo, quelli che gli consentivano d'aprir gli occhi ogni mattina, d'aver l'energia necessaria per spostarsi agevolmente dalla stanza da letto alla cucina, dal salotto alla cucina, dal terrazzo alla cucina e intorno al tavolo della cucina; persino al pensiero erano indispensabili i cibi, ed era davvero un gran pensare al numero e alla successione delle pietanze ogni giorno, trenta giorni al mese, trecentosessantacinque giorni all'anno.
Sua nonna diceva - ricordati, figliolo, chi sempre mangiò mai morì - e lui aveva seguito alla lettera il consiglio della saggia vecchina.
Il pranzo del mezzodì era il clou della giornata, era il punto cardine dell'incessante processo di rifornimento energetico, bisognava perciò che fosse sostanzioso, ben calibrato e variato, un rito solenne cui dedicare non meno di due ore più due di meritato riposo, perchè l'amalgama delle proteine dei carboidrati e dei grassi si trasmutasse in linfa vitale e si spandesse per i meandri più profondi del corpo e lo nutrisse, vivificandolo.
Al risveglio, un po' d'aria in terrazza, un po' d'acqua sul viso, un bisognino e via libera alla merenda di the, latte e biscottini, un giorno al burro, un giorno al cioccolato, non troppi, il tutto deve giungere a compimento in quaranta minuti, tempo massimo. Alle otto c'è la cena, e c'è il telegiornale, che Popper ascolterà distrattamente, impegnato com'è a programmare le vivande del giorno dopo.
Il lungo intervallo notturno sarebbe l'ideale per andare al mare, peccato non ci sia il sole.
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