Era notte. L'una forse, o forse le 2. Il gelo immobilizzava gli arti e portava con se un vento accecante. Era una notte di gennaio, e andava tutto come da copione. Cartoni per terra, giochi in disuso, vecchie bambole di pezza abbandonate.
Più in fondo organico, tante bucce di frutta, banane, mele, pere, qualche lisca di pesce e formaggi ammuffiti.
Poi sarebbe stato il turno della plastica, e là si che c'era da divertirsi, si passava dai bicchieri alle confezioni di caramelle gommose, piatti e posate. Ma la lista non finiva qui, quel ballo di plastica sarebbe durato tutta la nottata.
Ma si interruppe, quella notte. C'era altro da aspettarsi. Niente di così prezioso, intendiamoci, e nemmeno niente di così raro. Ma chissà perché con quel gelo, sembrava la cosa più sorprendente in quel piccolo universo.
Respirando fumava dal freddo e gli ritornò in mente una vecchia canzone della sua giovinezza, la canticchiò tristemente, ma senza troppa nostalgia, mentre cercava di rannicchiarsi su di sé per cercare un po' di tepore. Ma alla fine decise che avrebbe dato un'occhiata al nuovo soggetto che abitava quel mondo.
C'era del sangue, accozzaglie di organi interni non meglio identificati, che facevano l'amore con i tovaglioli di carta. Evidentemente anche la carta si era entusiasmata per l'arrivo di quel nuovo ospite, tanto da abbandonare il vecchio partner Vomito di bebè.
Peli, anche quelli ovunque, proprio una grossa novità. Quelli non si trovano mica in posti così grossolani.
Conducono una non-esistenza agiata, non fanno parte del piccolo universo. Eh sì, preso nella sua interezza non era affatto male come novità :una carogna di gatto.
E così lo scenario si chiudeva illuminato dalla flebile luce della luna.
Una notte come le altre, come da copione.
Chissà come c'è arrivato lì quel micio, come viveva, come moriva giorno dopo giorno, se era stato lasciato sul ciglio di una strada e poi niente più. Già.. niente più.
Ma questo in fin dei conti non importava, non più della fame e del freddo. Non c'era spazio neanche per muoversi. Oppure non c'era la forza. Ma un pensiero avvolgeva quel paesaggio sconcertante. E in mezzo a tutte quelle cose lui, che vive, dimenticato dal tempo, fuori da ogni spazio, avvolto nelle fauci di un inferno atroce in cui Rassegnazione è la padrona.
E sta là, insieme a tutti quegli oggetti abbandonati, utilizzati, mal sfruttati, odorati, adorati e poi gettati.
Insieme al seme della malvagità, della vecchiaia, che poi non è altro che la realtà. In quel grande universo di ricordi usa e getta, la luce della luna non è mai stata così bella.
E così, dentro a un posto che tutti allontanano, dentro a una notte di inverno che tutti soffocano, dentro una lacrima di disperazione, splende la tenue luce imbavagliata dalla pioggia, mentre rifiuti e rigetti di questa civiltà dormono inesorabilmente, lui fa il suo lavoro, come da copione. Una vita dimenticata, un amore negato, un senso mai trovato.
Ma Un passo, poi tre, poi cinque, e tutti gli oggetti si destano insieme, ma no, che dico, pure il micio sventrato, che di certo un oggetto non è! Sette passi, poi dieci, poi venti e tutti a soffocare, a strappare coi denti, affamati, vincenti, perdenti, lucenti.
Lui e loro una cosa sola, il gatto lo graffia, il sangue che sgorga. E intanto bucce, frutti e giochi per bambini, con vecchi coltelli, catene e uncini.
E adesso che ci penso, mi sembra di vedere, una certa somiglianza tra lui e il vecchio micio, le budella sulla strada, gelata e crudele.
E ancora più in là, c'è ancora una luce, non è più la luna, ma il luccichio di oggetti abbandonati, abbandonati per sempre, che quella notte cercarono vendetta.
E lui morì, senza dire una parola, felice di avere, sul punto di morte, tanti oggetti deliziosi e reietti, un po' come lui, in quel mondo di matti.